L’estasi, dal greco ex-stasis, “essere fuori”, è uno stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente che viene percepita a volte come estraniata dal corpo: da qui la sua etimologia, a indicare un “uscire fuori di sé”. Su questi termini e sui relativi effetti si basa l’interessante mostra dal titolo, Marina Abramović / Estasi, allestita nella Sala delle Carceri di Castel dell’Ovo, a Napoli, curata da Casa Testori, fino al 17/01/2021.
Dopo tanti anni dalla storica performance Rhytm O alla Galleria Studio Morra, Marina Abramović ritorna nel capoluogo partenopeo in una location suggestiva, con un ciclo di video, dal titolo The Kitchen. Homage to Saint Therese, che si ispirano alla figura di Santa Teresa d’Avila (1515-1582), religiosa e mistica spagnola, annoverata fra i “dottori della Chiesa” nel 1970 dal Papa Paolo VI. E’ un’opera molto significativa nella quale l’artista si relaziona con una delle più importanti figure del cattolicesimo, che documentano altrettante performance tenute nel 2009 nell’ex convento di La Laboral a Gijón, in Spagna. Una location che ha affascinato l’artista, la cucina è il luogo dove da ragazzina si confidava con la nonna Milica. E’ una performance lontana da una connotazione religiosa, a favore di una vocazione prettamente spirituale. Davanti a ciascun video si rimane affascinati dalla forza espressiva della Abramović che, nei gesti, nelle espressioni e nei colori sembra sprigionare tutta la forza mistica di una santa e la fisicità propria dell’umano.
Ad accogliere i visitatori è il primo video, in cui l’artista “danza” con le sue mani intorno ad un teschio umano in ceramica. Fulcro della narrazione è il tema della Vanitas, presente nel discorso del maestro Qoèlet nell’Antico Testamento, che occupa i dodici capitoli del libro omonimo. In questo video il campo visivo è ristretto e il taglio è orizzontale. La meditazione della Abramović arriva al pubblico attraverso il respiro e il lento movimento delle mani che sono a distanza dal teschio, sembrano volerlo accarezzare, tenendo in tensione lo sguardo dell’osservatore. La sua veste scura monacale infonde una ulteriore spiritualità all’ambiente circostante. La vanitas, tema ricorrente in diverse discipline, è caratterizzata da elementi simbolici allusivi alla caducità della vita e, come nel memento mori, è un ammonimento all’effimera condizione dell’esistenza.
Nel secondo video, Carrying the milk, il campo visivo si allarga, rivelando il contesto in cui avviene la performance. La prospettiva è in verticale e comunica un senso di liberazione rispetto all’inquadratura schiacciata della prima installazione. La Abramović tiene tra le mani un pentolino pieno di latte fino all’orlo: è in uno stato di concentrazione e resta immobile per diversi minuti con gli occhi rivolti in basso verso il liquido. L’oscillazione del contenitore e il riversarsi del latte sono il sismografo di uno di quei “terremoti interiori” di cui parla anche Santa Teresa. Unico video col sonoro, si avvertono rumori di lontananza e soprattutto lo sgocciolare del latte nel momento di maggior tensione dell’atto mistico.
Levitation è la performance più celebre ed iconica della serie. In questo video si svela completamente l’ambiente in cui ci troviamo. L’artista è sospesa e si libra nello spazio sopra le cucine (durante la performance la “levitazione” è stata ottenuta con un sistema di sollevamento a carrucola). Era stata proprio la mistica Teresa a raccontare di questi effetti di sollevamento, di cui erano testimone le sue consorelle, che avvenivano durante il lavoro nelle cucine del convento. La levitazione della Abramović diventa la vittoria di una energia spirituale che guida il corpo verso esperienze nuove e contemplative. Con il passare dei minuti la tensione si scioglie, le braccia si abbassano e gli occhi si chiudono per qualche istante, fino al gesto finale di commiato.
L’artista sviluppò il suo interesse per Santa Teresa leggendo i suoi diari, rimanendo colpita dal suo incontro con Dio, che si infiammò al punto da farla lievitare mentre preparava una zuppa. La cucina diventa l’elemento di congiunzione fra le due donne, considerato per la Abramović il centro del suo mondo, che rimanda alla sua infanzia in Jugoslavia.