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“Le opere d’arte sono suggerimenti delle esperienze future”. Un dialogo tra 8 curatori e 22 artisti, a Merano

Zora Kreuzer, Chroma, 2018, Adhoc Bochum, Foto Christian Gode Zora Kreuzer, Chroma, 2018, Adhoc Bochum, Foto Christian Gode
Quayola, Jardins d’été, 2016, Video 4K, 1,32
Quayola, Jardins d’été, 2016, Video 4K, 1,32

Ultimi 10 giorni per vedere la mostra ARTE È di Kunst Meran Merano Arte, organizzata in occasione del 25° anniversario della Kunsthaus e dei 20 anni dal trasferimento nella sede attuale di Via Portici 163.

Ursula Schnitzer e Martina Oberprantacher hanno invitato 8 curatori con diversi backround: Valerio Dehò, Luigi Fassi, Sabine Gamper, Günther Oberhollenzer, Andreas Kofler, Anne Schloen, Magdalene Schmidt e Susanne Waiz. Il gruppo ha pensato a 22 artisti che riflettono attraverso le loro opere su temi attuali e universali, quali il digitale, la migrazione, alcuni problemi sociali, la giustizia. I 22 artisti sono Claudia Barcheri, Christian Bazant-Hegemark, Hannes Egger, Barbara Gamper, Vanessa Hanni, Maria CM Hilber, Emilian Hinteregger, Erika Hock, Zora Kreuzer, Oliver Laric, Roberta Lima, Rosmarie Lukasser, Selene Magnolia, Eva Mair, Simone Salvatore Melis, Ludovic Nkoth, Bernd Oppl, Davide Quayola, Rita Slodička, Ludwig Thalheimer, Maria Walcher e Letizia Werth.

Zora Kreuzer, Chroma, 2018, Adhoc Bochum, Foto Christian Gode
Zora Kreuzer, Chroma, 2018, Adhoc Bochum, Foto Christian Gode

La mostra, che occupa e dialoga con l’intero palazzo meranese della Kunsthaus, è costruita attorno alla frase del filosofo Vilém Flusser (1920-1991) “Le opere d’arte sono suggerimenti delle esperienze future”. Flusser soggiornò dopo essere fuggito dai nazisti in Brasile, ma nella metà degli anni ’70 tornò in Europa, precisamente a Merano, città termale suggestiva e in qualche modo di atmosfera ancora ottocentesca, che lo inspirò per diverse teorie. Il “dualismo” meranese campagna-città, montagna-pianura (e chi scrive aggiunge: dualismo Italia-Austria) instillò in Flusser il concetto di dialogo.

È su questo concetto su cui la mostra ARTE È verte. I curatori ha infatti risposto alle teorie di Flusser attraverso una serie di lettere che si possono leggere all’ingresso di ogni stanza.

Particolarmente interessanti sono le sezioni curate da Anne Schloen e Valerio Dehò. Anne Schloen, che dichiara nella sua lettera a Flusser di cercare “l’imprevedibile nell’arte”, ha portato nella mostra le artiste Zora Kreuzer (1986) ed Erika Hock (1981). Kreuzer crea installazioni luminose che trasformano l’intero spazio. Per la mostra a Merano ha presentato un lavoro site-specific che dialoga con la Kunsthaus: la luce si riflette sulle pareti, sui cristalli, si vede dalle porte e dalle finestre delle altre stanze…Il suo lavoro si può collegare al movimento Light and Space e all’opera di artisti come Dan Flavin o Robert Irwin. Si centra principalmente sull’esperienza sensoriale e sensibile e la percezione estetica, come le opere di Erika Hock: installazioni formate da “frange di tessuto”. L’artista invita infatti a chi guarda a toccare il lavoro, ad esperimentare la parte “aptica” dell’arte (opposta a quella “ottica”, che potrebbe essere rappresentata da Kreuzer), in un sensuale dialogo con l’opera. Così si crea un’ulteriore conversazione, un altro dualismo: Kreuzer-Hock, ottico-aptico, visuale-tangibile. Schloen chiude la sua lettera con un suggestivo disaccordo con Flusser. Per lei, le opere d’arte sono suggerimenti per esperienze presenti, e non future come afferma il filosofo, e “l’arte ci offre la possibilità di vivere intensamente qui e ora”.

Erika Hock, Salon Tactile II, 2020, Installationsansicht Museum für Konkrete Kunst, Ingolstadt pulverbeschichtete Schienen, bedruckte Fadenvorh
Erika Hock, Salon Tactile II, 2020, Installationsansicht Museum für Konkrete Kunst, Ingolstadt pulverbeschichtete Schienen, bedruckte Fadenvorh

Valerio Dehò presenta l’artista Quayola (1982) con un’opera video che si interroga sul digitale e la natura. Dehò, dopo aver letto Per una filosofia della fotografia di Flusser dialoga nella sua lettera con il filosofo. L’opera di Quayola, immagine scomposta digitalmente ma facilmente paragonabile ad alcuni quadri del passato, si collega direttamente al discorso sulle fotografie come “superfici significanti”, come “gesti filosofici”. Il trio Dehò-Quayola-Flusser eleva la fotografia, “figlia di un dio minore”, a un nuovo status, a una nuova dimensione in cui non esistono le gerarchie tra le arti. L’opera richiama le teorie iconografiche di Warburg, quelle sulla storia e sulla fotografia di Benjamin, un quasi nietzscheano eterno ritorno delle immagini.

La mostra di Kunst Meran Merano Arte, che si può visitare fino al 24 ottobre, è una vera dichiarazione filosofica e sociale su dove sta andando l’arte. Appunto, la parte sociale ed estetica (nel senso filosofico del termine) entrano in un ennesimo dialogo che dà a chi guarda alcuni spunti su verso dove l’arte si incammina, trasmette, come disse Flusser, “suggerimenti delle esperienze future”.

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