Greendale è il primo (e unico) concept album di Neil Young realizzato nel 2003 dopo quarant’anni di carriera e recentemente tornato d’attualità con la pubblicazione di un live inedito dell’epoca dal titolo Return to Greendale.
Per meglio comprendere l’opera è necessario inquadrare prima l’autore.
Neil Young ha sempre avuto una passione per le riproduzioni dei treni storici. Nel suo (prima del divorzio) Broken Arrow Ranch in California c’è un’intera stanza con un enorme plastico in una teca di vetro che contiene migliaia di binari, sequoie e muschio. Una passione consolidatasi in quanto condivisa col figlio tetraplegico Ben. Neil per coinvolgerlo trova il modo di fargli azionare i treni a distanza mediante un grande pulsante rosso. L’azienda produttrice di locomotive di cui Young è collezionista di lunga data, la Lionel, rischia il fallimento a causa della concorrenza cinese e Neil cosa fa? Investe denaro di tasca propria e diventa uno dei proprietari per salvarla. La Lionel dovrà comunque delocalizzare la produzione nel Paese del Sol Levante per restare competitiva.
L’ex moglie Pegi ha fondato nel 1986 la Bridge School in California. Si tratta di un istituto che, avvalendosi della tecnologia, insegna a bambini con problemi di parola e linguaggio in alcuni casi dovuti a paralisi cerebrali come il figlio del musicista canadese. Ogni anno si svolge un concerto per raccogliere fondi a favore di questa scuola e Young è riuscito a coinvolgere nell’iniziativa benefica artisti del calibro di Lou Reed, Tom Waits, David Bowie, Bob Dylan, Bruce Springsteen, ecc.
Nel 2015 lancia un suo modello di lettore di musica digitale che si contrappone alla compressione del formato MP3 e contestualmente ritira la propria discografia da Spotify. Il Pono Player mira a offrire un ascolto di altissimo livello: “Detesto ciò che ha perso la musica in termini di qualità del suono; restano poca profondità o emozione e quando la gente la ascolta non riesce più ad avere ciò di cui ha bisogno; così la musica muore”. A fronte di avversari sul mercato del calibro di Apple, di un prezzo non certo accessibile di 400 dollari e di una differenza di qualità non percepita da molti, il progetto naufraga solo un paio d’anni dopo.
Ha posseduto anche la AVL: un’azienda creatrice di prototipi per svariati colossi dell’auto per la realizzazione di auto elettriche, che però non ha dato i frutti sperati a fronte di cospicui investimenti.
A luglio del 2020 cambia il testo della propria canzone Looking for a Leader rileggendola in chiave anti Trumpiana in vista delle elezioni e annuncia di aver citato in giudizio l’allora presidente per un uso non autorizzato durante i comizi del brano Rockin’ in the Free World. Tra l’altro, questo avviene a seguito di un cammino tortuoso intrapreso dall’artista canadese per ottenere la cittadinanza statunitense. Infatti, nonostante Young risieda in USA da oltre cinquant’anni, la sua richiesta di doppia cittadinanza viene in un primo momento bloccata perché il settantacinquenne ha affermato con sincerità nel corso del colloquio di aver fumato spinelli in gioventù. Looking for a Leader e altre delle sue canzoni più spiccatamente “di protesta” così come reinterpretate durante le cosiddette “sessioni del focolaio” nel corso del lockdown, sono state recentemente racchiuse nell’album The Times. Già il disco The Visitor del 2017 (il cui titolo si riferiva, per l’appunto, a non essere un cittadino a tutti gli effetti) si apriva con una canzone dal titolo Already Great chiaramente in antitesi con lo slogan utilizzato da Donald Trump nel corso delle elezioni presidenziali del 2016: “Make America great again”.
Questi aneddoti, lontani nel tempo e apparentemente scollegati tra loro, spiegano che tipo di persona sia Neil Young e quanto sia in grado di buttarsi a capofitto nelle cose in cui crede per entusiasmo e convinzione senza troppi calcoli sui possibili costi o benefici. “La sceneggiatura di Greendale l’ho scritta senza fermarmi mai, per nessun motivo. Con me avevo sempre un blocchetto e ogni volta che mi veniva in mente qualcosa l’appuntavo. All’inizio non ero conscio di scrivere una storia, pensavo fosse solo un mucchio di canzoni con gli stessi personaggi in comune”.
