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The Institute Of Things To Come: una riflessione sul presente che passa per il corpo e le sue forme

the institute of things to come El Palomar - Courtesy of The Institute Of Things To Come
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El Palomar – Courtesy of The Institute Of Things To Come
Giunto alla sua terza edizione a cura di Valerio Del Baglivo, The Institute Of Things To Come si concentra su una poliedrica riflessione che ha come oggetto il corpo e le sue forme, viste e indagate in un presente che troppo spesso (ancora) stigmatizza tutto ciò che non rientra nell’eteronormatività e, in generale, nelle più recenti ideologie populiste.

Un progetto che si configura – al contempo – come laboratorio di ricerca e come manifesto di libertà d’espressione e di autonomia dei corpi, entro il quale gli artisti invitati utilizzano realtà e finzione per raccontare, attraverso la sperimentazione di un Io multiforme, se stessi e gli altri. Un processo di decostruzione del binomio “noi-loro” imposto dalle più recenti ideologie populiste, che ha come obiettivo quello di immaginare forme del corpo che sfuggono a qualsiasi meccanismo di oggettivazione: all’interno di The Institute Of Things To Come esperienze personali e corpi diventano elementi di autonarrazione e mezzo per indagare le paure connesse alle «mega-strutture di potere e gerarchia» del nostro tempo, come omofobia, sessismo, e mercificazione del corpo.

Numerosi gli spunti legati all’attuale situazione socio-politica, alla storia, alla condizione degli esseri umani nel contesto contemporaneo: il nuovo programma del progetto a cura di Valerio Del Baglivo – annunciato nel 2020 ma rinviato ad inizio 2021 a causa della pandemia globale – esplora i concetti di “normalità” e “alterità” con l’intento di rivederne i significati ed immaginarne di nuovi, focalizzando l’attenzione tanto sulle metamorfosi del corpo quanto sulle questioni politiche ad esso connesse. The Institute Of Things To Come si trasforma – come si legge sul sito ufficiale – in un laboratorio «di anatomia sperimentale in cui si verificano modalità di rigenerazione corporea, trasformazione metabolica, personificazione e prosopopea fisico/mentale».

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Mohamed Abdelkarim – Courtesy of The Institute Of Things To Come

In un mondo che negli ultimi anni si è ritrovato sempre più spesso a fare i conti con nuovi populismi – costruttori di “alterità” e tendenti alla propaganda di una società votata all’esclusione anziché all’inclusione – il programma di TIOTTC 2021, dal titolo The convention of restorative anatomy and prosopopeia, riflette sul presente e si concentra su due processi che, in particolar modo, sono in grado di esplicare queste dinamiche di controllo e divisione: da un lato, la stigmatizzazione dei comportamenti non in linea con l’eteronormatività, dall’altra il fenomeno di oggettivazione dei corpi legato alla crisi migratoria.

Nell’ambito di TIOTTC 2021 frammenti di narrazione rimbalzano e raggiungono virtualmente il pubblico passando per il Cairo, facendo tappa a Vilnius e Barcellona, spingendosi ben oltre i confini europei prima di ritornare al “capolinea” torinese da cui tutto è partito. Ad inaugurare Disobedient Biographism – l’Associated Programme di quest’anno, dedicato alla memoria e alla rievocazione di personaggi storici emarginati – Mohamed Abdelkarim ha presentato il suo nuovo libro, Let the Sea Eat Me: To Perform a Ferry, una riflessione sul rapporto tra uomo e acqua nella quale l’artista prende ad esempio numerose relazioni e si concentra, in particolar modo, sulle ondate migratorie del Mediterraneo.

Le sue azioni, che uniscono comunicazione testuale e performance, sono state trasmesse in live streaming dalla capitale d’Egitto e hanno coinvolto altri artisti, dando vita ad un racconto corale lungo un mese. Nelle prossime settimane saranno condivisi sui canali social del progetto anche i lavori di Goda Palekaité (artista che combina pratiche visive, letterarie, performative e antropologiche) e del duo El Palomar (che con Schreber is a Woman indaga le questioni di genere), in un continuo e polimorfo racconto che unisce storie e realtà caleidoscopiche.

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Goda Palekaité – Courtesy of The Institute Of Things To Come

Come ogni anno, i progetti espositivi inclusi nel programma di The Institute Of Things To Come saranno ospitati dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. A partire dal 20 maggio e fino al 7 luglio 2021 le video-installazioni di Melanie Bonajo e Pauline Curnier Jardin dialogheranno tra loro, esplorando gli stati di metamorfosi e trasformazione del corpo. L’elemento che accomuna le due opere è la natura: Night Soil – Fake Paradise (2015) di Melanie Bonajo si configura come un’indagine visiva e sonora che prende come esempio gli effetti psichedelici dell’ayahuasca (pianta originaria dell’Amazzonia) per affrontare una complessa narrazione su rituali e connessioni religiose; una riflessione che prende in considerazione universi spirituali alternativi  – e, più in generale, i casi connessi ai poteri curativi delle piante – entro la quale trova ampio spazio il ruolo della donna.

La lunga performance di Pauline Curnier Jardin, fatta di tableaux vivants e apparizioni inaspettate provenienti dal mondo naturale e animale, rende omaggio ai lati oscuri del Rinascimento e ad alcuni suoi particolari personaggi – come, ad esempio, il pittore Giuseppe Arcimboldo – riconsiderando il periodo storico in maniera sovversiva e alternativa.

Maggiori informazioni su: www.theinstituteofthingstocome.com

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