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Piccoli respiri di libertà. L’arte italiana all’epoca dei totalitarismi

Afro Basaldella, La Basilica di Massenzio, 1939 Afro Basaldella, La Basilica di Massenzio, 1939
Afro Basaldella, La Basilica di Massenzio, 1939
Afro Basaldella, La Basilica di Massenzio, 1939

Per molti decenni del secolo scorso l’Arte europea è stata asservita alla Politica, in una drammatica condizione per la libertà espressiva.

Esattamente 90 anni fa, nel 1931, fu allestita la Prima Quadriennale di Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni. Finanziata dal Comune e dallo Stato, svolse la sua attività fino alla caduta del Fascismo, con quattro esposizioni nel 1931, nel 1935, nel 1939, e nel 1943. Era stata pensata e guidata con determinazione dal pittore classicista, critico d’arte e deputato fascista, Cipriano Efisio Oppo.

Erano cinquecento gli artisti selezionati, e appartenevano alle correnti di Valori Plastici, Novecento, Metafisica e Futurismo. Oppo aveva la capacità di sapersi muovere con destrezza tra gli inevitabili contrasti; in qualità di Segretario Generale, riusciva a mantenere l’equilibrio fra tutte le tendenze vecchie e nuove, e tra tutti quelli che esponevano, gratificandoli con riconoscimenti ufficiali e qualche metro di parete.

Ma a guastare la serenità bilanciata dall’abile organizzatore fu il discorso pronunciato da Papa Pio XI, il 28 ottobre del 1932, in occasione dell’inaugurazione della nuova Pinacoteca Vaticana. Il Pontefice non fece sconti alle “novità dal progresso”, affermando che “troppo spesso questi pretesi nuovi sono sinceramente, quando non anche sconciamente brutti (…) troppo somigliando a certe figurazioni che si trovano nei manoscritti del più tenebroso Medioevo, quando si erano perdute nel ciclone barbarico le buone tradizioni antiche”.

M. Sironi,Vittoria alata, 1935, cartone, Milano, collezione Isolabella
M. Sironi,Vittoria alata, 1935, cartone, Milano, collezione Isolabella

Ed è un’imbarazzante coincidenza che, cinque anni dopo, Adolf Hitler, mettesse alla gogna le ricerche dei pionieri dell’arte del Primo Novecento europeo; carente della cultura e dell’eleganza papale, seguì i suggerimenti del suo Ministro della Cultura Joseph Goebbels. Al pubblico di undici città tedesche toccò assistere a un tour di circa trecento opere di ambito Cubista, Dadaista, Espressionista e Surrealista, tutti riuniti sotto l’infamante epiteto di Arte Degenerata. In compenso mise in scena nelle sale vuote dei musei lavori di artisti tedeschi che ritraevano nudi di maschi atletici, donne bionde dagli occhi azzurri e sorriso raggiante, i nuovi alfieri della pura bellezza ariana.

Nel 1939, a seguito del Patto d’Acciaio tra Hitler e Mussolini, mutò di colpo il multiforme scenario ideato da Cipriano Efisio Oppo. Molti artisti di regime, come Maggi, Tosi, Carena, Balla, Sironi, Soffici, Rosai, si allinearono alle celebrazioni imperiali. Altri, per sopravvivere, si adeguarono, realizzando retoriche immagini di lavoratori dai volti solari, contadini e contadine al lavoro nei campi.

Nel contempo, per finalità politiche del tutto simili a quelle della Germania nazista, e per tre stagioni dal 1939 al 1941, fu ideato il Premio Cremona. Deus ex machina dell’evento, e in stretti rapporti con Goebbels, fu il gerarca Roberto Farinacci. Indicative le tematiche imposte ai partecipanti: La battaglia del grano, La Gioventù Italiana del Littorio, Dal sangue la nuova Europa; la giuria era composta da Ugo Ojetti, Giulio Carlo Argan, Ardengo Soffici, ArturoTosi.

Cipriano Efisio Oppo, Ritratto di banchiere (1923)
Cipriano Efisio Oppo, Ritratto di banchiere (1923)

Nello stesso triennio molti giovani artisti scelsero di opporsi alle imposizioni del Regime. Al chiuso dei loro studi, oppure accomunati nei gruppi dei Sei di Torino, della Scuola Romana, e di Corrente a Milano, individuarono linguaggi espressivi d’avanguardia, che riconducevano ai ribaltamenti linguistici del Cubismo o al Picasso di Guernica.

Fra questi il giovane pittore Afro Basaldella si applicava con fervore alla dissezione astratta e alla ricostruzione sintetica dei piani. Importante membro attivo della Resistenza, scelse tuttavia di salvare il suo vecchio insegnante, Cipriano Efisio Oppo, che aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana, ottenendo la cattedra di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Oppo era stato nazionalista sin dagli anni giovanili, ma fascista innocuo, e pittore che guardava alla bellezza formale dei maestri del Rinascimento. Il suo allievo lo portò in salvo da Venezia a Roma, ormai liberata dagli Alleati. Purtroppo non ci è dato di sapere se durante il rischioso percorso verso la Capitale, maestro e allievo si siano confrontati su Piero della Francesca e su Pablo Picasso.

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