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Reale, digitale e phygital per rendere l’arte più inclusiva. Ecco Particle: intervista a Bruno Bolfo

MASBEDO, Fragile, 2016. Medium single channel video HD 7‘ 46”. Courtesy MASBEDO & Galleria Sabauda
MASBEDO, Fragile, 2016. Medium single channel video HD 7‘ 46”. Courtesy MASBEDO & Galleria Sabauda

Luci e ombre continuano a caratterizzare l’avvento dell’era digitale, prima vissuta come prerogativa di pochi e vezzo di alcuni, ora propria di tutte le generazioni. Il rinnovarsi, in un processo di adattamento per sopravvivere alla chiusura sociale dell’ultimo anno, se da una parte ha portato ad un romantico “ritorno alle origini” che dalla metropoli ha spostato l’attenzione sui piccoli centri di provincia, dall’altra ha registrato un proliferare vertiginoso di esperienze immersive in virtual reality che sostituiscono, o hanno la presunzione di farlo, l’esperienza diretta. Tuttavia nel parterre di proposte si distingue l’attività di Particle, realtà di intermediazione e produzione culturale, che ha saputo andare oltre il cliché della digitalizzazione fine a se stessa trovando nel reale una rinnovata possibilità di dialogo grazie a esperienze d’arte fluide. Nata per iniziativa di Bruno Bolfo, giovane imprenditore e collezionista classe 1983, inaugura la sua attività a marzo 2021 con la mostra Fragility/Fragilità tra l’Italia e la Malesia, riconoscendo nella tecnologia digitale applicata alla cultura lo strumento essenziale per la costruzione di nuovi mondi dove facilitare l’incontro tra diverse comunità. Abbiamo incontrato e intervistato Bolfo.

Da cosa nasce Particle, e come si è arrivati alla necessità del phygital? Il progetto nasce in stretta relazione al momento storico che stiamo vivendo o pone le basi in tempi non sospetti?

Particle nasce con l’obiettivo di rendere l’incontro con l’arte e la cultura più inclusivo. Tramite lo sviluppo di esperienze immersive e di sistemi fluidi di fruizione dell’opera d’arte – tra reale, digitale e phygital – Particle vuole che per una volta l’osservatore si senta accolto e non respinto. Il tutto partendo da un minimo comune denominatore che è l’emozione che l’arte evoca. Puntiamo dunque a una fruizione più coinvolgente, mantenendo inalterata la concezione dell’opera (sia essa fisica o digitale), ma andando a implementarne la visione, usando le giuste tecnologie. É una formula in grado di soddisfare diversi livelli di pubblico, dai più preparati ai neofiti, dove l’invito vale come percorso di avvicinamento inclusivo, basato sulla capacità dell’arte di far leva sulle emozioni e sull’alto grado di coinvolgimento attivo ed empatico del visitatore.

Wong Chee Meng,13 Safe and Sound / As seen through red lenses and blue lenses / 2020 from the series Good Days Will Come

In poche parole con Particle le esperienze digitali e fisiche diventano continue e fluide, aprendo una nuova realtà dove il reale e il virtuale si completano a vicenda. Chiamiamo questa dimensione phygital, un nuovo spazio che è in grado di coinvolgere le persone più profondamente, ma è un concetto che non abbiamo coniato noi, si tratta piuttosto di una tendenza che sta prendendo sempre più piede e in moltissimi ambiti per accorciare le distanza fisiche e concettuali. Ho iniziato a ragionare su quest’idea poco più di un anno fa, prima del Covid. La sfortunata pandemia che ha colpito tutti noi ha permesso al mondo dell’arte, e non solo, di approcciarsi in una maniera diversa al digitale e di realizzare quanto fosse necessario un cambiamento, un’evoluzione, e questo ha sicuramente aiutato nello sviluppo di Particle.

Perché partire dalla fragilità?

Per il primo progetto abbiamo voluto partire da un concetto attuale, che fosse noto a tutti: la fragilità. Chi più o chi meno ha dovuto fare i conti con le proprie fragilità nei mesi trascorsi o continua a farlo perché il futuro è incerto. Abbiamo quindi selezionato opere a nostro avviso molto interessanti, in grado di far emergere un messaggio positivo attraverso la loro grande carica sensibile: la fragilità è essenziale perché costruttiva.

Francesco Simeti,Title Unrelenting , 2020. Mediu m video animation, edition of 5 5’. Courtesy the artist and Magazzino Italian Art, Cold Spring, NY
Come sono stati selezionati gli artisti (ndr. quattro italiani: Riccardo Genassi, Masbedo, Maria D. Rapicavoli, Francesco Simeti; quattro malesi: Anida You Ali, Anurendra Jegadeva, Wong Chee Meng, Rajinder Singh) e in che modo sono messi in relazione tra loro attraverso le quattro categorie che raccontano la catarsi della fragilità (la fragilità che costruisce solidità, che coltiva nuove strade, che è flusso e marea della creatività e che infine porta consapevolezza nella quotidianità)?

