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In questo “tempo folle”, Venezia è morta. Occupare la città con benevolenza, un manifesto

venezia (culture globalist) venezia (veneto economia)
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I Futuristi volevano asfaltarne i canali e riempirla di macchine, il moderno manifesto invece ci invita ad occuparla con benevolenza, a ballare tra le sue calli, e a godere della sua bellezza. Durante gli ultimi mesi del 2020 un nuovo manifesto ha iniziato a circolare su internet, si chiama “Venezia Morta” e dichiara a gran voce la morte della città, “dopo decenni di spopolamento, ingordigia economica e abbandono”.

Con un approccio provocatorio, i misteriosi autori del manifesto descrivono la città come un “non luogo”, un “insieme di mattoni svuotati di ogni senso”, “alla mercé di usurai, speculatori, affaristi e piccoli borghesi avari”. Stilano un decalogo dal taglio vivacemente futurista: usano, proprio come coloro che Venezia l’avrebbero voluta profondamente diversa, parole aspre e dure. Parlano di “anime svendute”, “erezioni fallite”, “socialità interrotte”, parlano di chi, pur di ottenere profitto immediato ha “decapitato il futuro del proprio figlio” causando rabbia e frustrazione in coloro che sono alla ricerca di un senso per la città, gli “inutili volenterosi” che potrebbero salvarla.

Fanno riferimento alle questioni di natura politica che hanno interessato Venezia negli ultimi anni, come lo spopolamento della città, l’abbandono delle professioni storiche ed artigianali, la perdita della ricerca dell’autenticità, fino ad arrivare alle notizie più calde e dibattute degli ultimi mesi, quali la prolungata chiusura dell’intero circuito dei Musei Civici e la messa in vendita della Casa dei Tre Oci.

Quello che stiamo vivendo però è un “tempo folle”, e Venezia Morta chiama a raccolta coloro che ancora sono vivi, per dare vita a una follia:

Come una flotta di scomposta di pirati, assaliamo Venezia, occupiamone gli spazi, viviamo questo ultimo colpo di coda di decadenza della Repubblica millenaria. Viviamo un’esperienza che solo in questo tempo caotico si può vivere”.

Il manifesto cerca di ispirare i singoli a fare qualcosa, lancia un appello ad agire separati, ma determinati, ognuno in base alle sue capacità, possibilità e aspirazioni, per un’unità di fine.

Il progetto Venezia Morta si compone anche di un blog che raccoglie le testimonianze di coloro– spesso giovani under 30 – che vivono nella Laguna, e si trovano a lottare con i suoi problemi.

La storia di chi cerca di affittare un piccolo locale per iniziare la sua attività e si vede offrire uno spazio di 12mq a 800 euro al mese “perché commercialmente funziona così” – proprietaria dell’immobile – offre un esempio dell’incapacità di Venezia e dei suoi abitanti di operare scelte autoproduttive, di generare valore e socialità, preferendo fare affari con coloro che – spesso stranieri e non interessati ad un progetto a lungo termine – hanno immediata ed ampia disponibilità di denaro.

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Venezia Morta raccoglie tra le testimonianze tutte le azioni concrete che si stanno sollevando in questi mesi, tra queste, spiccano quelle che puntano a rendere la città un enorme spazio espositivo, un museo a cielo aperto.

L’iniziativa ON-OFF presenze-assenze, di Venessia.com invita i proprietari di negozi da affittare o le cui vetrine sono vuote, a mettere iloro spazi a disposizione di creativi – artisti, artigiani– perché questidiventino luoghi di stimolo e di domande.

Gli artisti, chiamati a riappropriarsi dello spazio pubblico e a portare l’arte in strada, rispondono alla sfida allestendo piccole mostre fotografiche nei sotoporteghi. #cantiererusso ha organizzato due esposizioni pubbliche di fotografia: UN PO’ PIU’ AD EST DEL TUO OCCHIO DESTRO, di @nzaikina che si è tenuta a fine dicembre, e LA PANCHINA, con le opere di Slava Soldatov@gazingshoe1984che ha avuto luogo durante i primi giorni del 2021; allo scopo di mostrare pezzi di arte e di vita dai Paesi dell’Est grazie alle testimonianze delle due artiste autoctone.

Sempre da #cantiererusso arriva l’appello ai supermercati: “diventate anche spazio di cultura e non solo di consumo”, tramite l’affissione dell’opera I N T E G R I T Y

Frammenti di pagine tratte dai lavori di Oscar Wilde: in ognuno di loro si possono vedere le parole “artista” o “arte” – di@annnettttenella bacheca del punto vendita Conad a Cannaregio.

Nel Sestriere di Santa Croce, in Rio terà dei pensieri, vicino al carcere, è attivo ogni pomeriggio il bookcrossingPassa e tol su, un’iniziatica di distribuzione gratuita di libri, di Nik – uno studente che, dopo aver frequentato l’università a Venezia, ha deciso di restare nella città.

Nonostante la nascita di queste iniziative la popolazione di Venezia è scontenta e, come in seguito ad ogni morte, in cerca di un colpevole.

Ma “I primi colpevoli della morte di Venezia sono da ricercarsi nei veneziani stessi”, condanna il manifesto al suo primo punto, dicendo apertamente ciò che per molto tempo è stato taciuto.

Venezia è morta.

Occupiamola e balliamo: non per ballare sulle macerie, ma per godere di questa bellezza, ridare uno scopo a questa città e ridare uno scopo a questa nostra vita, fino alla morte. Venezia siamo noi, che svendiamo ogni giorno il nostro talento, la nostra umanità e la nostra anima, lasciandoci andare ad una solitudine confortevole.

Allora diciamo: viviamo! Viviamo Venezia!

Viviamo la morte di Venezia con dignità e senza paura!”

Gli autori ci invitano a vivere la decadenza di Venezia “con dignità e senza paura”, convinti che grazie alla consapevolezza della sua morte sia possibile dare inizio ad una nuova fase della sua storia.

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