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A Caccia di Farfalle. Le incredibili vicende collezionistiche di 6 capolavori in mostra da Carlo Orsi a Milano

Dettaglio di Minerva che infonde la vita nell'uomo, Pompeo Batoni, 1743
Dettaglio di Minerva che infonde la vita nell'uomo, Pompeo Batoni, 1743
Dettaglio di Minerva che infonde la vita nell’uomo, Pompeo Batoni, 1743

La galleria Carlo Orsi ha inaugurato il 21 ottobre A Caccia di Farfalle nello spazio di Via Bagutta 14/16 a Milano, visitabile fino al 5 novembre. In mostra sei dipinti. Pochi ma buoni. Gli artisti, grandi nomi: Pompeo Batoni, Lorenzo di Credi, Bartolomeo Vivarini, Giorgio Gandini del Grano.

Tutti i quadri sono caratterizzati da travagliate vicende collezionistiche. Da qua la “caccia di farfalle” del titolo. In più, dettaglio particolarmente suggestivo, uno dei dipinti di Batoni raffigura Prometeo che modella in argilla l’uomo e Minerva che infonde la vita, l’anima, alla statua. Questo soffio di umanità è rappresentato nel quadro tramite una farfalla che la dea “offre” all’uomo ancora inerte.

La mostra è accompagnata da un bellissimo catalogo (A Caccia di Farfalle. Lo spirito del collezionista) con una introduzione di Gian Enzo Sperone.

Nella prima sala della galleria si trovano le opere di Bartolomeo Vivarini e Lorenzo di Credi. Bartolomeo Vivarini, attivo a Venezia fra 1450 e 1491, membro di una famiglia di artisti, è considerato uno dei più importanti pittori che lavorano alla Serenissima durante la seconda metà del XV secolo. Viene presentato qua con tre scomparti di un polittico, chiamati Frizzoni-Rasini per le loro vicende collezionistiche, raffiguranti Santa Caterina d’Alessandria, il Battista e San Nicola da Tolentino. Le tre tempere su tavola con fondo oro, datate 1480 circa, sono straordinariamente ben conservate, e i brillanti colori veneziani del Vivarini squillano anche quasi 600 anni dopo.

I tre scomparti di Bartolomeo Vivarini – da sinistra a destra, il Battista, Santa Caterina d’Alessandria e San Nicola da Tolentino

Importante novità la ricostruzione del cosiddetto Polittico dei Tagliapietra. Già Longhi aveva accostato la Maddalena presente nel Museum of Fine Arts di Boston agli scomparti esposti da Carlo Orsi. Più tardi Pallucchini accosta alla Maddalena una Madonna che si trova al Seattle Art Museum. Sarà poi Zeri a dare conferma di questa ipotesi, delineando così più chiaramente il registro superiore di un polittico.

Solo ora si è ipotizzato come le tre mezze figure Frizzoni-Rasini, la Madonna e la Maddalena possano essere, per stile, datazione e misura, gli scomparti che completano il Polittico dei Tagliapietra (o di Sant’Ambrogio), le cui tavole inferiori si trovano alle Gallerie dell’Accademia a Venezia. Non ci sono notizie sul luogo di destinazione dell’opera, ma potrebbe essere la veneziana Chiesa di Sant’Aponal (Apollinare), sede della famiglia Tagliapietra.

In quella stessa sala della galleria di Carlo Orsi si trova un tondo di Lorenzo di Credi (1456/59-1536), pittore fiorentino allievo del Verrocchio e condiscepolo di Leonardo.

L’opera, una splendida Adorazione del bambino, è un esempio perfetto di leonardismo fiorentino: si vede dal paesaggio a sinistra, che somiglia con un eco fiammingo agli sfondi di Leonardo. Lorenzo di Credi dipinse numerosi quadri per la devozione privata, e questo tondo ha diversi “fratelli”, tondi oppure opere simili, in musei del mondo: alla Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe, alla Galleria Borghese, alla National Gallery di Londra, al Metropolitan di New York…

Adorazione del Bambino, Lorenzo di Credi
Proveniente dalla Collezione Casati Stampa, il quadro fu depositato alla Pinacoteca di Brera dal 1979 (che probabilmente aveva l’obiettivo di acquistarlo eventualmente, acquisto mai avvenuto). Il tondo venne battuto all’asta da Sotheby’s a Milano nel 2001.

Nella seconda sala sono esposte due coppie di quadri: i due Batoni e due piccoli quadri raffiguranti la Presentatazione della Città di Parma alla Madonna. Fu Giorgio Gandini del Grano (inizi XVI secolo-1538), pittore parmigiano molto poco conosciuto, a dipingere una delle due opere. In passato il quadro è stato attribuito al Correggio. Grazie alle fonti si è potuto ipotizzare che appartenesse a Francesco Baiardi, committente del Parmigianino. Appartenne sicuro per un periodo alla collezione Melzi, e poi fu offerto numerose volte a diversi compratori, fino ad essere venduto nel 1774.

Non è un quadro preparatorio per una pala d’altare o per un quadro di grande formato. La dimensione e l’affollamento delle figure sono caratteristiche dello stile di Giorgio Gandini del Grano, che dipingeva spesso queste opere di piccole dimensioni destinate alla devozione privata. Sono presenti parecchie figure allegoriche, tra cui l’università di Parma (laureata, nascosta fra la Madonna e Santa Caterina), un piccolo Ecce Homo nell’angolo inferiore destro.

Presentazione di Parma alla Madonna, Giorgio Gandini del Grano

L’altro quadro ha lo stesso soggetto e la stessa struttura…è un falso antico. Si vede non solo dalla “copia” letterale, ma anche dalla aggiunta di listelli di ampliamento uguali a quelli dell’originale. I falsi d’epoca raramente si vedono accostati agli originali, e la mostra di Carlo Orsi è una opportunità unica per osservare i due quadri.

Parma presentata alla Madonna, falso antico

Nella stessa sala delle Presentazioni di Parma si trovano due quadri di Pompeo Batoni terminati nel 1743: Prometeo modella l’uomo con l’argilla, già menzionato, e Atalanta piange Meleagro morto. Una lunga corrispondenza fra il pittore e il committente, il marchese Ludovico Sardini, testimonia la vendita dei due oli su tela. Nelle lettere Batoni dà istruzioni al destinatario su come appendere i quadri, con che luce, in stanze diverse…si parla anche del prezzo, delle cornici, che il pittore disegna e vende assieme alle opere…

Prometeo modella l’uomo con l’argilla, Pompeo Batoni, dettaglio dell’allestimento all’interno della mostra di Carlo Orsi

Si faccia attenzione, nel quadro raffigurante Atalanta che piange Meleagro, al raffinato gioco di luci e colori: Atalanta è illuminata, e le guance, le labbra e gli occhi sono rosati, dello stesso colore del drappeggio; il personaggio in secondo piano (la madre di Meleagro), è completamente in ombra e si fonde con lo sfondo. Lo spettatore si sente partecipe del pianto di Atalanta, entra nell’opera. È forse questa forza, che spinge ad entrare nelle storie, nelle tele, nei quadri, la stessa che ha generato nei secoli scorsi il collezionismo e la voglia irrefrenabile di possedere un’opera. È forse la stessa forza che spinge alla ricerca della bellezza, a questa caccia di farfalle.

Atalanta piange Meleagro, Pompeo Batoni, 1743
Atalanta piange Meleagro (dettaglio), Pompeo Batoni, 1743

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