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“Edipo: io contagio” di Livermore, crudo e di effetto

La mostra “Edipo: io contagio” ideata da Davide Livermore prosegue fino al 7 marzo a Palazzo Ducale a Genova

Davide Livermore non finisce mai di stupirci. Nel bene o nel male le sue idee aggressive arrivano dove vuole, ovvero riescono a mettere al muro il pubblico, sconcertandolo come quando si riceve di punto in bianco un pugno allo stomaco e, come in questo caso, appassionandolo.

La mostra “Edipo: io contagio” dal 3 febbraio aperta gratuitamente al pubblico a Palazzo Ducale a Genova, nata dall’idea del regista torinese ed accolta con entusiasmo da Luca Bizzarri, Presidente della Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale Genova, è un percorso fatto di suggestioni visive, parole, sensazioni. Con intelligenza Livermore ha portato il pubblico di oggi, immerso ancora nella situazione pandemia covid, a riflettere su quanto sta succedendo partendo da una delle più famose tragedie greche, l’Edipo Re di Sofocle, in cui il protagonista si interroga sulla terribile pestilenza che ha colpito la città da lui governata, Tebe, e su come provare ad arrestare il contagio.

La tragedia di Sofocle offre indubbiamente uno specchio attinente al periodo storico che stiamo vivendo, e la mostra – performance risponde con forza e determinazione all’urgenza di riaffermare l’importanza della cultura teatrale in tempo di crisi. Livermore in questi mesi ha sempre gridato quanto sia importante ed indispensabile proteggere e tutelare il teatro nel suo essere, per quello che rappresenta e per quello che dà in termini pratici riguardo l’occupazione di artisti e maestranze.

La mostra che Livermore ha curato insieme a Margherita Rubino e Andrea Porcheddu, si articola in sei stanze. I visitatori, accompagnati dalle maschere del Teatro Nazionale di Genova si addentrano nei meandri delle stanze all’interno del Sottoporticato del Ducale avvolti dalle musiche suggestive di Andrea Chenna. Qui si imbattono in quarti di bue appesi e da cui scende sangue raccolto in catini, cavalli uccisi in battaglia sdraiati su tappeti di sangue, jeep esplose. Il tutto fa da scenario alla tragedia raccontata dai vari attori, ciascuno chiuso in un box trasparente, che recita con enfasi brevi estratti dal primo atto dell’opera di Sofocle. Chiara, anzi chiarissima, l’evocazione di una comunità che si interroga sulle responsabilità dell’uomo nel disastro, in un crudele gioco del destino in cui si è ora vittime, ora colpevoli.

La pandemia che opprime la gente di Tebe e della quale Re Edipo si impegna a trovare la causa, il reo, il colpevole, è la pandemia che stiamo vivendo oggi. Un male che ha reso malati gli uomini di oggi non solo nel corpo, ma anche nella mente capace oramai di generare solo paura. Quella paura che ha fatto chiudere ingiustamente i teatri, unica fonte di respiro psichico per la gente. Così, come accade in una delle epoche più tormentate della tormentata storia di Atene antica, l’interrogativo più profondo del coro di ieri come quello di oggi è “perché continuare a fare teatro?”

Una domanda che è una denuncia sociopolitica agli ottusi governi di oggi. La risposta la conosciamo tutti: perchè niente come il teatro è salvifico ed il mondo ha bisogno di questa salvezza.

Ottimo lavoro, ottima operazione da parte del direttore del Teatro Nazionale di Genova in cui si sono apprezzati i giovani attori MATTEO PALAZZO, SONIA CONVERTINI, IRENE VILLA, DAVIDE MANCINI, MIRKO IURLARO e la danzatrice VALERIA PUPPO.

La mostra è visibile su prenotazione dal 3 febbraio 2021 al 7 marzo 2021.

www.teatronazionalegenova.it

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