A partire dal 7 maggio una camera del Four Points by Sheraton di Catania sarà tappezzata di polaroid del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki. Una mostra inconsueta dal nome Suite of Love.
Un’occasione unica per avvicinarsi all’“universo Araki” e coglierne alcuni tratti fondamentali in un contesto senza precedenti. Aci Castello (Catania) ospita la prima europea di un progetto espositivo dedicato al grande fotografo giapponese Nobuyoshi Araki. A cura di Filippo Maggia, la mostra promossa e prodotta da Fondazione OELLE Mediterraneo antico, sarà visitabile fino al prossimo 13 giugno.
Come dice il nome, Suite of Love è una vera e propria camera d’albergo allestita al primo piano del Four Points by Sheraton Catania. Al suo interno, 1000 polaroid realizzate sino ai primi anni Duemila, 27 fotografie inedite selezionate fra la sua produzione degli anni Ottanta e Novanta, l’intera serie del 1996 intitolata Suicide in Karuizawa, una selezione di 19 Flowers composizioni floreali dei primissimi anni Novanta, e 12 opere in grande formato della serie ancora in progress Araki Paradise. La mostra prosegue al primo piano dell’hotel, nella fOn Art Gallery della Fondazione OELLE Mediterraneo antico.
Le immagini di Araki si susseguono senza soluzione di continuità a celebrare l’universo femminile, la sua bellezza e unicità: nel ritratto, che sia un volto, un busto, una figura intera, un nudo o un bondage allestito, una storia come fosse un fotoromanzo, o una delle sue muse ispiratrici, o Yoko, sua moglie scomparsa nel 1990.
“Sono la bellezza e lo splendore della donna che il fotografo giapponese vuole esaltare, onorare, glorificare. Una bellezza che Araki cerca anche nelle sue immagini di fiori, composizioni di una purezza quasi tangibile, colti un attimo prima che inizi il loro processo di decadimento. Conosciuto e tanto apprezzato per le sue opere quanto dibattuto in tutto il mondo per il loro contenuto talvolta definito scandaloso, Araki in realtà non è solo il fotografo del bondage, bensì un artista che s’identifica totalmente con la fotografia e con la sua pratica, arrivando ad affermare che la macchina fotografica è come un naturale prolungamento del mio braccio, un regalo che gli ha permesso dagli anni Sessanta di documentare il mondo intorno a lui e, in particolare, la sua vita come fosse essa stessa un’opera d’arte in continuo divenire”, dichiara il curatore del progetto espositivo Filippo Maggia.