Young nella sua carriera ha sempre alternato album realizzati con la band Crazy Horse quando si muove in territorio rock ad altri con musicisti diversi quando vuole sperimentare altre sonorità. Compagni d’avventura per questo disco sono i primi: “I Crazy Horse per me sono la navicella per viaggiare verso aree cosmiche che sono incapace di attraversare con altri. Alcuni mi chiedono: «Perché suoni con loro? Non sono capaci di suonare». Con loro posso andare ovunque”. A questa navicella, però, manca per l’occasione un membro dell’equipaggio: il chitarrista ritmico Poncho Sampedro che nel successivo tour è invece confinato alle tastiere; non tutti sanno che Young è il proprio chitarrista solista, aspetto raro per un cantautore. Greendale è un’immaginaria cittadina della California (in cui alberga una presenza diabolica) che viene sconvolta da un omicidio (qualcuno ha detto Twin Peaks?). L’album racconta la storia della famiglia Green e, come riportato in precedenza, non nasce concept ma lo diventa; Young infatti scrive una canzone ogni giorno e la registra quello successivo. La storia si delinea quindi man mano è non è già programmata, metodo questo che altri scrittori – ivi compreso Nick Hornby – dichiarano di utilizzare per i propri libri.
Il pittore Earl Green e la moglie e la moglie Edith vivono al Double E ranch appena fuori Greendale assieme alla giovane figlia Sun. Un giorno, all’altezza del cartello che segna la fine di Greendale, il cugino di Sun, Jed Green, viene fermato dalle forze dell’ordine e, in preda a un raptus di follia, spara al poliziotto Carmichael uccidendolo. A seguito dell’omicidio la cittadina di Greendale viene invasa dai media che assediano i Green e i loro vicini e, mentre una giornalista prova ad estorcere un’intervista al nonno, questi viene colpito da un attacco di cuore e perde la vita: “Il nonno è morto da eroe – lottando per la libertà di stare in silenzio – cercando di fermare i media – cercando di restare anonimo” recitano i versi di Grandpa’s Interview. La giovane e bella Sun Green viene in seguito approcciata in un locale da Earth Brown e insieme fuggono in Alaska. Questa è in estrema sintesi la storia che viene narrata e gli spunti di riflessione per l’ascoltatore sono molteplici: un’unica scelta sbagliata (l’omicidio) che può cambiare per sempre il corso della propria vita, di quella dei propri familiari e dei cari della vittima, la curiosità morbosa dei media che in nome dell’audience calpesta senza scrupoli privacy e dignità e infine la metafora ambientalista tanto cara a Young rinvenibile nei nomi di alcuni dei protagonisti (Green, Sun, Earth, Brown) e nella fuga finale in Alaska come metafora di luogo incontaminato.
Neil mette tutto l’entusiasmo di cui è capace anche nella promozione dell’opera raccontando nel booklet del disco la genesi di ogni canzone e riempiendo il proprio sito internet di carte geografiche di Greendale, disegni e perfino l’albero genealogico dei Green; nel tour di supporto vengono proiettate in un maxischermo posto alle spalle della band immagini del film Greendale realizzato dallo stesso Young e, a lato del palco, ci sono attori in carne e ossa che interpretano i personaggi dell’opera cantando in playback. Gli album in cui si racconta una storia hanno un loro fascino intrinseco ma, per confrontarli col resto della discografia “tradizionale” il parametro di valutazione consiste nel pesare la consistenza delle canzoni al di fuori del contesto: ebbene, ad avviso di chi scrive, diversi di questi brani funzionano anche singolarmente e Greendale, pubblicato nel 2003, si può considerare l’opera più riuscita nella prolifica discografia del musicista canadese a partire da Ragged Glory del 1990 fino a Psychedelic Pill del 2012.