La filosofia svolge un ruolo importante nell’aiutare gli individui a interpretare i problemi del proprio tempo, e Socrate, seppur appartenesse a un mondo molto distante da quello che noi conosciamo, stupisce ancor oggi per l’attualità del suo pensiero. Il modo con cui era solito interrogare gli altri e sé stesso gli valse l’appellativo di atopos (ἄτοπος), termine con cui veniva identificata la stranezza della sua persona e delle domande da lui poste.
In realtà questo aggettivo di origine greca, costituito da alpha privativa e tòpos, indica colui che è senza luogo, nell’accezione di chi, libero dai costrutti sociali imposti dalla società di appartenenza, è in grado di vivere senza condizionamenti né pregiudizi.
Atopos è dunque colui che non ricerca nel confronto la conferma della propria diversità e unicità, ma è consapevole di esserlo nel momento in cui decide di sfuggire alle contraddizioni del nostro tempo senza restarne assoggettato.
a.topos Venice è un collettivo curatoriale al femminile gestito da Fernanda Andrade e Lucia Trevisan. Dinamico, internazionale e in continuo rinnovamento, lo spazio proposto dalle due curatrici ha saputo inserirsi e differenziarsi in un panorama artistico molto ricco, ricercando una propria dimensione che fosse riconoscibile e inedita.
“Si tratta di un hub artistico, un laboratorio aperto e uno spazio poliedrico che può diventare all’occorrenza una galleria espositiva, uno studio per artisti, un luogo in cui si aprono colloqui e dibattiti tra artisti e promotori dell’arte e anche una stanza creativa per dare spazio ai nuovi talenti”: è questa la dichiarazione d’intenti affermata da Fernanda e Lucia nel descrivere a.topos.
Come il nome dell’associazione stessa suggerisce, i progetti vengono realizzati secondo un approccio transdisciplinare e intersezionale, indagando le questioni sociali del nostro presente e contribuendo alla nascita di un’etica imparziale, basata sulla diversità e sulla parità di genere. In questo è possibile riconoscere il pensiero alla base dell’intero progetto, che poggia sulla convinzione che l’arte costituisca la più potente forma di attivismo, e in virtù di ciò indirizzano tutte le loro attività verso la promozione di un cambiamento che sia politico, sociale e culturale. “Siamo aperte a tutti ma ci concentriamo principalmente nella promozione di artisti emergenti e nella lotta per l’equità all’interno delle arti. Questa scelta si fonda su due semplici ragioni: in primo luogo, sappiamo bene come la presenza di artiste sia allarmantemente ridotta rispetto alla partecipazione maschile. Ecco perché lavoriamo principalmente con artisti che si identificano come donne. È iniziato come una coincidenza ma è diventato infine un valore fondamentale della nostra pratica. In secondo luogo, la Biennale alza l’asticella dei nomi affermati e sappiamo quanto possa essere accidentato il percorso tra l’inizio e la garanzia di un posto al sole”, scrive così la curatrice Lucia.
Ripercorrendo a ritroso i progetti espositivi curati dal collettivo, sono tante le denunce emerse dai lavori presentati, come la rivalsa femminista nella storia dell’arte in Pure Pleasure, il tentativo di far affiorare sentimenti positivi nello spettatore attraverso i murales in The Sublime, the Voice of the Soul, l’invito a rispettare maggiormente la natura e le specie in via d’estinzione con Glacier Project.
Ma il loro impegno sociale non si limita qui. Se è vero che Venezia è una città incredibile, sede di uno dei principali eventi di arte contemporanea nel mondo, Fernanda vuole sottolineare quanto sia vero anche che ogni istituzione artistica presente in Laguna trae profitto dalla vivacità che la Biennale porta con sé e ricorda che, in quanto abitanti di Venezia, non ci si può dimenticare che un anno è fatto di dodici mesi e non solo di sei. Per questa ragione a.topos è attenta a mantenere vivo il programma per 365 giorni e a ossigenarlo coinvolgendo artisti emergenti e locali, che altrimenti faticherebbero a esporre in una città di questo calibro prima di avere una carriera ben avviata.
