Fino al prossimo 5 settembre è in scena il secondo appuntamento del progetto ‘Venere divina. Armonia sulla terra’ di Palazzo Te a Mantova, un ciclo di mostre ed eventi che si svolgono durante tutto il 2021. La prima tappa è stata inaugurata lo scorso 21 marzo con la riapertura dell’stituzione culturale e l’esposizione di due pezzi in prestito: un arazzo di Nicolas Karcher su cartone di Giulio Romano e una Afrodite velata, scultura romana del II sec. a.C. appartenuta all’artista fiammingo, che arriva da Palazzo Ducale. Quest’ultima si può vedere nella Camera del Sole e della Luna ed è stata il modello, l’ispirazione per uno degli stucchi del soffitto. Il progetto nasce assieme alla ricerca di Claudia Cieri Via, curatrice e professoressa di iconologia e iconografia alla Sapienza di Roma, che ha voluto creare un percorso che segua tutte le raffigurazioni di Venere a Palazzo Te (oltre ventotto!), una specie di “caccia al tesoro” fra stucchi e affreschi.
La seconda iniziativa è una mostra curata da Claudia Cieri Via e da Maria Giovanna Sarti; arriva a Mantova la Venere che benda Amore del Tiziano, prestito della Galleria Borghese. Il quadro, nell’ultima sala del percorso espositivo di Palazzo Te, è stato datato intorno al 1560-1565 ed è stato recentemente sottoposto ad indagini che hanno permesso di identificare diversi momenti della creazione dell’opera, figure nascoste ed altri pentimenti; la originale struttura della composizione è stata completamente modificata dal maestro. Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, spiega come questo intero ripensamento dell’opera sia distintivo del modus operandi degli ultimi anni della carriera di Tiziano, il che aiuta a datare il quadro. La Cappelletti spiega come la particolarità della composizione (il centro del quadro è vuoto…), la resa morbida del colore e la tenerezza del soggetto: Venere benda, annoda attorno alla testa del piccolo Amore un nastro, mentre un altro putto si appoggia sulla spalla della dea.
Francesca Cappelletti e Stefano Baia Curioni, direttore della Fondazione Palazzo Te, hanno trasmesso la felicità e la soddisfazione di vedere finalmente questo quadro a Mantova. Hanno parlato entusiasti di come questa sia una meravigliosa occasione per tornare nei musei, in presenza, una opportunità per ripartire.
Tornando fra le sale del palazzo: Claudia Cieri Via ha indicato alcune delle tantissime raffigurazioni di Venere su cui ha svolto la sua ricerca, che è stata pubblicata in occasione di questo ciclo di mostre nel volume “Venere a Palazzo Te”. Venere, in tutte le sue forme e diverse iconografie, corre, balla, gioca, ci seduce dalle pareti; con delfini, nuda, velata, con Amore; in atteggiamenti pudici, erotici, materni, tranquilli…Particolarmente suggestive, quelle degli stucchi della Camera del Sole e della Luna: una di loro, chiamata Venere spinaria, seduta, si toglie una spina dal piede, tradizionale iconografia antica; o una Venus Pudica che imita una raffigurazione della stessa dea in un affresco di Villa Farnesina, di Raffaello, maestro di Giulio Romano. Impressionante anche per le dimensioni quella Sala dei Cavalli, la cosiddetta Venere Marina, con accanto un delfino, la cui postura imita la tradizionale posizione della Afrodite di tipo Capitolino, spiega la curatrice.
Cieri Via ha parlato anche del Tiziano: ha fatto notare come il blu del panneggio di di Venere richiami il blu delle montagne, e il rosso dei drappi, quello della tenda e delle labbra dei personaggi, e il rosa delle gote della dea, la luce del cielo.
Diderot scrisse nell’Encyclopédie nel 1751 che Bello è ciò che suscita nel nostro intelletto “l’idea di rapporti”. E nel Tiziano li troviamo, questi rapporti: fra i colori, fra le forme, fra le luci luce; ma non solo: giocano, si giostrano tra di loro anche tutte le Veneri dei soffitti e delle pareti, gli stucchi dialogano con l’arazzo, con la statua, con il quadro.
Bella la mostra, bello il Tiziano; il tutto all’interno della splendida cornice che è Palazzo Te, con i suoi colori, i suoi soffitti, i suoi stucchi, i suoi affreschi e il genio di Giulio Romano che guida il visitatore fra le sale lasciandolo perennemente a bocca aperta.