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Anno surreale 2020. Il mondo fluttuante di Matthew Brannon a Milano

Matthew Brannon Matthew Brannon
Matthew Brannon Measured Response , 2021 Silkscreen with hand painted elements on paper 132 x 115.6 cm 142 x 125.5 x 5 cm (framed) Photo: Kevin Frances
Matthew Brannon
Measured Response
,
2021
Silkscreen with hand painted elements on paper
132 x 115.6 cm
142 x 125.5 x 5 cm
(framed)
Photo: Kevin Frances
Negli spazi della galleria Gió Marconi di Milano è in corso la mostra dell’artista americano Matthew Brannon: “Cold Shoulders / Foreign Affairs / Seafood Dinners / Power Vacuums / and The Last Gate at the End of a Very Long Terminal”, visitabile fino al 3 giugno 2021 (martedì – sabato; 11-19, su appuntamento).

Matthew Brannon (n. 1971, St. Maries, Idaho) è artista e scrittore, noto per l’approccio alle tecniche di stampa, lavora soprattutto con la serigrafia e la tipografia, pratiche che permettono grande libertà nell’accostamento di immagini e testo. Nella sua carriera si è confrontato anche con scultura, pittura, installazioni e video. La sua opera più conosciuta è Concerning Vietnam, una serie di oltre 75 stampe uniche, nella quale esplora le ramificazioni della guerra del Vietnam.

Per la galleria Gió Marconi si tratta della terza personale dell’artista, successiva alle esposizioni del 2010/2011 (The Inevitable and the Unnecessary) e del 2008/2009 (Grandmothers).

Matthew Brannon installation view
Matthew Brannon installation view

Le opere esposte in mostra sono state concepite e realizzate durante l’anno trascorso e riguardano il tema del viaggio e del passare del tempo. Dichiara Brannon: “Ho realizzato questa mostra durante l’anno surreale che è stato il 2020. Ho immaginato un aereo sospeso a mezz’aria sopra una città in un qualche momento durante il secolo scorso. Leggero come una piuma, pesante come una balena. Ogni opera mostra il sedile di un passeggero invisibile. È il set di una produzione teatrale dopo che lo spettacolo è finito e le telecamere sono spente. È quel momento in cui ti svegli appena prima di ricordarti tutto quello che devi fare. È il centro di un libro che ho scritto molto tempo fa. È uno spazio in cui puoi entrare. Il mondo fluttuante.

Le tematiche indagate toccano le corde di tutti coloro i quali in questo anno singolare abbiano manifestato il desiderio di tornare alle cose di cui si sono sentiti privati ed in effetti tutti abbiamo detto almeno una volta: quando tutto questo sarà finito voglio tornare a viaggiare. Sì perché il mondo è stato senza di noi. E così nel momento di attesa, Brannon elabora una risposta creativa al bisogno collettivo con una serie di dieci opere.

Varcando la porta della galleria la prima opera presentata è la grande tela Classical Music in bianco e nero, che agisce come essenziale manifesto dell’atmosfera nella quale verremo presto assorbiti.

Immediatamente dopo cogliamo un’insegna che reca la frase Last Gate at the end of a very long Terminal apposta in alto nel punto che delimita l’ingresso della galleria dall’ampia sala espositiva.

A questo punto siamo pronti per entrare nel vivo della mostra contemplando le serigrafie uniche che rappresentano l’interno dell’aereo sospeso in notturna raccontato dalle file di sedili con tavolino, finestrino e corredo di oggetti familiari, a volte stranianti ed enigmatici che compongono le diverse scene, e dall’affascinante e densa di particolari cabina di pilotaggio in modalità auto-pilot che reca tracce del passaggio di figure femminili.

Matthew Brannon
Matthew Brannon

Le opere sono accompagnate da titoli evocativi come Wet Kisses; Dry Ideas; Mouth-to-Mouth; Double Negative e War Correspondent.

Lo spazio della galleria risulta trasformato da luogo fisico espositivo, a luogo immaginario, nel quale ci sentiamo tutti dei potenziali viaggiatori chiamati non solo a ricordare e contemplare, ma forse anche a scegliere e prendere posto secondo le nostre inclinazioni nei sedili che più ci risulta affini, sperimentando in prima persona. Scene abbandonate, che invitano ad occuparle.

Brannon attraverso questi lavori sottolinea, ancora una volta, il suo interesse per la psicanalisi e per la scrittura, dando vita a dei veri e propri racconti dove i protagonisti assenti sono rievocati dagli accurati oggetti che permangono nelle scene come nature morte mantenendo lo stile unico che lo contraddistingue per il senso del colore e della composizione.

Ogni opera presente in mostra cattura per il fascino visivo e invita al contempo a scavare nell’iconografia degli elementi rappresentati rendendo la visita alla mostra un percorso di esperienza di scoperta vivace e immersivo… senza destinazione certa.

Matthew Brannon installation view
Matthew Brannon installation view

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