Mancano pochi mesi al 7 giugno 2021, data fissata dalla Direttiva europea sul diritto d’autore (Direttiva UE 2019/790 del Parlamento europeo e del consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale) per il suo recepimento da parte degli Stati membri.
Come è noto, la Direttiva ha avuto un iter travagliato, è stata oggetto di accesi dibattiti tra i rappresentanti dei diversi interessi coinvolti e rappresenta un punto di sintesi, anche per quanto riguarda la parte che qui interessa, e cioè la valorizzazione del patrimonio culturale.
Infatti, ai sensi dell’art. 14 della Direttiva gli Stati membri devono fare in modo che il materiale che deriva da un atto di riproduzione di un’opera delle arti visive in pubblico dominio, non sia soggetto al diritto d’autore o ai diritti connessi, a meno che non si tratti di opera originale. La riproduzione fedele di un’opera in pubblico dominio resterà pertanto esclusa dalla tutela del diritto d’autore; le immagini digitalizzate, risultato di attività di riproduzione, di opere in pubblico dominio in forma analogica, saranno anche loro in pubblico dominio.
Semplificando: qualora sia eseguita la riproduzione fotografica/digitalizzazione di un’opera d’arte che è in pubblico dominio (non è più protetta dal diritto d’autore, per lo scadere della durata di protezione o perché rilasciata in pubblico dominio), tale riproduzione sarà a sua volta in pubblico dominio, a meno che non si tratti di opera “originale” e come tale tutelata dal diritto d’autore.
Inoltre, secondo la Direttiva (considerando 53) la circolazione di riproduzioni fedeli di opere in pubblico dominio favorisce l’accesso alla cultura e la sua promozione. Peraltro, la possibilità di far circolare le riproduzioni fedeli non dovrebbe impedire, secondo la Direttiva, agli istituti di tutela del patrimonio culturale, di vendere comunque riproduzioni, come ad esempio le cartoline.
Cosa vuol dire materiale di riproduzione originale? In breve, se la riproduzione è di per sé una creazione intellettuale dell’ingegno del suo autore, dotata di quel carattere di originalità e creatività richiesta per ottenere la protezione del diritto d’autore, ci troveremo di fronte ad riproduzione originale.
Cosa si intende per riproduzione fedele? La riproduzione sarà fedele laddove manchi il carattere di originalità, si tratti dunque di una riproduzione meccanica di un’altra opera delle arti visive. In altre parole una riproduzione dalla quale non traspaia la personalità del suo autore e la riproduzione non sia espressione di un suo momento creativo e di libera interpretazione ma di semplice riproduzione fedele di un’opera.
Perché è importante l’art. 14? Perché se fosse recepito dai legislatori nazionali permetterebbe l’utilizzazione del materiale quali le riproduzioni fedeli di opere di pubblico dominio anche da parte di terzi, e non solo da parte del titolare/custode dell’opera. In altre parole, l’immagine digitalizzata di un’opera in pubblico dominio esposta in un museo, potrebbe essere liberamente utilizzata, per qualsiasi scopo, in quanto non soggetta ai limiti del diritto d’autore né dei diritti connessi. Le norme del diritto d’autore tutelano di solito la posizione di esclusività nella quale si trova il titolare dei diritti, mentre l’art. 14 della Direttiva mira a favorire l’accesso al patrimonio culturale da parte di tutti, promuovendo il riuso delle riproduzioni fedeli di opere delle arti visive in pubblico dominio.
La Direttiva mira ad armonizzare le pratiche dei diversi stati membri, perché le differenze tra le legislazioni nazionali in materia di diritto d’autore che disciplinano le riproduzioni creano incertezza e hanno effetti anche sulla circolazione delle riproduzioni oltre i confini nazionali. Si auspica quindi una armonizzazione a livello di principi e di pratiche.
A che punto siamo ora? In alcuni paesi, come l’Italia, il riuso delle riproduzioni è ancora sottoposto a pesanti vincoli derivanti da diritti esclusivi legati all’opera d’arte, nel senso che il titolare/detentore del bene è titolare di alcuni diritti e facoltà, quale quello di vietare l’utilizzazione di riproduzioni per fini di lucro.
