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Fondazione Adolfo Pini annuncia i tre finalisti della prima edizione del Pini Art Prize

Ambra Castagnetti, Dependency (2021 Ambra Castagnetti, Dependency (2021
Ambra Castagnetti, Dependency (2021
Ambra Castagnetti, Dependency (2021)
La Fondazione Adolfo Pini annuncia i tre finalisti della prima edizione del Pini Art Prize. Scelti dalla Giuria – quest’anno composta da Valentino Catricalà, Marco Meneguzzo, Adrian Paci, Roberta Tenconi e Mirjam Varadinis – tra una rosa di quindici nomi.

Il Pini Art Prize, con il patrocinio del MIC – Ministero della Cultura e del Comune di Milano, è nato con l’intento di promuovere e sostenere i giovani artisti, come previsto dallo statuto che riflette lo spirito di mecenatismo di Renzo Bongiovanni Radice e Adolfo Pini. Il premio biennale, aperto ad ogni forma di espressione artistica afferente al settore dell’arte contemporanea, valorizza e onora l’opera di artisti under 35 domiciliati in Italia.

I tre giovani finalisti avranno l’occasione di esporre i loro progetti alla Fondazione Adolfo Pini, con una rassegna curata da Marco Meneguzzo. In occasione dell’inaugurazione la Giuria del Pini Art Prize decreterà il vincitore, che riceverà un premio in denaro del valore di 10.000 euro.

Ecco gli artisti selezionati.

Ambra Castagnetti (1993)

Attraverso la scultura, il video, l’installazione e la performance l’artista crea dei mondi possibili all’interno dei quali il vivente è libero di o costretto a muoversi, sfidando le variabili delle circostanze. Il suo lavoro riflette sulla nozione di corpo, inteso come corpo individuale, politico, animale, vegetale, e sulla sua capacità di trasformare se stesso e l’ambiente che lo circonda al fine di attuare una liberazione attraverso la consapevolezza.

Ambra Castagnetti, Tauromachia (2021)
Ambra Castagnetti, Tauromachia (2021)
Gaia De Megni (1993)

Il lavoro di Gaia De Megni analizza l’immaginario collettivo e le sue rappresentazioni attraverso alcune strutture preesistenti, come l’archivio cinematografico, il mito e l’archivio digitale. Attivando un processo di frammentazioni, l’intento è quello di generare una suddivisione in livelli d’interpretazione soffermandosi sull’unicità di ognuno di essi. De Megni rielabora il concetto di display rendendo protagonista la regia dell’occhio di chi guarda, dove il pensiero trova respiro lontano dal canone e dalla nomenclatura.

Gaia De Megni, Il mito dell’ androgino (2021)
Gaia De Megni, Il mito dell’androgino (2021)
Eleonora Luccarini (1993)

La ricerca artistica di Eleonora Luccarini è multidisciplinare e incentrata sulle possibilità performative del linguaggio, considerato uno strumento di rivoluzione e trasformazione attraverso l’uso di finzione, ambiguità e potenzialità. Ponendo la scrittura in costante interazione con altri media, quali performance, video, animazione e scultura, la sua pratica interroga il rapporto tra parola, immagine e corpo, riflettendo le possibilità di sovversione di norme sociali e codici culturali, legate alla performatività del sé.

Eleonora Luccarini , 4 hooves don't leave footprints (2021)
Eleonora Luccarini, 4 hooves don’t leave footprints (2021)

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