La Camera del Lavoro di Milano ha da poco arricchito la sua collezione d’arte con sette opere del progetto Ore 18.00. L’orario è finito del fotografo Massimiliano Camellini.
Le opere, collocate su uno dei due scaloni principali del palazzo di Corso di Porta Vittoria, sono state allestite da Luigi Attilio Brianzi che ha coadiuvato e coordinato la donazione alla Filcams CGIL.
Immagini che si inseriscono coerentemente nel solco della tradizione del rapporto tra arte e lavoro. Il progetto restituisce la fabbrica tessile Leumann di Collegno, anni dopo la sua chiusura. Spazi lasciati intatti dall’ultimo giorno di lavoro, utensili, macchinari, indumenti che testimoniano un tempo bloccato, immobile. Come scrive la curatrice del progetto Manuela De Leonardis Il villaggio e la fabbrica hanno una loro maestosità con il profilo severo ad un passo dalla storia, dentro e fuori i circuiti di una memoria collettiva e personale.
Osservatore discreto, Massimiliano Camellini si lascia prendere per mano dal luogo, assaporandone il fascino e rintracciando, contemporaneamente, i sentimenti del vissuto e la parabola del sogno industriale. La sua ascesa, la caduta.
Stanza dopo stanza – dagli spogliatoi alla mensa, dall’infermeria al magazzino, al laboratorio chimico, alla sala tessitura, agli uffici amministrativi – egli inquadra frammenti personali inglobati all’unisono, dettagli assorbiti dal buio e allineati nella griglia del dovere, che trovano una personalizzazione nell’anonimato della catena di montaggio.
La camera del lavoro di Milano, il cui palazzo è stato da poco ristrutturato, prosegue quindi quel dialogo, iniziato nel Novecento e oggi ancor più urgente, tra mondo del lavoro e arti figurative, testimoniato dalle importanti opere conservate all’interno dei propri spazi tra cui Mario Nigro, Emilio Tadini, Luigi Veronesi, Agostino Bonalumi, Antoni Tàpies, Juan Genovés e il collettivo Equipo Crónica.
La fotografia, in modo particolare, ha sempre accompagnato le grandi lotte sindacali, le piazze che chiedevano diritti, le fabbriche occupate. Basterà ricordare l’impegno di fotografi come Uliano Lucas, Silvestre Loconsolo e Tano D’amico, che hanno contribuito al dibattito pubblico con una testimonianza iconografica che ha dato volto e memoria alle dinamiche politiche del Novecento italiano. Immagini che, in alcuni casi, sono diventate icone, veri e propri manifesti a cui appellarsi. Perché la fotografia, anche quando insiste sulla quotidianità politica e sociale, ha spesso la capacità di sintetizzare la Storia scandendo il tempo e i suoi accadimenti, trasformando la cronaca in racconto popolare, patrimonio condiviso. Camellini nella sua ricerca ha spesso affrontato il tema del lavoro, seppur da angolazioni molto diverse, nel caso specifico del progetto Ore 18.00. L’orario è finito la riflessione si allarga agli spazi che il lavoro occupa, agli oggetti che abitano la fabbrica, a quegli indizi che ricostruiscono una quotidianità vissuta e partecipata.