Ettore Spalletti, scultore e pittore, artista fra i più grandi del Novecento, ha re-inventato nel 1996 l’obitorio dell’ospedale Raymond Poincaré a Garches nel Boulogne-Billancourt, alle porte di Parigi, realizzando un’opera d’arte immersiva, spirituale, unica in cui poter rivolgere un ultimo sguardo ai propri cari.
Tutto nell’arte di Spalletti è colore, una potenza espressiva simbolo della sua monocromia. Attraverso il suo linguaggio capace di mettere in dialogo pittura, scultura e architettura è riuscito a creare un luogo capace di accogliere la morte.
Il progetto, nato dallo stretto dialogo che Spalletti ha intrapreso con i medici, si poneva come obiettivo quello di realizzare un luogo che potesse accogliere i defunti e potesse aiutare i familiari ad elaborare il lutto. La salle des départs, una piccola stanza dal pavimento, le pareti e il soffitto di un blu brillante e denso, è il luogo dello sguardo finale al defunto. L’artista abruzzese ha dato vita aduno spazio che aiuta a sopportare quest’ultima immagine. Ha realizzato un ambiente dignitoso e accogliente capace di aiutare i sopravvissuti a custodirne nella memoria un’immagine migliore e a esprimere il proprio dolore.
Spalletti ha creato uno spazio aperto a tutti, senza distinzioni di genere o religione. Sosteneva che l’ultimo addio di una famiglia ad una persona cara non dovesse avvenire in una stanza fredda e impersonale, ha creato così un obitorio come nessun altro realizzando un’opera d’arte rivoluzionaria. È stato capace di ridonare importanza ad un luogo come l’obitorio: il luogo della morte stessa dove la vita si interrompe lasciando solo un corpo a memoria dell’esistenza di una persona. L’artista, attraverso l’uso del colore, il blu del cielo e del mare, ha realizzato uno spazio capace di infondere calma e serenità in un luogo che per sua natura è freddo e angosciante. Il colore avvolge l’intero spazio e diventa il mezzo con cui accedere a un mondo spirituale. Il suo lavoro tende alla trascendenza e all’assoluto. Spalletti è stato in grado anche di giocare col tempo, che risulta sospeso, come se si entrasse in uno spazio altro. Gli elementi in marmo bianco, come la fontana posizionata al centro della stanza, e in marmo nero, come il poligono sul pavimento, creano forme geometriche essenziali e assolute come i materiali di cui sono composte. I segni e le figure geometriche si integrano nello spazio in un dialogo armonico. Come ha detto Spalletti stesso:“Il luogo che desideravo realizzare, rendere visibile, era quello della chiarezza priva di emozionalità, priva di dolore, di decadimento. Ricondurre l’idea della morte a quella della purezza formale, depurandola e liberandola da ogni coinvolgimento con il sentire tragico della vita”.
L’artista ha scelto di non inserire simboli religiosi eliminando così ogni possibile divisione tra le persone. Ha costruito un percorso di ricerca che porta a riscoprire una spiritualità condivisa, che ci unisce, ci rende uguali e in cui riscopriamo una fraternità aperta. È un luogo di accoglienza del dolore, personale e collettivo dove qui tutti si trovano uniti da uno dei dolori più forti che caratterizzano la vita: la morte che porta via le persone più care è capace di renderci tutti uguali.
In questa piccola stanza in cui ha racchiuso il cielo, Spalletti è stato in grado di accogliere un dolore così grande come il trauma della perditaregalandoci uno spazio in cui provare ad elaborarla e donandoci la possibilità di ridefinire il modo in cui la morte viene vissuta nella nostra società.