Per realizzare il “Busto di Flora” utilizzata cera di balena bianca, sostanza rarissima nel Rinascimento, ma di uso comune nel XIX secolo
L’opera, che rappresenta Flora, la dea delle fioriture e delle piante, è avvolta da un’aura di mistero. Lo storico dell’arte tedesco Wilhelm von Bode l’acquistò nel 1909 per poche sterline in una galleria di Londra. Convinto fosse opera di Leonardo Da Vinci. Una delle poche sculture sopravvissute del genio. La vicenda scatenò presto un’enorme polemica tra la stampa e musei dell’epoca: alcuni sostenevano la tesi di Bode, altri credevano a una falsificazione. Il Times pubblicò un articolo sostenendo che il busto era opera dello scultore inglese Richard Cokle Lucas, che era stato incaricato di riprodurlo da un dipinto.
La diatriba è andata avanti per oltre un secolo, nel quale per la verità solo pochi hanno seriamente sposata la tesi “leonardesca” di Bode. Ora il mistero del “Busto di Flora”, da allora esposto al Bode Museum di Berlino, pare essere stato finalmente risolto. Grazie alle nuove analisi scientifiche, condotte dagli esperti del Consiglio nazionale delle ricerche francese (Cnrs). Le indagini hanno definitivamente escluso che l’autore della scultura sia Leonardo o qualcuno della sua bottega, puntando invece su un artista, probabilmente attivo in Inghilterra, intorno alla metà del XIX secolo.
Decisiva l’individuazione della cera utilizzata per realizzare il busto, derivante prevalentemente da balena bianca, sostanza estratta dalle teste di alcuni cetacei. Rarissima nel Rinascimento, ma di uso comune nel XIX secolo, come dettagliato dallo studio pubblicato sulla rivista “Scientific Reports”. Ma soprattutto sono risultate decisive le analoghe analisi condotte su due bassorilievi realizzati da Cockle Lucas nel 1848 e nel 1850, con risultati che confermano l’attribuzione.
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