In Particle vogliamo avvicinare le comunità, per questo motivo abbiamo creato un dialogo all’interno delle singole comunità coinvolte attivamente. Per quel che riguarda la sfera artistica, abbiamo coinvolto due curatori italiani molto affermati, Alberto Salvadori e Luigi Fassi, e invitato una curatrice malese, Lim Wei-Ling, molto riconosciuta nel suo paese, e che si è sempre focalizzata nel promuovere l’arte malese a livello internazionale, tanto da aver partecipato come curatore al padiglione Malese alla 58esima Biennale di Venezia. I curatori hanno poi selezionato 4 artisti italiani e 4 artisti con radici malesi, mettendo quindi in relazione la cultura e l’arte italiana con quella malese. L’obiettivo è quello di replicare Fragilità in altri paesi, creando quindi nuovi legami e momenti di dialogo e confronto artistico, economico e accademico-sociale tra l’Italia e il paese ospitante.

Abbiamo iniziato dalla Malesia in quanto l’ambasciata italiana si è dimostrata molto attenta a questa tematica, e sopratutto lungimirante nel voler supportare un nuovo concetto di esperienza che permettesse di promuovere l’arte creando un profondo dialogo e coinvolgimento tra le diverse audience e i due paesi, l’Italia e la Malesia.

Francesco Simeti,Title Unrelenting , 2020. Mediu m video animation, edition of 5 5’. Courtesy the artist and Magazzino Italian Art, Cold Spring, NY
Come sono stati ideati e progettati i contenuti di intrattenimento, relazione e condivisione che portano il visitatore ad essere protagonista dell’esperienza?

Il team di Particle, che include diverse figure – tra le quali uno psicologo, esperti di progetti esperenziali e di innovazione, UX/UI e sviluppo digitale – ha lavorato direttamente alle interazioni, analizzando attentamente quali fossero le peculiarità di ogni comunità coinvolta e definendo le attività più adatte. Il rischio era infatti quello di non riuscire a coinvolgere gli stakeholder correttamente, non facendoli riconoscere nell’esperienza e dunque non sentirsi parte attiva. Un esempio è quello relativo all’utilizzo della tecnologia: se avessimo osato maggiormente avremmo rischiato di rendere l’esperienza un videogame, sicuramente apprezzato dalla comunità degli studenti, ma la sfera artistica non si sarebbe riconosciuta. Fondamentale è stato il confronto a livello artistico con curatori e artisti. Detto ciò, per noi la ricerca e l’applicazione tecnologica sono fondamentali e puntiamo a fare esperienze sempre più immersive e coinvolgenti, anche con il ricorso all’arte digitale, nata e pensata per il web.

Seguire la mostra richiede tempo e la riflessione non è a discrezione del singolo ma si è direttamente invitati a farlo condividendo sensazioni, pensieri, emozioni. In che maniera si è voluto ripensare allo stesso modo di usufruire dell’opera d’arte?

L’arte ha un forte potere nel generare emozioni nelle persone, ma perchè ciò avvenga è necessario dedicare il tempo opportuno ed essere aperti a creare un dialogo con l’opera. Personalmente non reputo che l’arte vada approcciata con un “libretto delle istruzioni”, bensì l’emozione che evoca in ognuno di noi deve essere il driver che alimenta la curiosità e la voglia di aprirsi, mettersi in discussione e crescere. Credo sia necessario ripensare al modo in cui l’arte viene fruita, soprattutto oggi dove il tempo è una risorsa sempre più scarsa e si è “bombardati” da ogni tipo di informazione. Risulta quindi fondamentale utilizzare in maniera positiva nuovi strumenti come le esperienze immersive che creiamo, essendo in grado di unire il digital e physical in phygital, potendo attrarre le persone e coinvolgere un pubblico sempre più ampio, mostrando anche come l’arte non sia per pochi, bensì sia trasversale in ogni settore e ambito, come una particella fondamentale della nostra crescita capace di creare un vero dialogo sociale su più livelli.

Rajinder Singh Woundbloom , Performance Art ‘Variations’ HD Video / Color / 6:22 min / 2017 Concept by Rajinder Singh, In collaboration with Dublin based German dancer and choreographer Alina. Maria. O

Il progetto è a cura di Alberto Salvadori, Direttore di Fondazione ICA Milano, Luigi Fassi, Direttore del MAN di Nuoro, e Lim Wei Ling, Direttrice dell’eponima galleria in Kuala Lumpur e organizzato con il sostegno dell’Ambasciata d’Italia in Kuala Lumpur – Malesia, Venini e Culturit.

Website: www.particle.art
IG: @particle___

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