In Italia, malgrado i passi avanti fatti con l’Art. Bonus del 2014 – che ha ammesso la riproduzione per fini culturali di alcuni beni – e la Legge sulla concorrenza n. 124/2017 che ha reso libere le fotografie in archivi e biblioteche, esistono limiti normativi alla liberalizzazione delle riproduzioni dei beni culturali, che derivano sia dal diritto d’autore (a tutela ad esempio delle opere creative) sia dal Codice dei Beni Culturali, che riserva all’istituzione detentrice il diritto di sfruttamento a fini commerciali delle immagini dei beni. Ciò significa che per utilizzare una riproduzione per fini di lucro, è necessario richiedere una autorizzazione preventiva alla istituzione custode/proprietaria dell’opera e provvedere al pagamento di un corrispettivo per i diritti di utilizzazione. Questo principio si applica attualmente anche alle riproduzioni di opere d’arte che sono in pubblico dominio.
La maggior parte degli istituti culturali adottano regolamenti restrittivi in merito, mantenendo quindi il pieno controllo sull’utilizzazione delle riproduzioni di opere esposte, anche di quelle in pubblico dominio.Vi sono poi alcuni casi di istituzioni culturali che hanno inserito nel proprio sito immagini ad alta definizione di alcune opere in pubblico dominio, immagini che sono liberamente scaricabili ma solo per finalità di studio, ricerca, valorizzazione, promozione culturale e comunicazione, destinandole peraltro ad un target di utilizzatori ben definiti, quali associazioni e altri soggetti no profit, redazioni televisive, studiosi e curatori, critici d’arte, case editrici. Per eventuali utilizzi commerciali/con finalità di lucro, è necessario pagare i canoni di concessione secondo le procedure stabilite dal regolamento adottato dalla istituzione.
Ed infine, troviamo limitati esempi di immagini di opere che sono poste online a disposizione del pubblico, liberamente scaricabili e riutilizzabili, in base ad una licenza che permette l’utilizzazione della riproduzione anche per scopi commerciali. Le immagini si riferiscono a opere in pubblico dominio sulle quali quindi sono scaduti i diritti d’autore e per le quali l’istituzione non richiede canoni per l’utilizzazione.Il Progetto del Museo Egizio di Torino “Collezione Papiri” rientra tra quelli. Si tratta pertanto di pratiche di apertura verso il libero riuso, volte all’accesso al patrimonio culturale, come previsto dalla Direttiva.
Cosa succede all’estero? Se cerchiamo immagini di opere in pubblico dominio presenti in istituti stranieri, notiamo che alcuni paesi mostrano un atteggiamento di apertura verso la pratica di libero accesso (tramite a)licenze aperte su opere tutelate, o b)il pubblico dominio per quelle non più tutelate dal diritto d’autore o “donate” al pubblico dominio) che permette agli utenti di scaricare le immagini delle opere e di riutilizzarle liberamente, senza il pagamento di canoni di concessione o autorizzazioni preventive. Qualora siano opere soggette a licenza, di solito si tratta di licenze aperte che permettono qualsiasi tipo di riuso. Il numero di istituti che pubblica in rete immagini ad alta risoluzione permettendo a chiunque di scaricarle e utilizzarle, anche per finalità commerciali, è crescente.
Un esempio europeo di successo è offerto dalle immagini delle opere, in pubblico dominio, che fanno parte delle collezioni del Rijskmuseum di Amsterdam, che dal 2012 ha iniziato a pubblicare in rete immagini di alta qualità, con l’intento di aumentare la conoscenza delle proprie collezioni, di migliorare la qualità delle immagini disponibili, di rafforzare il proprio brand. Il museo ha messo a disposizione, a titolo gratuito, immagini di alcune delle opere. Gli utenti possono scaricarle e riutilizzarle liberamente con i dovuti credits, e nel caso di uso professionale, è necessario compilare una richiesta al fine di ricevere immagini in altissima risoluzione. Per le richieste di immagini di opere non disponibili sul sito a titolo gratuito, è richiesto il pagamento di un canone di concessione e l’indicazione delle finalità del riuso. Tra le motivazioni che hanno spinto il museo ad adottare questa pratica di libero accesso anche il desidero che le immagini di alta qualità sostituissero quelle di bassa qualità che erano comunque già presenti nel mondo digitale e che non avrebbero portato benefici, in termini di visibilità, al museo. La pratica del libero accesso ha avuto effetti molto rilevanti sul museo, ad iniziare dal riposizionamento del brand, alle numerose partnerships offerte al museo, agli accordi di licenza del marchio sottoscritti, all’aumentata conoscenza delle collezioni da parte del pubblico. Quest’ultimo, peraltro, non risultava esser diminuito – pre era Covid ovviamente – a fronte della disponibilità delle riproduzioni on line da riutilizzare, anzi. Così come la vendita di prodotti di merchandising da parte del museo, aumentata in maniera sostanziale.
