I manifesti blasfemi affissi a Napoli scatenano un coro pressoché unanime di dissenso, da parte del mondo cattolico ma anche da intellettuali ed esponenti dello spettacolo
La vicenda delle bestemmie affisse sui muri di Napoli, raccontata anche da noi, continua a terremotare gli ambienti culturali della città. Si tratta, ricordiamo, di una serie di manifesti blasfemi comparsi in occasione di Ceci n’est pas un blasphème, festival delle arti per la libertà d’espressione contro la censura religiosa. Al quale partecipa anche il PAN, con una serie di mostre. L’iniziativa però scatena un coro pressoché unanime di dissenso, e non solo da parte del mondo cattolico. Critici anche intellettuali ed esponenti dello spettacolo, generalmente schierati contro la censura.
“L’attore Peppe Barra”, riporta il quotidiano Il Mattino, “si è occupato diverse volte, in passato, di dissacrazione e sacralità. Ma in questo caso è contro le operazioni di ‘subvertising’ che è il mezzo espressivo usato nei manifesti blasfemi: ‘Di queste sciocchezze non mi curo. Sono azioni stupide, ci vuole ben altro per realizzare un futuro di libertà’, spiega”.
“Fare una mostra è sempre lecito perché essendo delimitata da uno spazio chiuso si può scegliere se andare a vederla o meno”, osserva lo scrittore Maurizio De Giovanni. “Diverso è il caso di affissioni pubbliche che la stanno pubblicizzando: in quel caso, e lo dico da non religioso, provocare l’attenzione con una bestemmia è sbagliato, non attrae, non è corretto né eticamente né esteticamente”.
“Nessuno ha dato il via alle affissioni”, puntualizza sulla pagine del quotidiano partenopeo Emanuela Marmo, ideatrice della mostra. “Né noi come responsabili del festival, né il Comune di Napoli. Sono azioni che avvengono proprio in barba alle concessioni, un artista che fa subvertising non chiede permessi. Sovverte, appunto. E usa spazi istituzionali per sottolineare l’idea di disturbo compresa nella sua attività”.
Ma il senso della provocazione sfugge anche a molti artisti, spesso decisamente trasgressivi. “E questa sarebbe provocazione?”, si domanda Betty Bee. “Io ho lavorato molto sulla critica alla religione, ho presentato dipinti con il Cristo nudo, il Cristo nero. Ma l’ho fatto con le immagini e le idee, non con una frase. Non capisco chi bestemmia e lo espone anche, è soprattutto un modo superato di provocare”.