E con l’inizio della pandemia? L’attività di ricerca condotta dalle due curatrici non si è mai fermata, scegliendo di continuare a sostenere i giovani creativi e il loro talento. Sulla scia di quello che è da sempre l’impegno del Collettivo, nel dicembre 2021 lanciano l’open call THE CREATIVE ROOM, invitando gli aspiranti artisti partecipanti a inviare “proposte che affrontassero le sfide sociali imposte durante la pandemia COVID-19, come l’eccezionalità del lockdown e il distanziamento sociale. Come ricrearsi? Come esercitare lo sguardo verso l’esterno? Come ripensare il concetto di Sé, soggetto / oggetto?”.
Le opere selezionate sono state successivamente raggruppate seguendo un filo comune, fino a giungere all’ideazione di cinque mostre collettive: Building Bridges, Looking Within, Outside the Window, See You, Tomorrow, Camera Oscura.
La prima, Building Bridges, si è tenuta a maggio 2021 presso Palazzo Donà Brusa in Campo San Polo e ha presentato opere di Ylenia Modolo, Marianne Schmid, Collettivo AE (Luisella Zambon, Giancarlo Chirico e Gianluca Marasca), Pax Paloscia, omino71, Doris Schamp & Michael Gruber, Vera Vera, Karin Fink (in collaborazione con la comunità “Anthroponauts”), Agata Treccani, Colectivo Suspeito. Per questo primo progetto espositivo sono stati selezionati lavori che esplorano il rapporto con lo spettatore, in particolare ponendo enfasi su come esso sia mutato e si sia spostato sempre di più sul terreno digitale. Gli artisti coinvolti hanno così tentato, servendosi delle tecnologie più recenti, di dare una propria risposta alla crescente esigenza collettiva di autorinnovamento, assumendo un ruolo socialmente impegnato nella lotta all’emergenza sanitaria; hanno scelto di coinvolgere direttamente il pubblico all’interno del proprio processo creativo, realizzando delle opere che non fossero il risultato di un solo individuo ma il frutto di molteplici creatività. I risultati sono una proliferazione di ponti e scambi, dove ognuno può raccontarsi e raccontare la propria “finestra sul mondo”, scegliendo di restare connessi con altre persone per far fronte al senso di solitudine causato dal distanziamento sociale.
La mostra racconta aspetti differenti di questo anno segnato dalla pandemia e invita lo spettatore a fare altrettanto, ponendosi in stretto dialogo con le storie che animano le opere esposte. All’interno della sala si trovano il Ricettario per creare opere d’arte durante una pandemia di Ylenia, quattro delle cinquantasette opere del ciclo #iorestoacasa: la mia finestra sul mondo di Marianne, le 40 coloratissime carte realizzate dal Collettivo AE e i personalissimi tarocchi di Doris Schamp & Michael Gruber. Nel palazzo veneziano incontriamo #upanddown e #imposing di Vera Vera, lavori di denuncia contro la falsa identità che proponiamo sui social; Anthroponauts, il progetto realizzato per Instagram da Karin e il Collettivo Anthroponauts; Log in contemporary (art) e due delle opere del progetto Landscape, rispettivamente un podcast e due ritratti legati al concetto di luogo identificativo di Agata, e, infine, l’interfaccia digitale 2020: A Domestic Space Odissey del Colectivo Suspeito.
Dopo questa prima tappa espositiva, che coincide con l’apertura di una riuscitissima Biennale Architettura 2021, il programma si svilupperò attraverso una lunga serie di mostre che si susseguiranno fino alla fine di settembre; tra le più attese figura un progetto organizzato in collaborazione con la Ikon Gallery di Birmingham, che indagherà le più interessanti proposte e ricerche estetiche oggi diffuse fra le giovani generazioni di artisti.
Questo contenuto è stato realizzato da Alessandra Abbate per Forme Uniche.
a.topos – Palazzo Donà Brusa, San Polo 2177 – Venezia
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