Marc Chagall (Vitebsk 1887- Saint-Paul-de-Vence 1985) sfugge continuamente alle etichette in nome di una libertà creativa senza limiti, ma abilmente e saldamente controllata, tenuta sul filo di una inesauribile fantasia. In un periodo storico in cui nasce il Cubismo e il Futurismo, a contatto con artisti come Apollinaire, Cendrars, Soutine, Modigliani, il giovane ebreo arrivato dalla Russia sembrava aver portato con sé tutta la sostanza della sua opera, l’essenza di un’arte già forte di per sé, ma pronta a ricevere e assimilare le influenze culturali del Paese che sarebbe divenuto la sua seconda patria.
Chagall attraversa tutte le avanguardie, le riconosce, le ama, ma rimane sempre sé stesso, con la sua volontà di illogismo, convinto che il non logico, l’irrazionale, sia spesso ciò che più si avvicina alla verità. Chagall il magicien ci trascina nel mondo del sogno, getta sulla tela il suo teatro di tutte le libertà, dove anche i desideri più assurdi si possono realizzare, dove tutto è possibile e niente obbedisce alle leggi del tempo, dello spazio, della gravità.
L’artista racconta sulla tela, sulle vetrate, nelle scenografie, storie strane e poetiche, che nelle immagini raccolgono una complessità di significati, vi getta dentro la vita, l’amore, il sogno, abbatte la barriera degli elementi e dei regni, della realtà, dell’irrealtà, traducendo in linguaggio plastico le tracce del sogno come essenza degli esseri e delle cose. Nel corso della sua lunga vita ha sempre mostrato una specifica predilezione per i ritmi e le armonie musicali, figlio di musicisti, fin dall’infanzia pratica la musica tradizionale ebrea, conosce e ama quella popolare russa delle feste e dei circhi, tra i suoi amici più cari ebbe compositori come Rostropovich e Messiaen, collaborò con Ravel e Balanchine… Il suo stesso processo creativo presenta molte affinità con la composizione musicale quando porta nel colore e nella materia ritmi, variazioni, assonanze, dissonanze creando delle vere e proprie sinfonie visive.
La magia dei colori e dei suoni sono un indispensabile supporto alla sua creazione poetica: “Ma Vie”, un quadro imponente, (tre metri per quattro), gelosamente custodito nella Fondazione Maeght di Saint-Paul-de-Vence, racconta la sua biografia, ma anche il suo amore per la vita e per la musica, dall’infanzia alla maturità, figure e coppie di amanti fluttuano nell’aria fra violinisti, giocolieri, suonatori di flauto. La musica è anelito a un ordine altro, ineffabile, sfera fondante che sfugge alla presa dei concetti, come la definì un altro suo illustre conterraneo, l’ebreo russo Vladimir Jankélévitch, celebrato filosofo e musicologo, che nella musica percepì un percorso privilegiato verso quella filosofia prima, nella quale senso e non-senso si fondono e in cui empiria e trascendenza cospirano felicemente alla rivelazione del senso più autentico dell’esistenza.
Adorato da Diaghilev che gli affidò le scenografie e i costumi di alcuni fra i Balletti russi più famosi, L’Uccello di fuoco, Aleko, Dafni e Cloè, Il flauto magico, gli spettacoli furono l’occasione per mettere la sua arte in dialogo con la musica e uno dei suoi massimi capolavori, il Soffitto dell’Opéra di Parigi, commissionato su invito di André Malraux allora Ministro della Cultura, fu l’occasione per il pittore-melomane di raffigurare le opere di 14 compositori, Moussorgsky, Mozart, Wagner, Berlioz, Rameau, Debussy, Ravel, Stravinsky, Tchaikovsky, Adam, Bizet, Verdi, Beethoven, Gluck. Contrassegnato dal suo inconfondibile stile, l’immenso affresco sul soffitto della Grande Salle, 220 metri quadri, le cui immagini si stagliano su un fondo bianco, venne inaugurato Il 23 settembre 1964 grazie alla determinazione di Malraux e alla tenacia del pittore, allora 77enne.
Il Museo di Nizza accoglie una delle più ricche e significative collezioni delle sue opere
A Nizza il museo a lui dedicato e inaugurato nel 1973 porta il nome di Musée National Message biblique Marc Chagall poiché è stato creato per contenere le diciassette pitture e l’insieme dei disegni preparatori che l’artista donò allo Stato francese nel 1966, ma accoglie anche una delle più ricche e significative collezioni delle sue opere. A sottolineare l’importanza della musica nel lavoro dell’artista, oli, disegni, collages, ceramiche, schizzi per opere e costumi, film, balletti raccontano una passione condivisa anche dai familiari e dagli amici e ne sottolineano alcune costanti, la musica dell’infanzia, la musica dei riti e del teatro d’arte ebraico, una grande tela è consacrata al re musico David, fra le figure più straordinarie del Messaggio Biblico attorno a cui si organizza tutto il Museo.
I profeti coabitano con i giocolieri e i musicanti, Mosè impugna le tavole della legge mentre violinisti e suonatori di flauto cantano la poesia della vita. Nelle ampie sale si ammirano i grandi dipinti che illustrano la Genesi e l’Esodo (1954-67) e il ciclo sul tema del Cantico dei Cantici (1960). Popolare e profondo, il suo mondo è figlio della cultura chassidica, le sue immagini, immediatamente riconoscibili, sono un affascinante romanzo yiddish ricco di humour nelle scene dove l’illusione visiva si veste di splendidi colori. “Les Arlequins”, “Les comediens”, gli acrobati, i danzatori, le cavallerizze del “Circo rosso”, capolavoro del 1967 sono allegorie, dell’artista e della propria vita, che generano sentimenti di emozione, piacere, gioia di vivere. Nella sala esagonale dell’Auditorium dalle grandi vetrate asimmetriche da lui decorate sul tema della Creazione, si tengono raffinati concerti da camera (da ammirare il clavicembalo dipinto nel 1980).