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Come realizzare una mummia: come avveniva la mummificazione presso gli antichi Egizi?

Ramses II Ramses II
Ramses II
Mummia predinastica conservata al Museo Egizio di Torino

“E lo sa come tiravano fuori il cervello? Prendevano un uncino metallico acuminato e incandescente, lo ficcavano nel naso, lo giravano nel cervello un po’ e poi tiravano giù tutto dalle narici. Si chiama mummificazione, sei morto quando te lo fanno.”

  • Evelyn ne La Mummia (1999)

Una storia di amore e mummificazione. Dopo che il geloso Seth smembrò il corpo del fratello Osiride e ne nascose i pezzi in tutto l’Egitto, la vedova nonché sorella Iside li cercò instancabilmente ritrovandoli tutti, eccetto uno, il pene (mangiato dal pesce ossirinco dopo essere stato gettato da Seth nel Nilo). Il corpo venne ricomposto con una copia del membro e bendato con l’aiuto del dio-sciacallo Anubi: questo fece del dio Osiride la prima mummia egizia. Infine venne resuscitato con un pizzico di magia e un battito d’ali: Osiride riprese a regnare, non tra i vivi, ma nell’aldilà per giudicare le anime dei morti.

Come potevano sperare gli antichi Egizi di avere una nuova vita nell’aldilà se non conservavano adeguatamente il loro corpo? Inizialmente i morti venivano semplicemente seppelliti nella sabbia così da disidratarsi e conservarsi naturalmente grazie al clima caldo e arido. Successivamente il defunto veniva trasportato nella casa della purificazione ove esperti sacerdoti specializzati, sotto l’attento sguardo del dio Anubi, davano inizio alla mummificazione. Il processo (in alcuni casi della durata di ben settanta giorni!) variava a seconda delle disponibilità economiche, dell’importanza e del periodo storico.

Prima di tutto si svuotava il corpo: il cervello veniva estratto dalle narici con un lungo strumento ricurvo e le viscere dal fianco sinistro con una pietra affilata. Queste venivano trattate a parte: dopo averle imbalsamate e bendate, potevano essere o ricollocate nel corpo o riposte nei celeberrimi canopi. Ma cosa sono i canopi? Vasi posti sotto la protezione dei quattro figli di Horo, ognuno presiedeva un organo tra fegato, polmoni, stomaco e intestino; non il cuore, perché lasciato al suo posto. Una volta eviscerato, si riempiva il cadavere con delle erbe aromatiche (mirra, cannella…) e lo si ricopriva col sale (natron) per disidratare i tessuti.

Ultimi passaggi: il bendaggio, prima di ogni membro, poi di tutto il corpo, e il posizionamento tra le bende di amuleti protettivi. A questo punto il defunto poteva essere finalmente sepolto, ma non era ancora finita: mancava il giudizio finale, la pesatura dell’anima. Una bilancia, su un piatto il cuore, sull’altro una piuma: se il vostro cuore pesa più della piuma, a causa di peccati e menzogne, verrete mangiati da Ammit, la Divoratrice, non vivrete in eterno; al contrario, se siete giusti Osiride vi concederà l’accesso all’aldilà.

Bibliografia

  • VV., Museo Egizio, Modena, Franco Cosimo Panini Editore, 2015.
  • Gardiner, La civiltà egizia, Torino, Giulio Einaudi editore s.p.a., 1971⁶.
  • Grimal, L’Antico Egitto, Milano, RCS Quotidiani Spa, 2004.

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