Contraddistinta dal suo spirito ironico, dissacrante e mai banale, la produzione di BOLO Paper spazia dal gadget alla shopbag, dalla promocard alle zine. Il suo lavoro non ha bisogno di troppe presentazioni: per chi conosce un po’ il mondo dell’editoria indipendente italiana si tratta di un nome noto.
Ho conosciuto BOLO, alias Marco, proprio come autore di fanzine, poi come collaboratore e infine in veste di stampatore professionista. Un grafico a tutto tondo che incarna perfettamente la figura dell’artista postmoderno, che si inventa nuove forme di rappresentazione attingendo dal caos della cultura globale.
I tuoi prodotti, così ben concepiti, giocano molto con il linguaggio. Dal primo momento che ho letto qualcosa di tuo, ho subito pensato a te come a un grafico con l’anima del copywriter. Erotismo, pubblicità, stereotipi, e chi più ne ha più ne metta. È qualcosa che ti viene naturale o dietro ai tuoi lavori c’è sempre una lunga riflessione?
Solitamente non rifletto molto. Ciò che mette in moto tutto è la mia insofferenza verso i molti controsensi della società. Questo senso di ingiustizia e disagio genera in me pensieri prima dormienti, e di cui non sono del tutto consapevole, che poi all’improvviso delineano scenari paradossali e sarcastici: sono questi ultimi che riporto su carta. Paradossalmente quasi tutte le mie idee nascono quando non penso al lavoro, in particolare durante il dormiveglia. Nella mia situazione sarebbe impossibile il contrario, soffrendo io di ansia da prestazione a livello creativo.
Di frequente la tua ironia è decisamente graffiante e a volte tocchi argomenti attuali piuttosto delicati. Intendi far riflettere su determinate tematiche o il tuo scopo principale è quello di divertire sfruttando l’ambiguità?
Io non direi che lo scopo del mio lavoro sia quello di divertire, non il principale almeno. L’idea alla base del mio progetto consiste piuttosto nel palesare stereotipi e contraddizioni che si sviluppano in seno ad argomenti spesso considerati intoccabili (femminismo, infanzia, istituzioni politiche e religiose, e così via). Su queste tematiche circolano molte opinioni, all’origine delle quali vi sono probabilmente buoni intenti, ma trovo che si arrivi immancabilmente a cadere in luoghi comuni o incoerenze. Io voglio intervenire proprio dove nascono questi paradossi, sperando di arrivare sia alle vittime sia ai fautori. Non ho la pretesa di educarli o correggerli, piuttosto spero di colpirli, facendoli sentire ridicoli o fuori luogo.
Una volta che si prende in mano uno stampato BOLO Paper, ci si rende subito conto che, oltre al contenuto, anche la forma è stata molto curata. Quanto sono importanti per te stampa e supporto? Quanto riesci a conciliare la tua voglia di sperimentazione con i vari limiti che si presentano? (Come i costi di produzione o il tempo a disposizione).
Direi che BOLO Paper si basa soprattutto sulla forma: più sull’apparenza che sul contenuto, insomma. È sempre l’immagine – o la tecnica di stampa disponibile in quel momento – a delimitare lo spazio dove far stare il contenuto. Ad esempio, se mi capita di vedere delle immagini che mi colpiscono, per me risulta molto più semplice cominciare da quelle e in seguito sviluppare l’idea, piuttosto che partire da un concetto e creare poi la parte visiva. In questo senso, il mio lavoro presso Tipografia Reali costituisce una grande e continua opportunità di sperimentazione.
Quando stampo per un cliente – utilizzando quindi un determinato colore o un certo tipo di carta – succede sovente che mi venga un’illuminazione. In questo modo riesco qualche volta a evolvere idee avute in precedenza, grazie appunto alle variabili che ho citato (colore e carta). Con questo credo di avere risposto anche alla tua seconda domanda. Un apparente limite può trasformarsi paradossalmente in un’occasione concreta, immediata e inaspettata, dando vita così a un nuovo titolo BOLO. Si tratta di un processo che lascia il giusto spazio alla sperimentazione, all’imprevisto e alla casualità, per me forti alleati della creatività.
Essendo tu grafico e stampatore professionista, se ti proponessero di lavorare all’impaginazione di un elaborato sui cui contenuti sei contrario, accetteresti l’incarico? Dove si ferma il tuo umorismo?
Per quanto riguarda la mia attività come stampatore, l’unico motivo per cui potrei rifiutarmi di realizzare qualcosa, potrebbe essere la matrice politica. Se parliamo invece del progetto BOLO Paper, esso non è “vendibile”. Mi spiego meglio: più volte mi è stato chiesto di fare qualcosa “in stile BOLO” su commissione ma si è quasi sempre rivelato un processo fallimentare. Col tempo ho capito perché. BOLO è nato dieci anni fa proprio come reazione all’obbligo di sottostare a esigenze e gusti altrui. Non lavorare per me stesso (a livello creativo) farebbe cadere questa premessa fondamentale e la mia inventiva ne risentirebbe. Sono convinto che questo apparente limite abbia in realtà aiutato BOLO Paper a svilupparsi e a restare coerente nel corso degli anni.
Esiste un progetto grafico a cui desideri dedicarti ma che non sei ancora riuscito a iniziare o portare a termine?
Ho un file di testo dove raccolgo via via le idee che mi vengono, quelle che non hanno ancora avuto la famosa “illuminazione creativa da dormiveglia” a cui accennavo prima. Questi germogli di idee rimangono in attesa all’interno di quel file, spesso a lungo, a volte anche per anni. Si tratta di progetti che esistono nella mia mente ma che non sono ancora ben definiti. Cerco di non alterare mai questo processo di maturazione, rispettando i tempi imprevedibili che caratterizzano il mio personale iter creativo.
A volte, per fare un esempio, mi capita di comprare libri usati con bellissime immagini, che da subito calamitano la mia attenzione e mi parlano. Già so che quelle figure in qualche modo diverranno parte di un elaborato grafico ma non sempre capisco subito come “risemantizzarle”. Un mio piccolo e imbarazzante trucco per favorire e accelerare l’intuizione creativa, consiste nel lasciare questi libri (per me veri e propri tesori dal valore inestimabile) in bagno, vicino al water. A furia di vederli giorno dopo giorno, per mesi, immancabilmente arriva l’idea: la componente mancante che mi serviva per renderli “BOLO”.
Questo articolo è stato realizzato cura di Simone Macciocchi per Forme Uniche.
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