Dalla Val d’Aosta alla Puglia, un volume riccamente illustrato ci guida alla scoperta di capolavori medievali legati allo scorrere del tempo nella società rurale dell’epoca: affreschi e sculture, in chiese, castelli, monasteri, palazzi pubblici, raccontano il ciclo dei mesi, “calendario visivo” civile e liturgico dei tempi che furono. Un volume di Jenny Bawtree, docente di lingua inglese all’Università di Firenze e appassionata cultrice dell’arte medievale e della natura, pubblicato da Terra Nuova Edizioni.
Roma. Troppo spesso identifichiamo il Medioevo con l’oscurantismo, la povertà, l’ignoranza, la violenza. Pur con le tante problematiche che quei secoli affrontarono (del resto, come tutte le epoche storiche), videro anche, soprattutto a partire dal XII Secolo, un autentico rifiorire delle arti, della vita sociale ed economica, del progresso tecnico-scientifico. L’arte e l’architettura conobbero la loro prima maturità, e ne sono ancora oggi testimonianza chiese, monasteri, castelli, palazzi nobiliari, che impreziosiscono il territorio italiano e al cui interno sono custodite straordinarie opere d’arte, siano esse sculture, dipinti o affreschi. Su una particolare tematica artistica di puro gusto medievale, ha soffermato la sua attenzione Jenny Bawtree, britannica da tempo stabilitasi in Italia, che nel suo volume Il Ciclo dei Mesi. Da Aosta a Otranto, alla scoperta di un tesoro dell’arte medievale italiana (pp.220, Euro 23,00), si sofferma sulla narrazione della società agricola a partire dal XII Secolo, e fino al primo Cinquecento, in pieno Rinascimento. Un viaggio all’insegna dell’arte, effettuato, come spiega l’autrice, nel rispetto dell’ambiente, muovendosi quasi sempre a piedi o con i mezzi pubblici; un’avventura editoriale che è anche un cammino interiore di distacco dal caos contemporaneo, avendo come bussola la filosofia antica del ritmo naturale. Un invito per il lettore a fare altrettanto, riscoprendo monumenti spesso rimasti fuori dai percorsi turistici tradizionali, e apprezzandone la serenità che ancora dopo tanti secoli, riescono a trasmettere.
Un libro non accademico, pensato come una guida alla bellezza per scoprire meraviglie architettoniche, artistiche e paesaggistiche, sulla scota di artisti come Benedetto Antelami, Giovanni da Modigliana, Luca della Robbia, e tanti altri maestri rimasti anonimi per mancanza di adeguate fonti documentarie. Nel confronto fra le opere di secoli diversi, si può apprezzare come l’arte italiana, dalle radici romano-bizantine, evolva lentamente verso la maturità, passando per artisti di scuola giottesca, dalla commovente e francescana scarnità stilistica, per giungere al tripudio di colori e giochi prospettici del primo Cinquecento.
I cicli dei mesi non sono soltanto un racconto artistico, ma essendo legati all’alternarsi delle stagioni, raccontano anche i diversi lavori agricoli a seconda del periodo dell’anno, e per questa ragione sono un interessante spaccato della civiltà rurale antica, di cui raccontano usi e costumi con dovizia di particolari: dall’abbigliamento dei contadini, alle tecniche di macellazione degli animali, dalla potatura delle piante, alla semina.
Una vita semplice, dura, faticosa, eppure, nonostante tutto, autentica, specchio di una società a suo modo gioiosa, con i suoi riti campestri e quelli religiosi, con questi ultimi che si affiancano ai primi e ne aumentano il significato. Il senso del sacro, nel Medioevo era particolarmente diffuso fra le classi più umili, e i vari cicli dei mesi, indipendentemente dall’artista che li ha eseguiti, sembrano rappresentare anche un po’ di quella fede nel creato che emerge dalla buona volontà con cui si svolgono i lavori nei campi. Interessante notare come vari l’espressione dei volti dei contadini, a seconda degli artisti: per il suo ciclo nel Duomo di Modena, scolpito nel XII Secolo, Wiligelmo realizza figure meste, rassegnate alla durezza dell’esistenza, cui purtroppo non mancavano carestie e pestilenze a dare la sensazione di stare scontando una sorta di purgatorio anticipato. Altri artisti propongono invece una visione più gaia della vita campestre, pur con le sue problematiche, a cominciare dalla servitù della gleba; una tendenza favorita anche dal lento miglioramento delle condizioni delle campagne, a partire dal Trecento, fra cui i raccolti un po’ più abbondanti in seguito all’introduzione di migliorie agricole. Ma indipendentemente dalla concezione della vita contadina, quello che ancora oggi sembra essere il messaggio di questi capolavori del passato, è l’importanza di quel legame con la natura che la società moderna sembra aver smarrito.
Con questa nuova pubblicazione, Terra Nuova si conferma casa editrice attenta alla riscoperta della natura e dei suoi ritmi, riscoperta che questa volta avviene da un punto di vista strettamente artistico, ma non per questo meno efficace.