Se ne trovano in tutto il Giappone, sono morbide, sono carine e a volte un po’ dispettose: sono le mascotte, le cosiddette yuru-chara, occupano un posto speciale nel mondo giapponese convertendosi quasi in modelli per grandi e piccini. Si sono sviluppate soprattutto dall’era Shōwa, con lo scopo di promuovere aziende, e in seguito anche prefetture e città; motivo per cui tutti coloro che provano attaccamento per la propria regione o per un prodotto, sostengono e amano i personaggi che li rappresentano. Con l’aiuto delle mascotte si fanno conoscere luoghi, si pubblicizzano articoli e servizi, coccolando al contempo il pubblico con leggerezza, simpatia e familiarità.
A Ylenia Tagliafraschi l’idea di condividere la sua passione per questi personaggi viene nel gennaio del 2020, quando comincia a tenere una rubrica settimanale – chiamata “Giovedì Mascotte” – sul suo profilo Instagram. Col tempo le domande dei followers si sommano alla consapevolezza che non esiste una pubblicazione in italiano sull’argomento; quindi – dopo un’accurata selezione delle mascotte che ha collezionato – Ylenia decide di creare una fanzine. Oltre a mettere a disposizione le sue conoscenze sull’argomento, scrive i testi e viene affiancata da due altri fan del Giappone: il fotografo Alberto Mancini e la graphic designer Giulia Zappa, i quali fanno sì che Mascotte Monogatari diventi uno stampato bello e unico nel suo genere.
Il monogatari è un genere letterario della tradizione giapponese. Una narrazione in prosa ma strettamente legata alla tradizione orale, che riguarda storie immaginarie ma anche eventi storici, descritti in maniera fantastica e non realistica.
Prima di conoscere il vostro lavoro non lo sapevo; mentre assistevo alla presentazione di Mascotte Monogatari alla Biblioteca di viale Zara sono andato su Wikipedia per capire il titolo, e mi piace! È stato scelto per dare l’idea di una raccolta di storie? Ho gradito anche il tono colloquiale dei testi, te ne sei occupata solamente tu?
Ylenia – Una volta avuta l’ispirazione per questa fanzine, volevo trovarle un titolo simpatico. Dopo alcune prime idee, improponibili, è stato il mio ragazzo Andrea a trovare la soluzione. Monogatari vuol dire appunto leggenda, spiegazione, racconto. Il senso si adattava perfettamente al progetto – la storia delle mascotte – e anche l’accostamento delle due parole ci piaceva. Il significato di “mascotte”, tra l’altro, è quello di “sortilegio” e “portafortuna”; era un bel gioco di parole e ci sembrava perfetto! Dei testi mi sono occupata io, sì. Senza stare a pensarci troppo, li ho scritti di getto, come avrei voluto leggerli se ci fosse già stata una pubblicazione italiana sull’argomento.
Già nel 2020 avevi iniziato la rubrica su Instagram “Giovedì Mascotte” ma da quel che ho capito la tua passione per il Giappone e le mascotte risale a ben prima. Cosa ti ha fatto scattare l’idea di condividere tutto questo online e di farne poi una fanzine?
Ylenia – Da sempre coltivo la passione per il Giappone e per molto tempo ho realizzato gli amigurumi, piccole creature antropomorfe lavorate all’uncinetto o a maglia. Li vendevo nei mercatini e li postavo pure su Instagram. Poi mi è venuta un’infiammazione al braccio e per un po’ ho dovuto smettere, anche per questo è nata “Giovedì Mascotte”, che poi ho sviluppato durante il primo lockdown. I mercatini non si potevano fare e dato che negli anni ho collezionato molte yuru-chara, ho cominciato a postarne le foto. Sono stati in molti a chiedermi informazioni su questi fantastici personaggi: da lì è cresciuta la rubrica e poi l’idea della rivista cartacea. Venendo da una mentalità punk, la condivisione è per me qualcosa di naturale, come pure l’idea di stampare e distribuire una fanzine indipendente. Tra l’altro pubblicazioni in italiano sull’argomento non ce ne sono; ne esistono in giapponese ma più in stile catalogo o scheda tecnica: io desideravo qualcosa di più leggero.
Come vi siete conosciuti?
Ylenia – Bazzicando i mercatini: la ragazza di Alberto realizza le maraconde, burattini di legno che pure lei vende. Anche Giulia, essendo grafica, produce stampe e capita di vederla nei mercatini, anche se l’ho conosciuta realmente sui social. Appena avuta l’idea della fanzine, il primo step è stato contattare Alberto per le fotografie e Giulia per la grafica.
