Fino al 26 settembre a Basilea si potrà visitare la mostra di Kara Walker, A Black Hole is Everything a Star Longs to Be. L’esposizione si svolge all’interno dell’ala nuova del Kunstmuseum della città svizzera e raccoglie circa 600 opere, la maggior parte delle quali mai esposte, dell’artista statunitense.
I lavori, non necessariamente “the best of”, vengono esibiti per la prima volta al pubblico grazie all’opera della curatrice del museo svizzero, Anita Haldermann. I disegni, bozze, ritagli di giornali, dipinti, silhouette, dipinti erano sino ad oggi rimasti chiusi nei cassetti dell’artista perché considerati troppo intimistici e privati. Nonostante il visitatore si trovi immerso in una quantità enorme di oggetti e quadretti, la sua attenzione non viene mai meno grazie a due espedienti: il primo è che non vi è un percorso cronologico, ma tutte le opere sono esposte arbitrariamente in modo casuale. È quindi possibile passare da una sala all’altra dell’esposizione o da un lavoro all’altro senza perdere così quel filo che tiene legate le singole opere. Il secondo espediente è che, inserite tra i lavori, vi sono frasi d’effetto che riescono a mantenere sempre viva l’attenzione dello spettatore, che altrimenti verrebbe a scemare tra i molteplici disegni e le silhouette, a volte ripetitivi per chi non mastica questo tipo di arte.
Chi non conosce Kara Walker, artista afroamericana statunitense, rimarrà disorientato nel leggere neologismi o nel venire a sapere che lei stessa ama definirsi e riferirsi ai suoi co-etnici con termini come “negress” (negra) o “nigger” (negro) parole considerate estremamente offensive nel vocabolario sociale statunitense.
Chi non conosce l’estro di Kara Walker, artista eclettica e trasgressiva, potrebbe rimanere titubante di fronte alle sue rappresentazioni di genere, dove gli uomini vengono ritratti incinti e le donne con genitali maschili. La mostra di Basilea, quindi, può lasciare indecisi e sconcertati gli spettatori, ma la sua visita non si può certo dimenticare. Per la Walker la storia statunitense è costellata da razzismo e schiavitù, una verità che per la “negress” cinquantenne di Stockton, California, si è rivelata in tutta la sua potenza quando ha letto Via col vento, con quella netta dicotomia tra “schiavi felici” e “schiavi ignoranti”.
In questo contesto, per la Walker, l’unico in grado di liberare i negri dal razzismo e dalla schiavitù che ancora oggi imperante negli Stati Uniti, è stato Barak Obama, al quale ha dedicato quattro tra le sue opere più famose: due dipinti e due disegni.
Quando gli ospiti si trovano di fronte al primo di questi quattro lavori, Barak Obama as Othello “The Moor” With the Severed Had ag Iago in a New and Revised Ending by Kara, l’occhio e la forma mentis si sono già assuefatti allo stile della padrona di casa.
Vedere quindi un Obama vestito da Otello che tiene tra le mani all’altezza del grembo il faccione di Donald Trump, non può che far strappare un sorriso. La rivoluzione nera auspicata da Kara Walker passa anche attraverso la letteratura classica, stravolgendo le trame dei libri più famosi camminando così in parallelo con i movimenti Black Lives Matter e il revisionismo storico in chiave antirazzista.
Donald Trump, il Satana razzista e xenofobo secondo Kara Walker, viene rappresentato in vari modi dall’autrice: in chiave satirica sotto forma di un grasso maiale nel Barak Obama as “An African” with a Fat Pig (by Kara Walker), dove il primo presidente “nigger” è disegnato in costume tribale africano (una chiara allusione alla falsa notizia secondo cui Obama sarebbe nato in Kenya) o in chiave religiosa come diavolo che tormenta un Obama martirizzato in Barak Obama Tormented Saint Anthony Putting Up With the Whole “Birther” Conspiracy. L’unica salvezza per l’immonda nazione statunitense può venire solo dal Dio-Obama, Messia, Salvatore rappresentato ne Allegory of the Obama Years by Kara E. Walker, 2019, in cui il volto dell’ex presidente nero splende di luce propria facendosi spazio tra le nuvole cariche di pioggia lanciando sprazzi di speranza ai negri statunitensi, rappresentati da una donna nuda che lancia le braccia verso il cielo per cercare protezione.
La trasformazione mistico-religiosa di un personaggio politico, pur valente e apprezzato, come Obama, ha fatto storcere il naso a molti artisti, sempre refrattari a condizionamenti e a farsi imbrigliare in schemi ben definiti.
Ma se Kara Walker è stata criticata per questa sua presa di posizione, non vi è dubbio che nella mostra di Basilea sia riuscita a trasformare la sua stella Obama in un buco nero verso cui si dirige tutta l’attenzione del visitatore. E tutto il resto diventa mero contorno.