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Tre manifesti a Torino. Il ‘nostro’ Banksy contro il revenge porn (e il bigottismo)

Tre foto di nudo e un messaggio chiaro: «Anche le maestre fanno sesso». La solidarietà di  Andrea Villa, il Banksy di Torino, all’insegnante vittima di revenge porn

Il giorno dopo il faccia a faccia in tribunale tra l’insegnante licenziata dopo essere stata vittima di revenge porn da parte dell’ex e coloro che l’hanno messa alla gogna (la direttrice dell’asilo e una madre che aveva diffuso le immagini del video hard, entrambe spaventate di quanto questo potesse avere gravissime conseguenze sui loro bambini) Andrea Villa, il Banksy di Torino, colpisce ancora in solidarietà alla giovane.

Ecco così apparire, davanti a un asilo nido, una materna e una scuola elementare di diversi quartieri della città, tre immagini che ritraggono altrettante insegnanti e i loro corpi nudi, con una scritta che è anche il nome della campagna: #Teachersdosex. Il progetto – racconta l’artista, Andrea Villa – vuole mettere in luce il problema del revenge porn e della discriminazione di genere. Ho chiesto a tre maestre di inviarmi dei loro selfie senza veli, come se li volessero inviare al loro fidanzato. Poi li ho stampati ed affissi per strada. I loro corpi sono stati esposti al pubblico, così come nel revenge porn l’ intimità viene violata e lasciata al pubblico ludibrio”.

Una provocazione dietro un messaggio semplice quanto difficile da comprendere, a quanto pare, per chi ha reso la vittima di un reato la colpevole della storia: le donne hanno il diritto di fare sesso, girare un video hard con il proprio compagno e amare il proprio corpo nudo senza che questo influisca in alcun modo sulla loro professione. E tanto meno sull’educazione dei ragazzi, nel caso di un’insegnante (il cui peggiore esempio è arrivato dalla madre 007 che ha deciso di “denunciare” la giovane).

Molto spesso le donne – continua Villa – vengono giudicate per la loro vita sessuale privata. Nel mondo dell’istruzione primaria vige l’ipocrisia che una donna non possa avere una sessualità, e le donne sono de-sessualizzate come individui. Una ragazza che ha partecipato a questo progetto ha detto che aveva timore ad andare a bere la sera per paura che qualcuno la fotografasse ubriaca e potesse così perdere il posto di lavoro. Con questa affissione – conclude – spero di poter sensibilizzare sui pregiudizi sociali che affliggono da tempo la percezione della sfera privata femminile”.

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