Maurizio Cattelan e Damien Hirst: più che due artisti, sembrano giganteschi brand. Al momento sono i protagonisti di due importanti mostre a Milano e Roma, che immaginiamo alimenteranno ulteriormente il loro già elevato successo sul mercato.
«La voglio disperatamente» scriveva in un post Instagram, Damien Hirst, nell’agosto 2020. Cosa voleva? La banana, ovviamente; quella di Maurizio Cattelan, naturalmente. Il frutto che provocatoriamente l’artista italiano aveva affisso (e venduto, per €120 mila) al muro della galleria Perrotin durante Art Basel Miami 2019. «Un classico dispositivo per l’umorismo» si era detto a quei tempi. «Siamo alla frutta» commentava in modo ironico qualcun altro.
Comunque la si voglia vedere, la banana dorata riverbera lo spazio di ambiguità artistica in cui sia Cattelan che Hirst sguazzano da sempre con successo. Il primo dissacrando la vita, il secondo flirtando con la morte. Entrambi esacerbando le facoltà di un mercato che li vede primeggiare. Artistar di fascia alta, veri e propri brand piuttosto che artigiani di bottega. In un sistema dell’arte patinato dove la creatività risiede anche nel modo di comunicare, i due paiono fuori concorso. Sono loro ad averlo inventato, sono loro a trarne ancora i più grandi benefici. A testimoniarlo due mostre che, da Milano a Roma, li vedono protagonisti dell’estate espositiva.
Breath Ghosts Blind – Pirelli HangarBicocca, Milano
Maurizio Cattelan è tornato in Italia dopo il rimangiato ritiro dalle scene del 2011. Ha scelto Milano, ha scelto Pirelli HangarBicocca. La carica provocatoria dell’artista a riempire gli immensi spazi del museo. Solo tre opere – Breath Ghosts Blind – a disinnescare l’ingombrante metratura e a dare nome alla mostra. Si rivedono i suoi ormai celebri piccioni tassidermizzati (Ghosts), già presentati in diverse occasioni tra cui la Biennale di Venezia del 1997. Sono tanti, sono immobili: minacciosi come un presagio mai concretizzato. Non come la tragedia verificatasi l’11 settembre 2001, giorno dell’attentato alle Twin Towers. Cattelan la commemora (ed esorcizza) con un pilastro in resina nera (Blind) la cui sommità è perforata da un aeroplano. Una curiosità: l’artista avrebbe voluto esporre l’opera anche nel 2017, al Solomon R. Guggenheim di New York, ma il museo aveva preferito evitare per non ridestare il trauma. E poi, ancora una volta, la natura angosciante dell’esistenza schiaccia un uomo e un cane (Breath), perfettamente bianchi (marmo di Carrara), raccolti in posizione fetale come a proteggersi.
Nel complesso, un Cattelan dagli inediti tratti intimistici, quasi mistico nella riflessione esistenziale. Dove ritroviamo i toni dissacranti a cui ci ha abituato? Sul mercato secondario, e dove se no. Lì dove i collezionisti cercano il Cattelan più conosciuto, l’artista sta vivendo un periodo positivo. Nel 2020, pur vendendo solo due lotti in più del 2019 (57 contro 55), ha visto i suoi prezzi crescere in media dell’88,9% e il fatturato complessivo superare i €2,5 milioni. Il miglior momento sul mercato dopo il picco toccato nel 2016. Proprio a quell’anno risale la vendita più preziosa dell’artista padovano. Him (2001), celebre scultura raffigurante il volto minaccioso di Hitler su un corpo inginocchiato dalle fattezze infantili, era stato battuto da Christie’s per €13,3 milioni. Per distacco il miglior risultato in asta. Basti pensare che al secondo posto troviamo Untitled (2001), dove una scultura con le fattezze dell’artista sbuca dal pavimento, venduto a €5,5 milioni.
In tempi recenti (2020) un risultato simile è stato sfiorato solo da un altro Untitled (2007), la scultura di una donna quasi crocefissa a un materasso valutata €1,4 milioni. Nello stesso anno la figura del pinocchio annegato (Daddy Daddy, 2008) ha totalizzato €900 mila. Nel 2021 sono già stati battuti 27 lotti di Cattelan sul mercato. Valore che, se dovesse raddoppiare nel secondo semestre dell’anno, lo porterebbe in linea con il trend, in rialzo dopo le flessioni del 2018-19. Quanto al fatturato, servirà una spinta nelle successive vendite per superare i risultati dell’anno precedente. Che la mostra milanese possa essere l’espediente giusto? Ci attendiamo preziosi piccioni all’incanto.
Archaeology now – Galleria Borghese, Roma
Damien Hirst arriva a Roma a bordo dello stesso naufragato galeone con cui a Venezia, Palazzo Grassi (2017), aveva allestito una delle sue mostre più celebri: Treasures from the Wreck of the Unbelievable. Il porto che lo accoglie è Galleria Borghese, sede di una delle più importanti collezioni italiane di arte classica. Tra Bernini e Caravaggio, ecco spuntare i “reperti archeologici” del leader degli Young British Artist. Sono vere opere provenienti da un finto relitto fintamente recuperato dalle profondità marine. Operazione testimoniata da un altrettanto fittizio documentario proiettato nel museo.
Realizzati in materiali pregiati, ma coperti dalle incrostazioni del tempo, i lavori fanno riferimento a un disparato universo figurativo dove trovano spazio miti di ogni tempo miscelati a riferimenti pop e contemporanei. Artificio narrativo che avvicina la mostra – Archaeology now – a un romanzo. Cortocircuito tematico capace di innescare rimandi concettuali, iconografici e scenografici. Teatro di finzioni dove la realtà si mischia alla fantasia e crea uno spazio esperienziale dai confini ambigui. Ovvero le atmosfere in cui Hirst si trova più a suo agio e che in sede di mercato l’hanno sempre premiato.
Cos’è stata, se non uno spettacolo, l’incredibile vendita che vide l’artista protagonista nel 2008 da Sotheby’s? 223 opere vendute in meno di 24 ore per $200 milioni. Pur lontano da questi inarrivabili fasti, Hirst continua a essere una superstar. Nel 2020 ha venduto 405 lotti (il numero più alto dal 2008) e nel 2021 è già a 305. Se mantiene questi livelli (e valori) di vendita, con buona probabilità otterrà il miglior risultato, in termini di fatturato, da 13 anni. L’obiettivo è superare i €22,5 milioni del 2017.
Il misterioso relitto aiuterà? In passato già l’ha fatto: The Warrior and the Bear (2015), esposto a Venezia nel 2017, è stato venduto a maggio 2021 per €2.3 milioni. Stessa storia per Mickey (2016) ceduto da Christie’s nel 2020 per €1,6 milioni. Se è vero che oggi in media un’opera di Hirst vale €28 mila (nel 2008 era €229 mila), d’altra parte l’artista britannico è stato spesso oggetto di grandi vendite inaspettate. In tempi recenti si segnalano Away from the Flock (aggiudicata nel 2018 da Christie’s per €3.1 milioni) e The Stygian Shore (venduta nel 2019 da Sotheby’s a €1,9 milioni. Siamo pronti a scommettere che quest’anno il grande colpo riemergerà dalle profondità degli abissi.