È Joan Mirò il protagonista della mostra che si terrà a Parma, presso la Fondazione Magnani-Rocca, dall’11 settembre al 12 dicembre 2021. Mirò. Il colore dei sogni – curata da Stefano Roffi – espone cinquanta opere dell’artista spagnolo, che fanno riferimento agli ultimi anni decenni della sua attività.
La mostra Mirò. Il colore dei sogni è allestita negli spazi della Villa dei Capolavori di Mamiano di Traversetolo, sede della Fondazione Magnani-Rocca, di cui Stefano Roffi, curatore della mostra, è il direttore scientifico. La mostra deve la sua realizzazione grazie al contributo della Fundación MAPFRE di Madrid e alla collaborazione tra studiosi italiani e spagnoli.
Cinquanta le opere esposte, attente a documentare in particolare gli ultimi decenni di attività di Mirò, morto a Palma de Maiorca nel 1983. Diverse le tele di grande formato e poetica bellezza, come Personnage et oiseaux devant le soleil e. Tra i temi ricorrenti che egli reinventa con frequenza, le stelle, gli uccelli, la donna, le fantasiose rappresentazioni di teste. Simboli che manifestano influenze così diverse come la tradizione popolare, la calligrafia asiatica o i graffiti urbani. La pittura di Mirò tende all’astrazione. Tuttavia, nelle variopinte forme fantastiche tra loro accostate, permane quasi sempre una traccia del reale: un occhio, una mano, la luna. Alcuni quadri presenti in mostra fanno pensare a cieli stellati, come Personnage, oiseau, ètoiles del 1944 o Après les constellations del 1976.
La mostra si impegna a documentare anche la ricca attività di illustratore di Mirò grazie al libro d’artista con testi poetici di Tristan Tzara, Parler seul (1950), con settantadue tavole a colori dell’artista catalano, esposte in grandi teche.
Stefano Roffi afferma che “Visitare la mostra significa viaggiare dentro i sogni di Mirò, perché questa è la trama della sua arte”. Quale miglior invito a scoprire un artista come Joan Mirò, nato nel 1893 vicino a Barcellona e presto all’opera come personalità autonoma. Superati gli anni giovanili, durante i quali si distingue per un eccesso di definizione grafica, Mirò dal 1924 spoglia della semantica convenzionale quei microrganismi che ribollivano sin dall’inizio nella sua opera, attribuendogli un autonomia piena, a cui si piega anche lo sfondo, ora amorfo. Mirò coltiverà il ricorso a forme elementari iniziato con il surrealismo, per giungere al cosiddetto biomorfismo. Un inno alle forze della vita, attraverso le sue forme minimali. Colori brillanti e forti contrasti, linee sottili e soggetti allucinati e onirici. Questa l’arte di Mirò.
“Un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni”: così il poeta Jacques Prévert descriveva Joan Mirò. Roffi aggiunge: “Miró dipinge ispirandosi alle forme della natura, ma anche alla musica; per un periodo compone inoltre poesie di stile surrealista, seguendo meccanismi psicologici simili a quelli adottati in pittura. Egli aspirava chiaramente al divino e la musica e la poesia erano le sue fonti di ispirazione. Talvolta le parole compaiono anche nei quadri, costituendo la loro chiave di lettura. Un rapporto fra pittura-musica-poesia che ben si accorda con gli interessi e la sensibilità di Luigi Magnani, fondatore della Magnani-Rocca”.
Trasgressivo e anticonformista, l’artista affianca alla sua anima più contemplativa una poetica unitaria tra sogno e colore, così da sfuggire alla banalità e al convenzionalismo, dando vita a un linguaggio artistico universale ma allo stesso tempo unico e originale. Come affermava Mirò «Una semplice pennellata può dare libertà e felicità».