Fino al 18 novembre si possono vedere le tre “cose” della terza personale di Francesco Arena negli spazi (tre) di Raffaella Cortese in Via Stradella (1-4-7) a Milano.
In ogni sala della galleria è stata allestita una sola opera dell’artista (ormai segno identificativo delle mostre di Arena negli spazi della Cortese). Non è stato specificato nessun ordine di visita, è lo spettatore chi sceglie cosa vedere e come vederla.
Al civico 1, Sentenza in sei metri da zero a sessantasei centimetri, una trave di metallo lunga sei metri appoggiata sulla parete a sessantasei centimetri dal pavimento. Il titolo dell’opera, infatti, cambia in base allo spazio in cui viene istallata e all’altezza del ripiano su cui si appoggia. Sul metallo, incisa, si legge la frase scritta dall’artista “Le cose vivono solo nel presente, il passato e la memoria sono una prerogativa del genere umano” (il corsivo è di chi scrive), che invita lo spettatore a riflettere sul Tempo, leitmotiv della storia dell’arte. La concreta, solida e pesante trave industriale, che at(trave)rsa lo spazio tridimensionale e si appoggia sulla parete, “sostiene” su di sé una riflessione su qualcosa di leggero, di etereo, di sfuggente come il tempo e la memoria.
All’interno del civico 4 lo spettatore ritrova in questo un’altra “cosa”, declinata sempre in forma di linea. L’opera Orizzonte lasco, un cavo di acciaio teso posizionato all’altezza degli occhi dell’artista attraversa la parete di fronte alla porta, e coincide con l’orizzonte di una fotografia di Thomas Bernhard all’interno di un libro aperto. La cucitura delle pagine, verticale, taglia l’orizzonte dell’artista e del mare della fotografia.
Nel terzo spazio, al civico 7, la “cosa”, sempre lineare, è appoggiata, verrebbe da dire sdraiata, per terra. Parecchi pezzi di tessuto di colori diversi cuciti assieme costituiscono l’opera Bandiera linearizzata. Arena sceglie suggestivamente per questo lavoro i colori rosso, bianco e blu, sequenza finita da una serie di stelline bianche, senza però specificare nessun titolo che indirizzi politicamente lo spettatore.
La mostra, pulita e schietta, afferma concetti lasciando però spazio per le interpretazioni del fruitore. Il filo conduttore (anzi, la linea conduttrice) è il concetto di “cosa”: che diventa linea, che diventa simbolo, che si sviluppa verticalmente, orizzontalmente, nello spazio. La “cosa” che popola il mondo, l’arte, la mente.