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Come il nuovo deposito visitabile del museo Boijmans di Rotterdam può cambiare la museologia

L'inaugurazione del Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Nathan Reinds L'inaugurazione del Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Nathan Reinds
L'inaugurazione del Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Nathan Reinds
L’inaugurazione del Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Nathan Reinds
Dopo quasi 20 anni di lavoro, il Depot Boijmans Van Beuningen, uno spazio di archiviazione d’arte accessibile al pubblico che mostra tutti le 150,000 opere conservate dal museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, è finalmente aperto al pubblico.

La museologia moderna ha vissuto diversi momenti di svolta – come per esempio la nascita del Museo Guggenheim di New York o del Centre Pompidou di Parigi – e ancora oggi sembra in grado di aggiornarsi. O almeno questo è il compito che pare destinato ad assumersi il nuovo Depot del museo Boijmans Von Beuningen a Rotterdam. Firmato dallo studio MVRDV, il deposito visitabile della città olandese inaugura una nuova era del rapporto tra il pubblico e il backstage del museo, oltre che delle modalità operative del museo stesso.

Difatti mai prima d’ora un’istituzione si è esposta in maniera così netta e rivoluzionaria. Significativa in tal senso l’architettura a specchio, esteticamente studiata per accogliere la città e visivamente impattante, forse ancora più del museo stesso. É inevitabile che il Guggenheim di Bilbao venga immediatamente riconosciuto grazie alla sua struttura, ma a quale museo è mai capitato di essere identificato attraverso il suo deposito? Possiamo già vedere i turisti sgomitare sotto il Depot per aggiudicarsi lo scatto migliore. Ma soprattutto, così facendo, il museo amplia esponenzialmente il bacino di potenziali visitatori, offrendo altresì un numero maggiore di opere in esposizione. Certo, non si tratterà di mostre curatoriali, ma perdersi nei labirintici corridoi del deposito di un museo è un’esperienza unica e dai più mai vissuta.

Inoltre l’occasione di avere l’intera collezione di opere conservate affianco al museo – e non in magazzini fuori città, lontani e difficili da raggiungere – garantisce al Boijmans un accesso rapido e diretto alle opere. Una possibilità che non si traduce solo in comodità, ma soprattutto in facilità: facilità di vedere, tenere sotto controllo, lasciarsi inspirare, confrontare, verificare, etc. Il Depot rappresenta per il Boijmans l’occasione di migliorare la propria offerta curatoriale, di diversificarla, di affinarla, di approfondirla. In sostanza, può essere veramente un modo innovativo di intendere il museo nella sua interezza. Difatti diviene così più sottile la distanza tra interno ed esterno, il backstage – composto da curatori, conservatori, restauratori, esperti e addetti ai lavori – sale sul palco insieme a tutto quel che fino ad ora è stato visibile. É come se gli ingranaggi segreti del museo siano stati svelati, organizzati ed esposti come una macchina che nulla nasconde e tutto esalta.

Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Ossip van Duivenbode.
Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Ossip van Duivenbode

Situato nel Museum Park della città e concepito per la prima volta nel 2004, il Depot si trova esattamente accanto al Boijmans Van Beuningen, attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione e che dovrebbe riaprire nel 2028. Si presenta come un edificio circolare di più di 15000 metri quadrati e dall’iconica facciata in vetro. Il costo totale dell’operazione è stato di 95 milioni di euro. Una cifra importante, dettata soprattutto dalla volontà di costruirlo in pieno centro, che testimonia l’ambizione e la serietà del progetto. Esso si presenta come un intricato sovrapporsi di magazzini, gallerie espositive, teche sospese, laboratori. Tutto connesso da ascensori che si incrociano nel continuo saliscendi e da scale sovrapposte come in un quadro di Escher. Le sale sono tecnologizzate, pronte a cambiare connotato all’ambiente con un click.

Le 151,000 opere sono presentate al pubblico secondo le esigenze di un deposito, quindi tenendo in considerazione fattori quale la sicurezza, la conservazione e la climatizzazione. Oltre che ovviamente l’economicità dello spazio. Non aspettiamoci dunque un’organizzazione per per artista, periodo o genere, come accade in un qualsiasi museo. Nel deposito le opere sono distribuite in cinque diversi ambienti climatici in base al medium con sui sono realizzate. La carta ha esigenze differente dalla tela, la tela dal legno e così via. Alcune opere le troviamo dunque appese all’interno di scaffali o scaffali mobili, mentre altre sono esposte nelle 13 vetrine galleggianti che adornano l’atrio del Depot. Stampe, disegni e fotografie sono invece archiviati in file flat e disponibili per la visualizzazione su richiesta.

Per visitarlo è necessario indossare un camice bianco protettivo, pulirsi le scarpe e assecondare la prassi di sicurezza. Ma si è presto ricompensati. Il Depot, oltre che un deposito, è un hub di laboratori dove ammirare all’opera i restauratori e gli esperti che valutano e intervengono sullo stato di conservazione delle varie opere. Non è difficile immaginare quindi come la portata esperienziale di una struttura del genere sia impareggiabile, sostanzialmente un unicum al mondo. Un museo che non è un museo, ma forse è pure qualcosa di più.

Il paradosso a cui si va incontro? Vedere file più lunghe all’ingresso del Depot che a quelle del Boijmans.

Le immagini dai magazzini del Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Tomas Mutsaers
Le immagini dai magazzini del Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Tomas Mutsaers
Depot Boijmans Van Beuningen. Foto Aad Hoogendoorn
Depot Boijmans Van Beuningen. Foto Aad Hoogendoorn
Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Ossip van Duivenbode.
Depot Boijmans Van Beuningen. Foto: Ossip van Duivenbode

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