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John Baldessari e Sol LeWitt: dialoghi e simbiosi concettuali a Milano

Room 4_© Riccardo Gasperoni
LeWitt, camino, Galleria d’Arte Tommaso Calabro

Con l’ultima mostra ‘Casa Iolas. Citofonare Vezzoli’ Tommaso Calabro aveva posto l’asticella della qualità molto in alto. Difficile da superare. Eppure ci è riuscito, attraverso un dialogo inedito e raffinatissimo tra John Baldessari e Sol LeWitt. Dal 14 maggio fino al 10 luglio 2021 al piano nobile di Palazzo Marietti, in Piazza San Sepolcro 2, la Galleria Tommaso Calabro mette in scena ‘From print to song – Baldessari Sings LeWitt’, curata da Paola Nicolin.

La mostra forma parte di un ciclo di tre dialoghi fra artisti ideati da Nicolin: il primo, ‘Rodolfo Aricò / Anna Castelli Ferrieri. L’amore per il progetto’; il secondo, quello in corso, cioè, Baldessari-LeWitt; e il terzo non vediamo l’ora di scoprirlo. Il filo conduttore fra le tre mostre è certamente il dialogo, ma anche il concetto di arte come “progettazione dell’idea”.

Room 1_© Riccardo Gasperoni

Solomon LeWitt (1928-2007), artista minimalista e concettuale americano scrisse nel 1968 le Sentences on Conceptual Art, un vero e proprio manifesto con 35 proposizioni sull’arte concettuale. Quattordici anni dopo, nel 1982, il suo amico, l’artista John Baldessari (nato nel 1931 e scomparso l’anno scorso, nel 2020), canta le trentacinque frasi, si registra e intitola la videotapeBaldessari Sings LeWitt.

La curatrice, Paola Nicolin, ci ha raccontato la storia della amicizia che univa i due artisti, ci ha spiegato quanto Baldessari apprezzasse LeWitt e il suo lavoro (anche se erano coetanei a volte lo vedeva come un mentore, come il fondatore dell’arte concettuale). Questo legame affettivo e artistico fra John e Sol è stato quello che ha ispirato Nicolin per la creazione di questa mostra. Infatti tante opere sono intime, quasi “private” (alcune sono regali che LeWitt faceva ai suoi amici, ad esempio). Il dialogo è quindi guidato dall’unione fra i due artisti, a sottolineare la parte più profonda dei loro lavori. Ma non solo: come è stato menzionato, anche la dimensione “progettuale” è estremamente importante. Per entrambi l’Artista (con A maiuscola!) era colui che aveva l’idea, che progettava, colui che “inventava”, appunto, il concetto. La creazione di Baldessari e LeWitt si distacca completamente dalla tradizionale idea di artigianato. L’artista progetta, non fa. È noto il paragone di LeWitt, che affermava che l’artista è come un compositore, non come un suonatore.

Room 3_© Riccardo Gasperoni

La mostra si struttura in quattro delle sale della galleria, cronologicamente e seguendo un criterio “di forma”. Si accede tramite uno scalone di marmo rosso; appena uno comincia a salire sente una voce, una canzone: John dà il benvenuto ai visitatori; la videotape di Baldessari è proiettata sulla prima parete che uno vede quando entra. E uno, senza aspettarselo, si sente dire “Irrational thoughts should be followed absolutely and logically” (“I pensieri irrazionali dovrebbero essere seguiti assolutamente e logicamente”, quinta Proposizione sull’Arte Concettuale)…

Nella prima sala predominano opere di LeWitt degli anni ’70, le famose carte milimetrate, carte strappate, carte piegate…Queste dialogano con l’azzurro della stampa della carta da parati di “patate e lampadine” di Baldessari e il suo “I will not make any more boring art” (“Non farò più arte noiosa”).

Room 3_© Riccardo Gasperoni

Andando avanti, nella seconda sala, ci sorprende la composizione di due fotografie di Baldessari, Yellow slough with blue elephant (e i colori “giocano” coi marmi verdi e rossi di Palazzo Marietti…), 1989, in assoluto contrasto con un inchiostro colorato su carta di LeWitt del 1970, Senza titolo, sul camino.

Nella sala successiva, colori, piramidi, forme: opere di LeWitt prevalentemente degli anni ’80; da menzionare anche l’enorme Raised Eyebrows / Furrowed Foreheads: Arm (with Shadow) di Baldessari, opera del 2009, stampa d’archivio tridimensionale laminata con Lexan e montata su Sintra, con vernice acrilica.

Room 4_© Riccardo Gasperoni

Nella quarta e ultima sala, ci aspetta il grande capolavoro di Baldessari, Prima Facie (Second State): Kind, del 2005, che “guarda” una piccola opera di LeWitt, ancora un Senza titolo, una specie di foglio di un codice miniato medievale, bucato, del ’75. In un’altra delle pareti della sala vediamo la seconda carta da parati in mostra di Baldessari, questa volta rosa con una stampa di “orecchie e pretzel”. Su questa, parecchie opere di entrambi gli artisti a sorprenderci su quello sfondo; una parete di contrasti.

            In conclusione, tante idee, tanti concetti, tanti progetti, tante forme, tanti colori, tante opere…Ma tutto si fonde nella mostra di Paola Nicolin, fra le pareti della galleria di Tommaso Calabro, in modo da farci capire il legame affettivo, artistico, concettuale (!) che univa John Baldessari e Sol LeWitt.

Room 4_© Riccardo Gasperoni

Informazioni utili

From print to song – Baldessari Sings LeWitt

Fino al 10 luglio 2021

Galleria d’arte Tommaso Calabro

Piazza San Sepolcro 2

11 – 19 h, martedì – sabato

lunedì su appuntamento

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