Altro esempio di pratica di libero accesso è quello adottato dalla Galleria Nazionale della Danimarca (SMK, StatensMuseum for Kunst, Copenaghen) che ha lanciato la collezione online nel 2019 come parte del progetto SMK Open: i 2/3 della collezione sono in pubblico dominio, le scansioni sono riutilizzabili con la indicazione Public Domain. L’istituto considera l’apertura una strategia di business che ha facilitato il passaggio dalla polvere al mondo digitale e rafforzato la vocazione allo scambio con i visitatori e fruitori delle collezioni. In pratica, il libero accesso è un volano per aumentare l’apprendimento, tramite esperienze interattive, e favorire la creatività del pubblico.
Anche i14 musei parigini che sono gestiti dall’ente Paris Musée (tra i quali il Museo Carnavalet, il Petit Palais), rilasciano immagini di opere in pubblico dominio sui rispettivi siti: le riproduzioni possono essere utilizzate per qualsiasi finalità, con l’obbligo di fornire le corrette informazioni sull’opera e i credits del museo detentore. Il Louvre non rientra tra i 14 musei del gruppo.
Se ci spingiamo oltre Oceano, per commentare anche una esperienza extra europea, troviamo il J. Paul Getty Museum (GettyMuseum. California) che ha dato vita al progetto di Open Content per le riproduzioni di opere in pubblico dominio: l’utente può scaricare le immagini che possono essere utilizzate pe qualsiasi fine ma deve rispondere a domande sull’uso che farà delle riproduzioni e la riutilizzazione non deve far pensare all’osservatore che il Getty abbia sostenuto il progetto, né che lo abbia approvato o partecipato allo stesso. Si tratta dunque di una libertà di utilizzazione ma condizionata all’osservanza di alcuni principi, che fanno venire in mente il cd.principio del “decoro” e il rispetto dell’opera in se ed alla sua rilevanza culturale.
Preme sottolineare che, con riguardo agli esempi sopra riportati, l’adozione di politiche di accesso libero non ha impedito ai menzionati musei, di siglare accordi commerciali e di partnerships fruttuose, sfruttando quindi la forte visibilità del brand ed il riposizionamento della istituzione culturale che ha visto aumentato il proprio potere contrattuale.
La Direttiva ha tra i suoi scopi anche quello di modernizzare il quadro normativo europeo, al fine di adattarlo all’era digitale: ciò è particolarmente necessario nel settore del patrimonio culturale. Se implementata secondo le finalità del legislatore europeo sarà una buona occasione per espandere l’accesso a opere in pubblico dominio e favorire anche la loro conservazione.
In alcuni paesi, l’eventuale recepimento del principio del libero riuso potrebbe richiedere un intervento anche su alcune norme del diritto d’autore (e del Codice dei beni Culturali, come in Italia), per permettere il riuso delle riproduzioni fedeli per qualsiasi finalità. In tutto ciò, è auspicabile che il numero di istituzioni che adotta licenze aperte per le immagini di opere in pubblico dominio aumenti, in modo da seguire quelle finalità e indicazioni offerte dalla direttiva. E la cultura sia sempre e comunque a disposizione del pubblico.
Il futuro? In un mondo digitale saturo di immagini online, anche di quelle di opere delle arti visive, come si conciliano politiche di libero riuso ed il potere di controllo esercitato dagli istituti di tutela sulle riproduzioni? L’implementazione della Direttiva è prossima, non sappiamo ancora se e come i legislatori nazionali interverranno sul riuso, anche al fine di conciliare i diversi atteggiamenti di chiusura e apertura. E restano in sospeso alcuni temi, quali ad esempio se le riproduzioni fedeli comprendano anche riproduzioni nelle quali è stato mutato il format, ad esempio da un opera in 2D ad un’opera in 3D.Vi aggiorno in una prossima puntata.
Nel frattempo, Vi segnalo che il riuso delle immagini sarà uno dei temi che verranno affrontati nella conferenza online “100 Domande e Risposte per Musei, Archivi e Biblioteche. Del diritto d’autore, copyright e licenze aperte per la cultura nel web”, del 4 e 11 marzo pv., organizzata dal Gruppo di Ricerca di Icom Italia “Digital Cultural Heritage” del quale faccio parte, come risultato del lavoro di un anno di ricerca sul tema dei contenuti digitali e l’equilibrio tra diritti esclusivi e libertà di riproduzione.
Avv. Cristina Manasse © 2021.
Questo articolo è per scopi informativi e non costituisce un parere legale.