Il cinema di oggi, un libro raccoglie le riflessioni sui cambiamenti che hanno travolto il mondo cinematografico
Come e in cosa è cambiato il cinema in questi anni di rivoluzioni tecnologiche? Sono cambiati i supporti (dalla pellicola al digitale), sono cambiate le modalità di accesso alle sale cinematografiche e le loro collocazioni geografiche, sono cambiati i device (messi in soffita i videoregistratori abbiamo comprato i lettori DVD, e poi abbiamo messo in soffitta pure quelli) e, ovviamente, fulcro centrale che ha rivoluzionato il rapporto tra cinema e spettatori è stato l’arrivo delle piattaforme streaming. La domanda è: il cinema di oggi come viene visto?
Sono tantissimi gli aspetti che sono mutati nella natura dell’oggetto-cinema: le modalità, i luoghi e gli strumenti con cui il pubblico ne fruisce, le strategie con cui i distributori devono agire su un mercato in costante trasformazione. Alberto Castellano, saggista e critico cinematografico, ha tracciato un percorso affrontando dieci aspetti fondalmentali del mondo cinema. Queste dieci riflessioni sono state pubblicate da Castellano sui “Diari di Cineclub – periodico indipendente online di cultura e informazione cinematografica” tra il 2017 e il 2020 e sono ora raccolte nel volume Il cinema di oggi: una riflessione (in uscita a metà marzo per Mimesis Edizioni).
Quella affrontata dal critico non è una riflessione legata semplicemente all’aspetto linguistico (estetico, tematico o teorico), ma si concentra sulla sopravvivenza dell’oggetto-film di fronte ai cambiamenti epocali che ne hanno condizionato e stravolto il consumo. Una metamorfosi profondissima che coinvolge il pubblico, la critica, i media (cartacei, televisivi e online), i produttori, i distributori, gli esercenti, i festival, i dispositivi, le piattaforme, i docenti universitari, i doppiatori.
«Ci troviamo di fronte a un cinema post, un cinema che è oltre i formati e le dimensioni tradizionali – scrive l’autore – un cinema ibrido, espanso, transmediale, che attra- versa media, display e devices, che occupa nuovi spazi, costruisce nuove forme e produce nuove esperienze come l’interazione, il live cinema, le webtv, il documentario crossmediale».
Oggi lo spettatore si pone di fronte al cinema in maniera completamente diversa rispetto al passato, sono cambiate le sue abitudine e la sua emotività. La comparsa delle piattaforme streaming (prima Netflix, poi Prime Video e di seguito molte altre) ha messo in crisi la centralità della sala cinematografica: un nemico, un alleato? Per molti il sistema streaming è un colosso che fa tremare l’industria tradizionale, tanto da venire escluso a priori dal Festival di Cannes, per altri un ingranaggio ormai fondamentale per la filiera, come nel caso della Mostra del Cinema di Venezia che ha accolto e premiato in Concorso titoli targati Netflix, come Roma di Alfonso Cuarón.
Ma questa fruzione sempre più casalinga cosa cambia nell’esperienza degli spettatori? Vene a mancare la ritualità, la sospensione e la visione collettiva, intesa come come momento di emozione condivisa. Con i cataloghi delle piattaforme streaming l’offerta aumenta esponenzialmente, e con device sempre più interconnessi si può vedere un film in qualsiasi momento e in qualsiasi posto. Per questo, il pubblico sambra essere sempre più distratto.
Castellano traccia in questi suoi scritti un’indagine lucida e aggiornata sui meccanismi che hanno tramutato i protagonisti dell’evento cinema; il suo è un occhio attento sui fenomeno della contemporeneità, utile al lettore per comprendere come non esista sempre e solo un prima e un dopo, ma piuttosto un continuo divenire. «Resta il fatto che avendo avuto l’opportunità di esprimere le mie riflessioni su un mondo che ho attraversato in lungo e in largo da critico, giornalista ma soprattutto da spettatore “privilegiato” su un periodico indipendente online come “Diari di Cineclub” – scrive Castellano – non ho perso l’occasione di approfondire i vari aspetti del cinema di oggi senza l’atteggiamento di chi ha la “ricetta” per risolvere i problemi da varie angolazioni ma con un approccio fenomenologico, una lucidità analitica e l’umiltà di chi vuole aprire un dibattito e stimolare un atteggiamento problematico che potrebbe aiutare a ritrovare quell’equilibrio perduto tra tutte le componenti del cinema».