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Faccia a faccia con la propria immensità: l’arte del confinamento 

Abraham Poincheval durante la performance "Dans la peau de l'ours" a Parigi nel 2014

Nella maggior parte delle persone, il confinamento provoca angoscia e insofferenza. Abraham Poincheval, invece, ha iniziato ad auto-isolarsi volontariamente ben prima dell’avvento della pandemia, e ne ha fatto il fulcro della propria arte. Il video di Arte in italiano.

Da alcuni anni, Abraham Poincheval esplora e domina una delle più grande fobie dell’umanità: la claustrofobia.

Claustrofilo professionista, l’artista è nato ad Alençon nel 1972 e vive a Marsiglia, mentre insegna performance presso l’école supérieure d’art d’Aix-en-Provence. Dopo avere formato per anni un duo insieme a Laurent Tixador, si è dedicato alla performance in solitaria a partire da Gyrovague, le voyage invisible (2011-2012): l’artista ha spinto un cilindro metallico di 70kg, che fungeva da valigia e da rifugio, sulle montagne da Digne-les-Bains a Caraglio. Con 604800s (2012) ha dato invece il via a una serie di auto-isolamenti, trascorrendo una settimana in un buco di 60cm di diametro. A suo dire, distaccarsi completamente dal mondo esterno gli permette di trovarsi faccia a faccia con la propria immensità, di esplorarsi e attraversarsi.

La sua ultima performance, in preparazione, unisce la claustrofobia a un’altra grande repulsione umana: quella rivolta agli alveari e alle api.

Abraham Poincheval durante la performance “Dans la peau de l’ours” a Parigi nel 2014

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