“La fotografia ci dà spunti, riflessioni per approfondire e cercare di essere cittadini migliori di questo mondo”. Parola di Alberto Prina, direttore del Festival della Fotografia Etica. In scena a Lodi nel mese di ottobre, la kermesse dedicata al fotogiornalismo si prepara alla sua XII° edizione con importanti novità, e un focus dedicato alla generazioni future.
Il Festival della Fotografia Etica ha ormai raggiunto una bella dimensione europea. Ci racconta la sua evoluzione negli anni, i grandi traguardi raggiunti e le ambizioni future?
Il FFE ha sempre avuto la caratteristica di incrementare ogni anno il numero dei visitatori, delle mostre, di cambiare le sedi espositive, e di adattarsi sempre di più a una città in evoluzione e in movimento. Nasce nel 2010 all’interno della cultura di un’associazione di volontariato, il Gruppo Fotografico Progetto Immagine, è da allora si è sempre confrontato con l’associazionismo e con una cultura partecipata e condivisa. 12 edizioni sono tante e c’è una storia, siamo orgogliosi e fieri del traguardo più importante che è quello della qualità dei fotografi invitati, e che le loro tematiche attraverso la fotografia siano arrivate a così tante persone.
Aver nell’undicesima edizione raggiunto 20 mila presenze, uniche e reali, è stato un traguardo importante siamo assolutamente consapevoli di avere una maturità, una dimensione di partecipazione e di consapevolezza sicuramente europea. Per noi l’obiettivo principale è di diffondere la fotografia sempre in modo più capillare e condiviso; testimonianza di questo è il progetto educational, uno sforzo verso le scuole in cui si cerca di creare una cultura fin dall’inizio condivisa e che possa essere strumento per approfondire la conoscenza del mondo attraverso il fotogiornalismo.
Gli obiettivi futuri sono tanti, ma sicuramente quello che prevale è portare sempre di più conoscenza attraverso il Travelling Festival: il progetto di condividere con altre città e luoghi l’esperienza, le mostre e la conoscenza che prendono vita a ottobre di ogni anno a lodi.
Quali sono le novità di quest’anno?
Sicuramente importanti novità sono all’interno del WRA documenting humanities, il concorso associato al FFE che ha raggiunto la sua 11° edizione. È un traguardo aver introdotto il concetto di community, crediamo che il concorso non sia soltanto qualcuno che vince ma un momento di incontro, conoscenza e condivisione di una community di fotografi internazionali. Per rendere concreto questo obiettivo abbiamo introdotto il programma Master meet the Spot Light photographers. In questo modo daremo la possibilità a ben 15 fotografi della categoria spot light di partecipare e incontrare in modo diretto ed esclusivo i tre vincitori della sezione master. Questo incontro pensiamo possa essere di aiuto, stimolo e motivazione per i nuovi talenti del domani. Questo per noi è l’inizio di un nuovo modello di concorso fotografico, che potremmo riassumere con “meno competizione più community”.
Il festival, diffuso per la città, dialoga attivamente con i suoi spazi. Qual è il rapporto tra Fotografia Etica e la città di Lodi?
È un rapporto simbiotico. Un festival per essere definito tale deve adattarsi, conoscere, dialogare e mutare con la città che lo ospita. Quest’anno, a causa della pandemia, abbiamo avuto una nuova esperienza di dialogo tra le mostre attraverso le esposizioni all’aperto. Abbiamo portato le mostre gratuitamente e accessibili a tutti in ogni momento nei giardini pubblici, nelle piazze e nei chiostri di Lodi. Un’ opportunità importante e profonda, che lega il Festival e la città che lo ospita. Il tutto è favorito dalle dimensioni e dalla provincialità della città, piccola, a portata “di piedi”, nel senso che si può facilmente raggiungere ogni spazio espositivo passando per il centro Lodi in pochi minuti.
Avete lanciato la call del World Report Award, pilastro della kermesse. Quali sono le caratteristiche di questo premio?
Da undici anni il World Report Award fa parte del programma del Festival della Fotografia Etica, ed è inserito in uno spazio molto particolare, quale palazzo Barni, un palazzo storico che viene aperto proprio in funzione del festival. Questa integrazione è stata possibile attraverso le varie sezioni dell’award. Abbiamo il master price e lo spot light, quest’ultimo che prevede la messa in luce i giovani fotografi talentosi, la sezione short che prevede il vincolo di soli dieci immagini. Infine abbiamo voluto dare una particolare attenzione a tutto il mondo della fotografia attraverso un unico scatto, il single shot.
Attraverso un momento corale, il dialogo delle immagini, andiamo a creare una mostra composta da 30 fotografi, con l’obbiettivo di raccontare le prospettive future, un momento di positività. Infine ad ogni edizione è presente uno spazio tematico, in modo che chi ha avuto l’occasione nei vari anni di approfondire un tema specifico possa esprimersi in questa sezione.
La sezione tematica del concorso pone il focus sulle generazioni future. Ci può dire di più?
Siamo sempre focalizzati sulla ricerca di nuove direzioni, per portare il messaggio dei fotografi a più persone possibili. Quest’anno abbiamo voluto guardare durante questo particolare momento storico, al nuovo mondo, alle nuove generazioni. Generazioni che in questo momento storico soffrono molto e che purtroppo stiamo lasciando da parte. Generazioni con uno nuovo spirito, ispirate anche da importanti internazionali come Greta Thunberg, la famosa giovane ambientalista, che danno e ispirano una visione globale e multiculturale.
Attraverso la fotografia vogliamo analizzare questo variegato mondo che in fondo è molto vicino a noi ma stentiamo ad avvicinare. I giovani meritano di essere conosciuti meglio e si meritano più attenzione. Dobbiamo mettere al centro di questo dialogo la sostenibilità delle nostre azioni; abbiamo la responsabilità e il dovere morale di lasciare il pianeta alla nuovi generazioni migliore di quanto lo abbiamo ricevuti dai nostri genitori. Cerchiamo fotografi che raccontano l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù con lavori non necessariamente recenti o inediti, accettiamo anche lavori “datati”, purché approfonditi e che abbiano qualcosa da raccontare.
L’edizione 2020 dedicava un approfondimento (inevitabile) alla pandemia. Immagino che il tema troverà spazio anche quest’anno; se sì, in che modo?
Sicuramente troverà spazio e riflessione, ma non cerchiamo un legame diretto alla cronaca della pandemia. Piuttosto, vogliamo guardare al futuro e al passato, per capire da dove arriviamo e dove potremmo andare. Lo spazio tematico scelto precedentemente, ma come tutti gli altri approfondimenti, cercherà ogni anno di guardare verso i mega trend, quelle tendenze, impostazioni, cambiamenti che ci seguiranno e che ci accompagneranno sicuramente per molti anni, probabilmente decenni.
Pensiamo che il momento attuale sia molto magmatico, in cui le evoluzioni possono essere veramente molto differenti e imprevedibili. Dobbiamo immaginare la fotografia come un microscopio, uno strumento che ci può aiutare a analizzare al meglio il mondo che ci circonda. Ci da spunti, riflessioni per approfondire e cercare di essere cittadini migliori di questo mondo.