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Che splendore la nuova Sezione Romana di Palazzo Farnese: 1400 reperti tutti da scoprire

Si va indietro, indietro, indietro. Perché? Chi ce lo fa fare? Semplice: ogni uomo non può fare a meno della sua origine. E lo stesso dicasi per la città.”

(Andrea Carandini)

Palazzo Farnese di Piacenza apre al pubblico la nuova Sezione Romana del Museo Archeologico nei suoi splendidi sotterranei riqualificati. Sono circa 1400 i reperti visibili dai visitatori per la prima volta, utili per ripercorrere la storia della Placentia romana, dalla sua fondazione fino all’insediamento longobardo nel VI secolo d.C.

Il percorso è suddiviso in quindici sale, secondo un’impostazione tematica che inizia con un inquadramento territoriale e cronologico dell’epoca, concludendosi con un video che ripercorre le tappe più salienti della storia di Piacenza.

I temi affrontati sono svariati: nelle prime sale si trova la storia della città e del suo territorio; le preesistenze prima della colonizzazione romana; la fondazione della città, la forma urbis e le istituzioni romane; i commerci, l’economia e il ruolo essenziale del Po; la sala domus romana, con i suoi mosaici straordinari; la gastronomia e la vita quotidiana tra otium e negotium; l’edilizia residenziale e gli edifici religiosi; i riti, i monumenti funerari, le sepolture e le necropoli sia dei ceti più ricchi che meno abbienti; la fine del mondo romano e il passaggio all’Alto Medioevo. Vi sono all’interno della sezione romana molti aspetti ludici – come installazioni multimediali e piccoli video – per “alleggerire” un percorso che poteva altrimenti risultare troppo scientifico.

Esterni di Palazzo Farnese
Esterni di Palazzo Farnese

La nuova Sezione Romana del Museo Archeologico di Palazzo Farnese è frutto di uno sforzo corale e parte del progetto di Piacenza 2020/21, noto per il suo calendario di eventi culturali promosso dalla città.

Di particolare rilievo all’interno della Sezione Romana sono il famoso Fegato di Piacenza e l’imponente statua panneggiata firmata dallo scultore ateniese Kleoménes, messe in luce ed esaltate dal nuovo allestimento e alcuni importanti reperti inediti della Placentia romana.

 

Nel territorio appena tolto ai Galli vengono fondate le colonie di Piacenza e di Cremona.” (Livio, ‘Ab Urbe Condita’)

Il percorso espositivo

La Sezione Romana è ospitata negli scenografici sotterranei della Cittadella dei Visconti e di Palazzo Farnese. La sezione aggiunge un importante tassello alla conoscenza del passato di Piacenza che, grazie alla posizione strategica sul terrazzo fluviale in riva al Po, si è trovata in età romana al centro di un fertile sistema di scambi, diventando un’importante colonia di diritto latino.

Alla base della moderna disciplina archeologica vi è il concetto di stratificazione: solo a partire dalla fine degli anni Ottanta, con l’avvento in Italia della metodologia di scavo statigrafico, anche a Piacenza cominciano a essere condotte indagini archeologiche documentate, dirette dalla competente Soprintendenza Archeologica. Il percorso espositivo parte dunque in maniera più nozionistica, per poi rivelarci varie bellezze al suo interno.

Statigrafia archeologica da complesso urbano
Statigrafia archeologica da complesso urbano

Nella terza sala si trova la bellissima ara dedicata alle Matrone, databile al II secolo d.C.: sin dalla Preistoria è molto frequente la devozione a divinità femminili, che definiscono il corso della vita degli uomini. A seconda dei luoghi e delle culture, queste divinità hanno aspetti diversi: in età romana sono note come Matres/Matrones e sono state di frequente associate alle Parche o alla Ninfe. Oltralpe le tre dee vengono raffigurate sedute in trono con lunghe vesti, mentre in Cisalpina l’elemento caratterizzante è la danza a mani intrecciate, tipica dei rituali simbolici di vita, morte e rinascita.

