Secondo un’antica tradizione, Mantova custodirebbe una importantissima reliquia: terra del Calvario impregnata di “Sangue ed acqua” sgorgati dal costato di Cristo qui portata da Longino, il soldato romano che con la sua lancia trafisse il costato del Salvatore
Quando la reliquia emerse, circa dodici secoli, la patria di Virgilio altro non era che un villaggio come tanti altri della pianura Padana. Ciò nonostante, o proprio per questo, il Papa vi insediò un vescovo, innestando in tal modo una serie di conseguenze, religiose ma anche sociali, economiche e politiche che l’anno portata al rango di città, con relativo territorio da essa dipendente. Per questo, secondo molti, Mantova sarebbe “Figlia della reliquia” conservata nella splendida basilica di Sant’Andrea costruita da Leon Battista Alberti, che ne fece un capolavoro architettonico.
Per parte loro i Signori di Mantova sono andati a gara nel rappresentare nelle loro monete la venerata reliquia. Come il testone anonimo di Guglielmo Gonzaga (1550-1587) incluso, lotto 50, nell’incanto Varesi (www.varesi.it) di venerdì 22 gennaio. D’argento, pesante 8,75 grammi, la moneta che mostra i segni del tempo (la conservazione indicata è infatti buon Bb), è stimata 2.000 euro.
Al diritto mostra San Longino, genuflesso, nell’atto di consegnare la pisside col preziosissimo sangue di Cristo a Sant’Andrea, a ricordo del ritrovamento, nell’804, su indicazione di Sant’Andrea appunto, dell’urna contenente la reliquia. Al rovescio Santa Barbara, alla quale è dedicata la cappella palatina della città.
La Pisside è a sua volta proposta, a 600 euro, sul giulio di Vincenzo Gonzaga, nel 1589 coniato al torchio. In questo caso il rovescio è raffigurato San Francesco che riceve le stimmate. In un certo qual modo alle monete della passione di Cristo si richiama un’altra preziosa moneta mantovana: lo scudo d’oro del Sole di Federico Gonzaga (1519-1540) con lo stemma del duca sormontato dal Monte Olimpo e corona ducale al diritto e Cristo che risorge dal sepolcro al rovescio. Stima: 4.500 euro.
La vendita prevista per il 24 novembre e in seguito rinviata causa Covid – 19 al 22 gennaio, si terrà esclusivamente via internet. Oltre mille, in rappresentanza di numerose Zecche, i lotti in catalogo. Tra questi spiccano due aurei di Milano. Il fiorino di Luchino e Giovanni Visconti (1339-1349) al cui rovescio è rappresentato Sant’Ambrogio con pastorale, benedicente, al quale gli esperti dell’asta hanno assegnato un valore di 15.000 euro, e il ducato di Galeazzo Maria Sforza (1466-1476), ritratto al diritto (3.800 euro). Con 300 euro si può invece concorre all’acquisto dell’ambrosino o grosso da 8 denari, coniato usando 2,95 grammi d’argento durante la prima repubblica (1250-1310), anche questo raffigurante Sant’Ambrogio.
Ben rappresentate, al solito, le monete dei Savoia. Con esemplari di gran pregio, tipo le 100 lire battute a Roma nel 1880 per volontà di Umberto I; le 20 lire del 1902 di Vittorio Emanuele III o le 100 lire del 1937 dello stesso sovrano, ad ognuna delle quali è stata attribuita una valutazione di 25.000 euro. Trentacinque mila, invece, la cifra dalla quale si potranno alzare le palette del lotto 279: L. 5 del 1901.
Non mancano, s’intente, le prove monetate. La prova di stampa della “Quadriga” da 5 lire del 11914, alla quale è stata riservata la copertina, stimata 5.000 euro. Più elevato – 25.000 euro – il valore assegnato ad una prova non adottata, nota in pochi esemplari, per quello che poi è stato lo spicciolo italiano da 20 lire del 1955.