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La mostra al MUDEC su Robot e Intelligenza Artificiale: un grande progetto “umano”

“Robot. The Human Project” “Robot. The Human Project”
“Robot. The Human Project”
“Robot. The Human Project”

La rivoluzione tecnologica in atto nei campi della robotica e dell’intelligenza artificiale sembra indicare un futuro cambiamento nel nostro paradigma sociale incentrato sull’uomo, verso una maggiore inclusione di agenti cognitivi artificiali nei nostri ambienti quotidiani. Ciò significa che gli scenari di collaborazione tra esseri umani e robot diventeranno più frequenti e avranno un impatto più profondo sulla vita di tutti i giorni.

Una rivoluzione che sembra però affondare le sue radici più lontano di quanto noi tutti crediamo. Lo si può scoprire nelle sale del MUDEC di Milano, all’interno della mostra “Robot. The Human Project”, che raccoglie in maniera sistematica e molto rigorosa le prime tracce di robot, o presunti tali, della storia dell’umanità. Già nel XVIII secolo, infatti, alcuni orologiai si cimentarono nella produzione di manichini semoventi con sembianze umane. Per non parlare di vari progetti avanguardistici risalenti al III secolo, tra cui quello di un’ancella robotica in grado di mescere il vino e a cui probabilmente si sono ispirati alcuni scienziati giapponesi del nostro secolo, per creare il robot dal “palato” sensibile capace di scoprire se quello che è scritto sull’etichetta di una bottiglia di vino corrisponde a verità.

Dai primi devices meccanici dell’Antica Grecia alle invenzioni medievali, dalle scoperte della rivoluzione industriale fino agli odierni “robot” (parola che deriva dal termine ceco robota, che significa lavoro pesante o lavoro forzato).Una linea del tempo che sembra essere costellata e ricchissima non solo di invenzioni e idee audaci che si avvicinano parecchio a quello che è oggi il grande mondo della robotica, dell’intelligenza artificiale, degli algoritmi e delle conseguenti svariate applicazioni al mondo della medicina, dell’informatica o dell’arte, ma anche dei continui interrogativi che l’uomo stesso, creatore di questi congegni, si pone, conseguentemente all’ideazione e alla progettazione degli stessi: quanto il robot è affine all’essere umano in carne e ossa? Quanto potrebbe sostituirlo? Fino a che punto è in grado di aiutarlo?

“Robot. The Human Project”
“Robot. The Human Project”

Oltreal preziosissimo apporto che l’estenuante ricerca scientifica in questo campo, attraverso la creazione di arti prostetici e impianti bionici sempre più raffinati, può generare all’interno del mondo della salute in generale, uno spazio e un filone interessante di riflessione è riservato anche a tutta la scottante questione etica, legale ed economica che la progettazione di un essere artificiale porta con sè.

Mentre un robot può essere definito semplicemente come una “macchina ingegnerizzata che percepisce, pensa e agisce”, i robot come vengono pensati oggi, dei veri e propri esseri “sociali”, sono in grado interagire con gli esseri umani e tra di loro in un modo – socialmente appunto – accettabile, trasmettendo un’intenzione percepibile dall’uomo e possedendo il potere di porsi e risolvere obiettivi con altri agenti, siano essi umani o robot. A differenza dei robot industriali progettati per operare in ambienti controllati, le innovazioni nella robotica sociale hanno portato alla proliferazione di robot che operano in una gamma di spazi quotidiani complessi e dinamici, da case, scuole e ospedali, a centri commerciali, uffici e città. strade- assumendo nuovi ruoli nella polizia, nell’istruzione, nel lavoro di cura e nell’industria dei servizi. Questi robot hanno lo scopo di interagire con gli esseri umani in modi sempre più intimi, producendo dati sui loro incontri attraverso una varietà di telecamere, microfoni e altri sensori; utilizzare tali dati per trarre conclusioni sull’identità, il comportamento, lo stato emotivo o le intenzioni future di un individuo; e agire su quelle inferenze per rispondere al suo ambiente sociale. È il caso dell’ultimo gioiello, sempre in mostra al MUDEC, prodotto da Sanbot Elf, per l’Emergenza COVID-19: un robot utilizzato presso l’Ospedale di Circolo di Varese, in grado di muoversi per le stanze e comandato a distanza dal personale sanitario tramite computer o smartphone, mettendo in comunicazione il personale con i pazienti e permettendogli di vedersi a vicenda.

“Robot. The Human Project”
“Robot. The Human Project”

È proprio questo che l’esposizione, che ha da poco riaperto al pubblico, vuole mettere e mette brillantemente in luce: la necessità che i robot assomiglino il più possibile a noi ma l’impossibilità (purtroppo o perfortuna?) che questo avvenga.

Un percorso, all’interno della mostrache viene accompagnato da numerosi e calzanti citazioni cinematografiche e attinenti al mondo del gaming e anche da attività interattive progettate per essere approcciate anche dai più piccoli. Non solo: nel percorso sono presenti delle domande cruciali a cui lo spettatore stesso è chiamato a rispondere eche l’etica che si accompagna a robotica e AI pone spesso; da “ti innamoreresti mai di un robot?” (domanda che è il fulcro della trama di un famoso film uscito nel 2013 Spike Jonze, con protagonista Joaquin Phoenix, “Lei”)a “se potessi potenziare le tue abilità attraverso degli inserti robotici, lo faresti?”

Promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Fondazione Deloitte, main sponsor del Museo, l’Istituto di Bio Robotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il principale istituto universitario dedicato alla ricerca sulla robotica in Italia e al supporto tecnico e scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e realizzata grazie al sostegno di Gruppo Unipol, “Robot, The Human Project”, quindi, mette in mostra, affrontando in toto e da molteplici punti di vista la complessità della questione, benefici e rischi di una società futura che potrebbe essere molto “robot” e poco “human”. Al MUDEC, fino al 1 Agosto 2021.

 

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