Ara con dedica alle Matrone, trovata a Piacenza nel 1888
Ara con dedica alle Matrone, trovata a Piacenza nel 1888

Nella quarta sala troviamo il celeberrimo Fegato di Piacenza – una piccola scultura in bronzo, a fusione piena a cera persa – risalente tra fine II e prima metà del I secolo a.C., quando l’Etruria era ormai sotto il dominio romano e nella Pianura Padana prosperavano le colonie, tra cui Placentia.

Il Fegato bronzeo di Piacenza. Fine II-prima metà del I sec. a.C.
Il Fegato bronzeo di Piacenza. Fine II-prima metà del I sec. a.C.

E’ possibile ricostruire la visione cosmologica etrusca anche grazie a questa preziosa fonte; non si può escludere l’ipotesi della persistenza di gruppi etruschi sopravvissuti a Piacenza fino alla romanizzazione. La sua funzione resta incerta e sono state avanzate varie ipotesi: è stato considerato uno strumento didattico per insegnare l’epatoscopia, un promemoria professionale per aruspici e divinazioni, o un elemento appartenente a una statua onoraria come corredo funebre, data l’ottima conservazione.

La sesta sala invece è dedicata alla urbis forma Placentiae: ovvero l’impianto urbano di Piacenza con i suoi reticolati stradali, edifici e spazi pubblici, rivi e mura. Con isolati di forma pressoché quadrata, Piacenza resta con quest’impianto all’interno del tessuto viario attuale. Costruite inizialmente per scopi militari, le strade (viae romanae) divennero un fondamentale mezzo di comunicazione, utilizzate dagli abitanti con i più svariati mezzi.

Statua di un personaggio virile con toga e sella curulis, rinvenuta a Piacenza in via Calzolai nel 1934
Statua di un personaggio virile con toga e sella curulis, rinvenuta a Piacenza in via Calzolai nel 1934

Sempre nelle sesta sala sono esposte alcune importanti testimonianze della scena politica piacentina. Il vertice della struttura amministrativa del municipium romano del I secolo d.C. era infatti formato da quattro magistrati: due iure dicundo e due aedilicia potestate. 

Ara di C. Birrius Primigenius,
Ara di C. Birrius Primigenius,

Notevole l‘ara di C. Birrius Primigenius, un liberto che rivestì la carica di seviro e augustale e dedicò un’ara funeraria a sé e a Birria Pyramis, “ottima moglie”. L’ara presenta le immagini a rilievo di un satiro e una menade, figure che tradizionalmente costituiscono il corteggio di Dioniso/Bacco e partecipano ai riti orgiastici in suo onore. Nel corso dei riti, i suoi seguaci danzavano vorticosamente, fino a raggiungere uno stato di trance. Le élites romane rappresentavano il proprio ruolo sociale attraverso questo rimando alla cultura greca.

Dettagli edifici romani
Dettagli edifici romani
Mosaici e pavimentazioni romani
Mosaici e pavimentazioni romani

Interessante nelle sale otto e nove il vivere alla romana, tra otium (la parte ludica e ricreativa) e negotium (i doveri del cittadino), in cui troviamo pavimenti, affreschi ed elementi d’arredo decisamente sui generis. Essenziale era l’ars habitandi: dall’atrio al tablino (opposto all’atrio), dal peristilio (area lastricata) al triclinio (area adibita ai banchetti) molti erano i luoghi dedicati alla casa derivati dalla cultura etrusco-italica. Infatti nella sala dedicata alla domus romana si possono ammirare eleganti mosaici pavimentali e oggetti di uso quotidiano, come frammenti di mobilio, balsamari per unguenti e profumi, contenitori per il trucco e ornamenti personali, strumenti per la scrittura e resti di giochi da tavolo (tra cui una scacchiera del II-III secolo d.C. in terracotta).

Mosaico pavimentale con cigni di età augustea
Mosaico pavimentale con cigni di età augustea
Tra otium e negotium

In tutte queste cose che si hanno da fare si deve avere per scopo la solidità, l’utilità e la bellezza.” (Vitruvius, ‘De Architectura’)

Dettagli Domus
Dettaglio Domus
Dettaglio Domus

Simpatica la sezione – sempre in sala nove – dedicata ai romani e alla loro gastronomia: alcune ricette sono tramandate nel più famoso ricettario del tempo, il De re coquinaria di Apicio:

Cuocerai il sedano nell’acqua salata, lo schiaccerai e taglierai a pezzettini. Nel mortaio triterai il pepe, il ligustico, l’origano, la cipolla, il vino, il liquamen e l’olio. Cuocerai nel vaso di terracotta e così unirai il sedano.”

