Il Museo Unico di Roma. In questa settimana a Roma non si è parlato d’altro. E ben venga, verrebbe da dire. Dopo tanto tempo quella che sembra essere più che altro una provocazione del candidato sindaco Calenda, riporta il problema dell’offerta culturale della Capitale al centro della scena politica locale
L’Ipotesi del Museo Unico di Roma
In questa settimana a Roma non si è parlato d’altro. O meglio, appassionati d’arte e addetti ai lavori non hanno parlato d’altro. La proposta del candidato Sindaco Carlo Calenda di creare un grande museo unico romano – accorpando le collezioni romane nazionali e comunali nei tre palazzi del Campidoglio – ha generato un fervido dibattito sui social e i mezzi d’informazione. Uno dei punti chiave di questo progetto, infatti, riguarda la collezione dei Musei Capitolini. Che finirebbe per confluire in quella ipotetica del mega museo, in grado di ricostruire l’intera storia di Roma, ad oggi frammentata in più musei sparsi (Palazzo Altemps, Palazzo Massimo, Museo della Civiltà Romana). Trattandosi di quello che, anche grazie a Winckelmann, sappiamo essere il museo pubblico più antico del mondo, è chiaro che l’uscita di Calenda ha suscitato la quasi unanime bocciatura dei vari addetti ai lavori.
Non intendiamo appesantire la discussione elencando nel dettaglio il progetto di Calenda (che per completezza potrete leggere dal suo programma). E ancor meno, aggiungere alla marea di opinioni e stroncature varie anche la nostra. C’è tra l’altro da osservare che alcune proposte, a parte quella del museo unico, sono indubbiamente interessanti. Come quella di liberare il Campidoglio di tanti uffici comunali, o la costruzione di un ostello per i turisti più giovani.
Stroncatura quasi unanime per il museo unico di Roma
L’elenco delle ragioni per le quali l’ipotesi di un museo unico romano è non solo irrealizzabile dal punto di vista prettamente museologico, ma anche mal posta proprio dal suo concetto di origine di farne una sorta di omologazione dei grandi musei nazionali europei, è stata già evidenziata da storici dell’arte, curatori, critici e giornalisti. Trovando una perfetta sintesi nell’editoriale del Direttore di Finestre sull’Arte Federico Giannini che ha reso il dibattito leggibile anche per i non addetti ai lavori.
Dal critico d’arte Tomaso Montanari alla docente Ilaria Miarelli Mariani, dalla direttrice della Galleria nazionale in palazzo Barberini Flaminia Gennari Santori al Professor Andrea Carandini, tutto il mondo accademico e della comunicazione ha evidenziato, tra le tante osservazioni, come la frammentazione delle collezioni rappresenti quella stratificazione storica che fa di Roma un museo diffuso a cielo aperto che la rende unica al mondo.
Roma è Roma. Non sarà mai la Disneyland del turismo di massa
Ma l’ex Ministro dello Sviluppo Economico rilancia. E continua a snocciolare dati economici dimostrando come i biglietti dei vari musei romani registrino numeri di certo non paragonabili alle grande capitali europee. A prescindere dall’elementare constatazione che vendere il maggior numero di biglietti d’ingresso non è proprio la funzione principale di un museo, sarebbe un errore girarsi sdegnosamente dall’altra parte e bocciare in tutto e per tutto le osservazioni di Calenda. Roma non sarà mai la Disneyland del turismo di massa, e chi vuole approfondire la storia di Roma non ha bisogno di certo di girare le sale di un mega museo che ne racconti la storia millenaria. Basterebbe ripensare l’offerta didattica del Museo della Civiltà romana, arricchendola con alcune opere originali (prestiti, rotazioni o attingendo ai depositi degli altri musei ) e magari, se possibile, riaprirlo (osservazione ironica).
Piuttosto, le più recenti tendenze puntano a fare sempre di più dei musei dei luoghi d’incontro e non solo da visitare una o due volte nella vita. Presentazioni di libri nei bookshop, laboratori, caffetterie, iniziative varie e mostre temporanee, mirano sempre di più a “fidelizzare” i propri visitatori.
