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La Società Umanitaria di Milano: un anno nel segno dell’arte contemporanea. L’intervista al presidente Alberto Jannuzzelli

Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani
 Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani
Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani

La Società Umanitaria di Milano ha sempre avuto un rapporto privilegiato con il tessuto artistico milanese, ma non solo. Basterà ricordare l’importante ruolo che ha avuto nel corso del Novecento come fucina e laboratorio per artisti, editori, fotografi, designer, la significativa esperienza dell’Università delle Arti Decorative di Monza, da cui nacquero le prime Esposizioni Biennali di Monza che aprirono la strada alla Triennale di Milano o l’Esposizione d’Arte Libera che l’Umanitaria organizzò insieme a Boccioni nel 1911. Sulla scia di questa tradizione la Società Umanitaria sta pianificando una serie di appuntamenti per innescare un dialogo con l’arte  contemporanea e diventare nuovamente un attore attivo all’interno di questo complesso sistema.

Una chiacchierata con l’attuale presidente Alberto Jannuzzelli per capire prospettive, progetti e i nuovi obiettivi della Società Umanitaria.

Abbiamo saputo che è stato da poco scritto e pubblicato sul vostro sito il manifesto dell’arte della Società Umanitaria. Perché la necessità di un manifesto?

Scrivere un manifesto significa prendere una posizione, esporsi, mettersi in gioco. Credo sia il momento in cui la Società Umanitaria debba intercettare le istanze del proprio passato innestando nuove idee, una visione contemporanea che non sia autoreferenziale, ma inclusiva e dialettica. Il manifesto è quindi il “pretesto” per una nuova operatività, per azioni che devono concretizzarsi nel presente. La Società Umanitaria vuole giocare un ruolo importante nel sistema dell’arte contemporanea. E per noi importante significa partecipativo: vogliamo che i diversi attori che si alterneranno nelle nostre iniziative (artisti, curatori, critici, ecc.) instaurino un rapporto diretto con il pubblico. La Società Umanitaria è un luogo di dibattito, di formazione, un luogo di cultura. Il pubblico, il più ampio e diversificato possibile, deve diventare parte attiva, è il destinatario di tutte le nostre proposte, è il motivo per cui lavoriamo e progettiamo. Purtroppo non è così ovvio, spesso l’arte, ma non solo, tende a parlare agli addetti ai lavori, alla propria nicchia, cedendo ad atteggiamenti autoreferenziali e sicuramente non inclusivi. La nostra storia impedisce l’esclusione e ci proietta verso una dimensione allargata. Ecco, il manifesto vogliamo sia il punto di partenza di questo processo, lontano da logiche di mercato, che riporti al centro la cultura affrancata dall’utilitarismo e da atteggiamenti troppo mondani.

Qual è l’attuale rapporto tra Società Umanitaria, arte e città di Milano?

Direi un rapporto di interscambio, com’è giusto che sia per ogni realtà attiva all’interno di una città dinamica come quella di Milano. La nostra storia racconta di uno scambio prolifero, ma la difficoltà è proprio quella di non farci schiacciare da un passato importante e di non avere atteggiamenti anacronistici. La Società Umanitaria ha sempre risposto alle esigenze del presente, a bisogni concreti e agli interrogativi che la cultura contemporanea ha formulato. Per noi l’arte avrà un ruolo sempre più rilevante, ma vorremmo fosse compresa all’interno di un bacino culturale più ampio. La caratteristica della Società Umanitaria è quella di proporre un programma e una serie di iniziative che abbraccino diversi campi del sapere, diverse discipline: musica, cinema, sociologia, politica, ecc. L’arte oggi, e vorremmo essere un esempio in questo, deve essere il più possibile recettiva, inaugurando collaborazioni inedite e inaspettate. Quindi la Società Umanitaria è un luogo permeabile attraversato dalla città, in cui l’arte è parte di un sistema del sapere, di un sistema di partecipazione.

Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani
Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani
Sappiamo che è iniziata, da poco più di un anno, una campagna di valorizzazione e catalogazione della vostra collezione d’arte. Da quali stimoli nasce questa iniziativa?

Si, avevate già parlato di questa iniziativa che risponde a due esigenze. La prima sicuramente preservare, catalogare e valorizzare un patrimonio che prima non era visibile. In questo modo abbiamo anche la possibilità di evidenziare il lungo lavoro della Fondazione D’Ars le cui opere sono confluite all’interno della collezione della Società Umanitaria. La seconda esigenza è individuare un nuovo punto di partenza, qualcosa da cui riprendere un dialogo con il contemporaneo ultimamente lasciato un po’ in sospeso. La nostra è una collezione che non vanta molte opere, ma è il segnale di una volontà, di un lavoro rinnovato. Anche perché collezionare, intendo un collezionismo colto e attento, significa intrecciare rapporti, fare ricerca, pianificare un percorso a lungo termine. Infatti è nostra intenzione integrare la collezione anche con rapporti diretti con gli stessi artisti.

Il 21 gennaio alle ore 18 sui canali social della Società Umanitaria (Facebook / Youtube)  si inaugurerà un nuovo format: Appunti d’arte, spazi e coabitazioni possibili, una serie di dodici interviste a importanti direttori di musei, critici, curatori e artisti. È questo l’inizio di un dialogo attivo con il contemporaneo?

Esatto, un dialogo che probabilmente non si è mai interrotto ma che vorrei si intensificasse all’interno di una prospettiva organica. Anche la valorizzazione della collezione fa parte di questo percorso che sarà integrato dalle iniziative in cantiere per il 2021. Appunti d’arte, spazi e coabitazioni possibili è il primo segno tangibile di questa rinnovata apertura della Società Umanitaria all’arte contemporanea. Interviste che risponderanno ad una domanda che crediamo urgente: che cosa oggi può e deve abitare l’arte? E sono proprio iniziative come queste che possono inaugurare un dibattito polifonico e quindi preservare quell’atteggiamento inclusivo che ha sempre caratterizzato la Società Umanitaria. Questa prima iniziativa, per ovvi motivi, sarà organizzata interamente online ma speriamo di poterla proporre in presenza già dalla prossima edizione.

Gli obiettivi per i prossimi anni? Oltre a questo appena citato, ci sono progetti in cantiere?

Come ho accennato precedentemente il 2021, emergenza sanitaria permettendo, sarà caratterizzato da alcune iniziative (dibattiti, mostre, pubblicazione di un volume fotografico) che apriranno le porte all’arte contemporanea. Iniziative diverse tra loro ma capaci di costruire una continuità e una rete che possa consolidare il ruolo e il rapporto tra la Società Umanitaria e l’arte. Siamo consapevoli che per fare questo c’è bisogno di un lungo lavoro, ma la nostra storia testimonia un passato di primissimo piano, vantiamo collaborazioni importanti e decisive per la storia del Novecento. Oggi parlare e guardare all’arte contemporanea è molto complesso perché spesso la situazione appare frammentata e priva di quei punti di riferimento che avevano caratterizzato un recente passato. Ma abbiamo la fortuna di operare nella città, probabilmente, più attiva d’Italia, in cui il fermento è ancora evidente. Ci sono ottimi esempi ed istituzioni che stanno lavorando assiduamente, Fondazione Prada, Triennale di Milano, l’accademia di Belle Arti di Brera, NABA, solo per fare alcuni esempi. Il nostro obiettivo è inserirci in questo dibattito per dare il nostro contributo e fare la nostra parte.

Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani
Società Umanitaria di Milano. Fotografia di Gianni Pezzani

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