Gastronomia romana
Gastronomia romana

Per lungo tempo l’alimentazione romana fu costituita da cibi poveri, soprattutto verdura, cereali, frutta e leguminose. Il piatto tradizionale era la puls, una sorta di “polenta” di farina di cereali. La carne di maiale e il pesce erano di uso sporadico per via dei costi elevati, quindi usati solo dai ceti più abbienti. Grande importanza invece rivestivano il sale, le erbe aromatiche e le salse, tra cui spiccavano quelle a base di pesce fermentato come il garum o il liquamen. Imprescindibile era il vino, che non veniva né filtrato né pastorizzato, ed era addizionato con spezie.

Parte inferiore di statua con firma di Kleoménes atenesiese. Piacenza, Piazza Cavalli, 1938
Parte inferiore di statua con firma di Kleoménes ateniese. Piacenza, Piazza Cavalli, 1938

Nella decima sala si trova la parte inferiore dell’imponente statua panneggiata, firmata dallo scultore ateniese Kleoménes, rinvenuta nell’agosto del 1938 a Piazza Cavalli, a circa tre metri di profondità. Il marmo pentelico – materiale di cui è composta la scultura – e la firma dell’artista attestano il carattere inequivocabilmente greco dell’oggetto, forse però eseguito in Italia o a Roma stessa. Le cospicue misure indicano una destinazione ufficiale o pubblica, probabilmente religiosa, frutto di una committenza d’alto rango. La parte conservata comprende gambe e bacino, ma la parte superiore è andata purtroppo perduta. Alcuni credono si tratti di Afrodite Urania(si notano alcune similitudini anche con la Vittoria Alata bresciana), ma altri credono si tratti di una figura maschile come quella di Apollo.

Parte inferiore di statua con firma di Kleoménes atenesiese. Piacenza, Piazza Cavalli, 1938
Parte inferiore di statua con firma di Kleoménes ateniese. Piacenza, Piazza Cavalli, 1938
Dettaglio panneggio
Dettaglio panneggio

Viene poi la Terra. Per nessun beneficio è più sacra che per quello con cui rende sacri anche noi, portando su di sé anche le tombe e le iscrizioni funebri, e prolungando il nostro nome, dilatando il nostro ricordo contro la brevità del tempo vissuto[…]” (Plinio, ‘Naturalis Historia’, II, 63)

Nel mondo romano la morte non era considerata la dissoluzione totale dell’essere. Le anime, liberatesi dal corpo, si tramutavano in essenze divine che, se non debitamente propiziate, potevano diventare Larvae e perseguitare i viventi; se giustamente venerate diventavano Lares (spiriti domestici) o Manes (spiriti in un’accezione più ampia).

Ritratto funerario

I monumenti funebri testimoniano con la loro dimensione e ricchezza il rango dei defunti, fosse esso più umile o altolocato; mirabile una Sfinge Alata esposta, sicuramente appartenente a una famiglia eminente. Interessanti anche i reperti dell’ultima sala che testimoniano il passaggio della città alla dominazione longobarda, tra cui un tremisse in oro – moneta del tardo impero romano – coniato a Piacenza tra il 712 e il 744 durante il regno di Liutprando.

Tremisse in oro

Nell’atrio stesso stava il portiere vestito di verde. Non lontano dalla guardiola del portiere, era dipinto sulla parete un grande cane, legato a una catena, e sopra, a lettere capitali, c’era scritto ATTENTI AL CANE.” (Petronius, ‘Satyricon’)

Palazzo Farnese. Sezione Romana

Lunedì 17 maggio apertura straordinaria al pubblico orari 10-13, 15-18

Negli altri giorni invece è visitabile dal martedì alla domenica orari 10-13, 15-18 (sabato e domenica solo su prenotazione)

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