Alberto – Io, la mia ragazza e Ylenia ci siamo incontrati appunto in un mercatino di Bergamo. Paradossalmente non ho mai incontrato Giulia prima di questo progetto, abitiamo entrambi nel bresciano. È stata una bella sorpresa.
Le foto delle mascotte sono davvero efficaci, sembrano quasi personaggi vivi e non di plastica. Non so se conosci il lavoro di Fabrizio Modina Super Robot Files, ma in qualche modo i tuoi scatti mi riportano a quel libro, anche se mi rendo conto che sono ben differenti. Forse li vedo simili per la carica emotiva che riescono a trasmettere. È “solo” bravura tecnica o ti sei appassionato anche tu a questi personaggi?
Alberto – Non conoscevo il testo di Modina ma mi attira moltissimo perché nutro da sempre una grande passione per i robot giapponesi! Per Mascotte Monogatari ho lavorato come per qualsiasi still life: quando si tratta di oggetti cerco sempre di esaltarne i materiali. In questo caso ho utilizzato una light bank, che riesce a dare forma alle ombre ma non le rende troppo secche. Quindi, al momento di immortalare i personaggi, il mio pensiero è stato dapprima più tecnico: evitare brutte ombre, luci sbagliate e non far percepire i fondi. Poi, mentre lavoravo, è aumentata la simpatia nei confronti delle mascotte. Ylenia non desiderava foto troppo impersonali e “archivistiche”, ho quindi utilizzato due sfondi pastello, uno freddo e uno caldo, a dipendenza della dominanza cromatica del soggetto. Il lavoro è filato via liscio perché mi sono da subito interfacciato con Giulia, ragionando su come far dialogare al meglio immagini e grafica.
La prima cosa che ho pensato quando ho potuto sfogliare Mascotte Monogatari è che la grafica si sposava perfettamente con il tono dei testi e con il mood delle fotografie. Avete deciso assieme font e impaginazione o hai proposto tutto tu ed è stata “buona la prima”?
Giulia – Sono molto contenta che si noti il legame tra immagini e grafica perché vi ho prestato particolare attenzione. Quando Ylenia mi ha proposto di lavorare con lei alla fanzine, ho fatto i salti di gioia e mi sono documentata in modo più approfondito sulle mascotte: anche se le conoscevo dovevo studiare bene l’argomento per capire quale sarebbe stato il mood più adatto per l’elaborato. Non volevamo una pubblicazione eccessivamente kitsch, in stile pop, con colori fluo e lettering grandi. Le mascotte si sono sviluppate e diffuse tra gli anni ’30 e gli anni ’80, in particolare nella decade dei ’50: lo stile doveva essere più quello. Ho quindi approntato una prima palette colori e una griglia d’impaginazione, adattandole in corso d’opera alle fotografie di Alberto. Ylenia mi ha lasciato molta libertà ma era molto chiaro cosa le piacesse, per cui siamo andate in quella direzione definendo tutto rapidamente. Abbiamo lavorato un po’ di più sulla copertina, per la quale abbiamo predisposto una sessione fotografica dedicata, durante un bellissimo pomeriggio a casa di Alberto.
Ti sei ispirata a delle pubblicazioni esistenti per il mood grafico?
Giulia – Quando devo trovare l’ispirazione per un nuovo progetto, divento automaticamente una spugna! Per Mascotte Monogatari ho tirato fuori gli stampati più disparati: magazine, libri d’arte, volantini portati a casa dal Giappone e, ovviamente, i cataloghi di yuru-chara di Ylenia. Lei auspicava qualcosa in stile Shōwa, perciò ho guardato anche immagini di quel periodo. Prima di mettermi davvero al lavoro, ho dovuto però lasciare sedimentare un po’ le idee.
La passione per il Giappone ha giocato evidentemente un ruolo importante nel progetto. Pensate di collaborare ancora per creare un “sequel” di Mascotte Monogatari? Com’è stato lavorare assieme a distanza?
Ylenia – Abbiamo lavorato bene ma, per quel che mi riguarda, vedo difficile una prosecuzione della fanzine. Quello che mi ha davvero provata è stata la stampa. I servizi online non rilegavano la nostra quantità di pagine con punti metallici e la spillatura per me era fondamentale. Una volta scelta la tipografia, abbiamo comunque avuto problemi e sono stati necessari due mesi per terminare il tutto: non è un’esperienza che mi va di ripetere tanto presto. A parte questo – benché abbiamo utilizzato i personaggi della mia collezione privata (non tutti), e le foto siano state fatte da Alberto – non vorrei impelagarmi in problematiche legate ai diritti d’autore. Finché si tratta di una fanzine con tiratura limitata, distribuita per lo più a mano, va bene; pensare di organizzare le cose più in grande, no. Per ora almeno non ci penso.