Museo unico, il lato positivo della proposta (o provocazione) di Calenda
Tuttavia, il leader di Azione ha avuto il merito – del resto riconosciuto anche da molti che hanno bocciato senza mezzi termini la sua proposta – di aver aperto un dibattito su un tema che fino ad ora sembrava assente in questa campagna elettorale che precede le amministrative.
A dir la verità, un dibattito assente da anni su quello che non va nell’offerta culturale della Capitale. Considerato forse un argomento “radical chic” da alcuni ma che per una città come Roma dovrebbe rappresentare invece linfa vitale di cui nutrirsi. Calenda ne ha fatto un punto essenziale della sua agenda politica in un momento topico della campagna elettorale. E poco importa se, come pensano in molti. si tratti di una provocazione cattura visibilità.
Gli annosi problemi della Capitale
Sui problemi della Capitale – dalla sporcizia all’arredo urbano poco curato – che vanno ad incidere negativamente sull’offerta culturale si apre un mondo dove davvero non si sa da dove cominciare. A partire dal trasporto pubblico ovviamente, che rende quello che dovrebbe essere il meraviglioso tour della città, una sorta di safari metropolitano.
Così come quelli più propriamente tecnici. Ha ragione Calenda quando sottolinea che gli apparati didascalici di alcuni musei , tanto per fare un esempio, non sono in grado di rendere leggibile la complessità delle collezioni nel loro contesto storico così come è inammissibile che Palazzo Massimo apra al pubblico dalle 14.00 in poi. Ha ragione Calenda su molti dei disservizi che elenca. Poi di cosa pensiamo della sua ricetta per risolverli, ne abbiamo in parte già parlato.
I Musei Capitolini non rappresentano quella sorta di collezione statica come è stata descritta. Le mostre temporanee organizzate negli ultimi anni hanno unito al rigore scientifico anche un proficuo dialogo tra le opere della collezione. Che, con il contributo dei vari prestatori esterni, le hanno meglio contestualizzate nel tempo e nello spazio. Una su tutte, la splendida mostra dedicata al già citato Winckelmann. Non c’è dubbio però che, come ha sottolineato lo stesso Calenda, l’apparato didascalico della collezione permanente non sia proprio a misura di un visitatore a corto di nozioni. E si tratta di un problema che riguarda anche molti altri musei della Capitale, compresi quelli statali.
Museo unico di Roma: il biglietto unico ipotizzato da Sgarbi
La comunicazione va ripensata e arricchita dal contributo dell’intelligenza artificiale così come dei social media. Il trasporto dovrebbe essere ridisegnato proprio intorno al patrimonio artistico permettendo di muoversi con linee dedicate da un museo (o area archeologica) all’altro. E soprattutto, come ha anche proposto Vittorio Sgarbi – che ha in parte accolto favorevolmente le ipotesi di Calenda – occorre una rete tra i musei civici e statali della Capitale.
Se il noto critico d’arte ci ha abituati alle sue provocazioni, la proposta di un biglietto unico appare una delle risposte più concrete e sensate alle questioni sollevate da Calenda. A proposito del confronto con il Louvre Sgarbi afferma che “Parigi è il Louvre. E Roma è l’insieme dei suoi musei e della sue aree archeologiche, che convivono. Roma deve essere un museo continuo, senza divisioni tra comunali, statali e privati, visitabile con un solo biglietto, dai Musei Capitolini a villa Albani, dalla Basilica di San Pietro a Santa Maria del Popolo (che è del Fec, Fondo edifici di culto, cioè Ministero dell’Interno, e nondimeno è una chiesa officiata), a Santa Maria dell’Anima, che è dei tedeschi, a San Luigi dei Francesi, che è dei Francesi“.
Al momento, invece, esiste la Mic Card, iniziativa che offre l’accesso gratuito e illimitato ai 19 musei civici e ai 25 siti archeologici per i residenti nella città metropolitana di Roma. Iniziativa lodevole ma che ovviamente è ben lontana da un “Museum Pass”. Un solo biglietto che, come spiega Sgarbi, “deve offrire le chiavi di Roma, deve dar diritto, in una settimana, ad aprire ogni porta. Si deve vendere on line come e con i soggiorni negli alberghi. Roma è un museo, miracolosamente articolato, non un accumulo di conquiste come il Louvre“.