In vista della prossima apertura degli spazi culturali, il PAC di Milano annuncia la prima personale in Italia della fotografa Luisa Lambri (Como, 1969) dal titolo AUTORITRATTO. Co-curata da Diego Sileo e Douglas Fogle, la mostra è pensata espressamente per il Padiglione – il quale non si limita nella veste di mero contenitore, ma prende attivamente parte al progetto espositivo – rendendo la mostra site-specific, e per questo irripetibile, con lo stesso assetto, in altre sedi.
Il titolo dell’esposizione ricopre il ruolo di ponte tra le opere di Lambri e il fruitore. Esso vuole omaggiare Carla Lonzi, scrittrice, femminista e critica d’arte, che nel 1969 pubblica “Autoritratto”: un corpus di interviste a quattordici artisti delle avanguardie degli anni ’60. Gli scambi offrono la possibilità di conoscere questi ultimi da un punto di vista meno superficiale e più privato, che riguarda la loro esperienza nell’arte e nella vita.
In maniera analoga, Luisa Lambri si cala in una lettura personale della realtà, costruendo e decostruendo gli spazi e gli oggetti che abitano i suoi scatti. Questo procedimento non solo impegna l’osservatore nell’analisi delle immagini, ma anche nell’analisi dell’ambiente che le ospita – in questo caso il PAC – che diventa co-protagonista.
Di fatto, le vaste aree luminose del PAC, progettato da Ignazio Gardella nel 1951, dialogano con le opere di Lambri, che ne diventano un’estensione. Luci, riflessi, ombre, rami, finestre, oscurità e luminosità, bianco e nero, bianco e grigio si presentano all’occhio dell’osservatore come elementi semplici, ma che racchiudono in sé l’essenza dell’uomo e del suo mondo.
Le ricerche artistiche della fotografa indagano l’essere umano e il rapporto che instaura con l’ambiente circostante, così come i concetti di femminismo, modernismo, architettura, identità, memoria e rappresentazione. In qualche modo, i soggetti di Lambri si astraggono dalla realtà per mostrarne una nuova, che pare provenire da un mondo lontano, quando invece è molto più vicino di quanto non si pensi.
La selezione delle immagini presenta varie serie e comprende alcune fotografie mai esposte prima in Italia, realizzate tra il 1999 e il 2017. Qui, Lambri si rapporta con artisti come Donald Judd, Robert Irwin, Lygia Clark e Lucio Fontana oltre che con architetti come, tra gli altri, Álvaro Siza, Walter Gropius, Marcel Breuer, Mies van der Rohe, Luis Barragán, Rudolph Schindler, Paulo Mendes da Rocha e Giuseppe Terragni.
Datata 2007, la serie Untitled (Sheats-Goldstein House) è esposta nel parterre del Padiglione e coinvolge anche l’architetta italiana Lina Bo Bardi. A questa, nel 1957 viene commissionata la nuova progettazione del Museo di Arte Moderna di San Paolo del Brasile (MASP). Il MASP e il PAC rappresentano due spazi di libertà concettualmente senza confini e per alcuni aspetti architettonici molto simili. Le dieci fotografie della serie poggiano sui cavalletti realizzati da Bardi per il museo brasiliano, riprodotti grazie alla collaborazione con l’Instituto Bardi di San Paolo.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue che, oltre a comprendere le immagini di tutte le opere esposte, possiederà anche varie vedute dell’installazione, con alcuni saggi dei co-curatori, di Silvia Bignami e Paolo Rusconi, professori associati di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università degli Studi di Milano.
L’esposizione si sarebbe dovuta svolgere dal 18 dicembre 2020 al 14 febbraio 2021 ma, data la persistente emergenza sanitaria, è stata posticipata. I musei rimarranno chiusi almeno fino al 15 gennaio 2021, ma il mondo della cultura si augura una vicina riapertura. L’arte sta finalmente rinascendo.
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