Alberto – Personalmente mi piacerebbe proseguire nel progetto, anche se confermo che la fase di stampa è stata davvero tremenda. Dopo aver consultato senza soddisfazione due tipografie, ho consigliato uno stampatore con cui stavo già collaborando. Per una serie di circostanze siamo comunque incappati in altri grattacapi ma alla fine ce l’abbiamo fatta e la fanzine è venuta bene. Della fascetta invece si è occupato Andrea, il ragazzo di Ylenia, che è un serigrafo professionista.
Giulia – Io inizierei anche subito! Non necessariamente per una Mascotte Monogatari vol. 2; assieme sarebbe interessante affrontare anche altri temi. La progettazione della fanzine non è stata complicata, nemmeno a distanza; però è sicuramente più semplice e rapido confrontarsi dal vivo, soprattutto per condividere impressioni e valutare gli avanzamenti del lavoro. Per fortuna, appena è stato possibile muoversi, ci siamo riuniti per esaminare le prove di stampa e altri dettagli.
Leggendo Mascotte Monogatari e ascoltandovi, si avverte l’amore per questi teneri personaggi. In base alla vostra esperienza, i sentimenti dei giapponesi sono analoghi ai vostri?
Ylenia – Come dici tu, io li apprezzo perché sono davvero carinissimi, kawaii appunto. Sicuramente in Giappone li amano per questo motivo ma, diversamente da noi italiani, i giapponesi instaurano forti legami con le mascotte. L’ho sperimentato con un’amica conosciuta a un festival (Furusato Matsuri): lei ama particolarmente Okazaemon (la mascotte di Okazaki, nella prefettura di Aichi), gli vuole davvero bene, ha tutti i gadget possibili e assiste ai relativi eventi. C’è da considerare che questi personaggi sono stati disegnati per motivi precisi, con elementi e simboli che per i locali sono chiari: non sono solo carini ma creano fidelizzazione e identificazione. È possibile che la popolarità delle yuru-chara sia collegata anche ai forti legami emotivi che da sempre il popolo giapponese ha con divinità, spiriti e folletti. Esistono molti yōkai nel folklore locale e alcuni tipi di loro – come i kappa e i tanuki – sono divenuti la base per diversi modelli di mascotte.
Giulia – Forse ho ancora pochi elementi per rispondere alla domanda. Durante il mio viaggio in Giappone ho visitato solamente una parte del Kyūshū, anche se sono stata nell’ufficio dell’onorevole mascotte Kumamon! Dal mio punto di vista – quello di un’italiana che ha viaggiato in Giappone – non credo di potermi relazionare con le yuru-chara in toto come i locali. Per loro è qualcosa di naturale vedere character nei quali riconoscersi e identificarsi. È pur vero che molte mascotte talvolta funzionano anche con turisti stranieri, attraendo appassionati come me in angoli del paese che difficilmente avrebbero preso in considerazione. Benché diverse dalle giapponesi, le mascotte esistono peraltro anche in Italia. Per quanto raramente le nostre siano carine come le loro (ciao Gabibbo, sto pensando anche a te), pure noi abbiamo personaggi che sponsorizzano brand, canali televisivi o parchi di divertimento; almeno da questo punto di vista, posso in parte capire la relazione tra giapponesi e yuru-chara.
Alberto – Il mio coinvolgimento col Giappone risale a diversi anni fa, quando ero fidanzato con una ragazza di Osaka. Per questo motivo ho avuto l’occasione di conoscere e vivere quel paese in modo speciale. Prima di questo progetto non ho però mai approfondito il tema delle mascotte, anche se sicuramente le avevo viste e ne ero incuriosito, perché onnipresenti e parte della vita quotidiana locale. Credo che le mascotte si pongano in netto contrasto con lo stile di vita medio giapponese, iper competitivo e frenetico nelle città, che può portare anche al cosiddetto karōshi, morte per troppo lavoro. Per i giapponesi le yuru-chara rappresentano qualcosa di leggero e non impegnativo, oltre a essere ovviamente un mezzo di marketing.
Questo contenuto è stato realizzato da Simone Macciocchi per Forme Uniche.
https://www.instagram.com/ohioja/