Nella corsa a dire la propria sul contrasto al cambiamento climatico interviene anche il Ministro della Cultura, Dario Franceschini
Premessa: tutti siamo consapevoli che i rischi legati al cambiamento climatico siano una delle emergenze più gravi dell’epoca che viviamo. Premessa 2: tutti abbiamo ormai compreso come il contrasto al climate exchange sia la colonna portante del programma europeo Next Generation EU. E della correlata distribuzione dei ricchissimi fondi. Ne segue che comprensibilmente ogni politico debba cercare di essere presente attivamente sulla scottante questione. Ma quello che ci si aspetta è che lo faccia con argomentazioni convincenti, e soprattutto utili alla collettiva consapevolezza.
Caratteri che ci pare manchino all’uscita in merito del Ministro della Cultura, Dario Franceschini. Che ha voluto dire la sua con un messaggio di saluto alla conferenza “International Cultural Heritage, Adaptation and Resilience: from Rome to Glasgow” nel contesto del Cop-26 di Glasgow. “I Ministri della Cultura G20 hanno sottolineato la necessità di rendere gli strumenti culturali un sostegno all’azione climatica e allo sviluppo sostenibile”, ha ricordato il Ministro. Perfetto. Ma ci permettiamo di immaginare che qui per “strumenti culturali” si debba ad esempio intendere la formazione delle giovani generazioni. O la pubblicistica nel suo complesso, peraltro già decisamente attenta a queste tematiche.
Ma Franceschini deve portare il dibattito sul suo campo. “Mettere la cultura al centro di una crescita sostenibile e armoniosa”, come scrive nel messaggio. Per incassare visibilità e consenso diffuso. “I musei e le altre istituzioni culturali possono avere un ruolo straordinario nel diffondere maggiore consapevolezza sul cambiamento climatico”, assicura. E cominciamo a domandarci: come? Se le parole hanno un senso, come fa un museo a intervenire in questa temperie?
Mentre ci disponiamo ad accogliere risposte, ecco il passaggio che svela la speciosità “politically correct” dell’intervento. “La tecnologia è poi al servizio del controllo degli effetti del cambiamento climatico sui siti culturali”. Dunque? I siti culturali sono quindi – doverosamente – “oggetto” della crescente consapevolezza ambientale. Attendiamo di capire come ne possono essere “soggetto”…