La casa museo Jacquemart-André di Parigi propone una mostra monografica dedicata al genio creativo di Sandro Botticelli come artista e capobottega, dai suoi esordi, agli anni della fortuna nel panorama della Firenze del tempo, sino all’ultima maniera. Ineccepibile curatela, alcune pecche nella logistica.
All’interno della suggestiva cornice della casa-museo parigina Jacquemart-André, il percorso espositivo comprendente una quarantina di opere di Alessandro Filipepi detto Botticelli (Firenze, 1445 circa – 1510), e di alcuni artisti a lui contemporanei (tra cui Filippo Lippi, Andrea del Verrocchio e Lorenzo di Credi), mette a fuoco la genialità e la polivalenza dell’artista fiorentino all’interno del panorama artistico del suo tempo.
La mostra è suddivisa in sezioni che seguono un ordine al contempo cronologico e tematico. Il percorsosi apre con alcune opere d’esordio dell’artistadegli anni Sessanta (tra cui la Madonna col Bambino dell’Alte Pinakothek di Monaco) che mostrano il legame ancora stretto con le soluzioni del maestro Filippo Lippi (Firenze, 1406 – Spoleto, 1469), presso il quale il giovane Botticelli ha svolto la sua formazione artistica e ha appreso la pratica del disegno. Attraverso la Madonna del Libro, proveniente dal Museo Poldi Pezzoli di Milano, viene messo in luce come Botticelli abbia sviluppato precocemente un proprio linguaggio artistico, affrancandosi dal maestro e accogliendo l’influenza di altre botteghe della Firenze del tempo, come quella di Andrea del Verrocchio (Firenze, 1435 – Venezia, 1488). Tuttavia, il rapporto con quest’ultimo – così come gli anni di apprendistato presso il suo atelier – sono stati poco sottolineati (come invece era stato fatto nelle due recenti e puntuali monografiche sul Verrocchio di Palazzo Strozzi e di Washington) e risolti con uno sbrigativo confronto.
Nelle sale successive emerge come il genio creativo di Botticelli sia stato il motore pulsante di una bottega tra le più importanti del panorama fiorentino dell’ultimo ventennio del Quattrocento. Sono due gli aspetti che emergono con maggior forza dalle sezioni centrali della mostra. Da un lato viene smontato quel concetto di autorialità della produzione artistica che per secoli è stato oggetto dell’interesse da parte della critica: lungo il percorso sono infatti spesso sottolineate le pratiche in voga negli atelier rinascimentali, veri e propri laboratori-impresa, dove era usanza che il maestro si occupasse dell’invenzione della composizione, mentre l’esecuzione veniva spesso affidata a collaboratori o ad allievi. E non per questo veniva meno la genialità del maestro.
Dall’altra parte viene messo in luce quel carattere polivalente, certamente meno noto, che caratterizza l’operato della bottega di Botticelli. Non solo pittura dunque, ma anche opera grafica e arti minori. Di particolare pregio sono i minuziosi disegni del maestro fiorentino per l’illustrazione della Divina Commedia di Dante.
Attraverso pezzi di grande qualità, la mostra illustra l’attività di Botticelli come pittore di storia, come ritrattista e come pittore di temi religiosi, mettendo in luce il suo rapporto privilegiato con la famiglia De Medici e con l’ambiente dell’Umanesimo della loro corte. Il fulcro del percorso espositivo è costituito dalla sala dedicata alla pittura mitologica, in cui sono esposte due quasi contemporanee Veneri nude su sfondo nero, provenienti da Berlino e da Torino, e il magnetico ritratto allegorico di Simonetta Vespucci di Francoforte, di cui è esposto anche un raffinato disegno rialzato in biacca dell’Ashmolean Library di Oxford.
L’ultima sezione è dedicata infine al cambiamento stilistico che caratterizza la produzione artistica di Botticelli negli ultimi anni della sua carriera, influenzata dalle nuove prospettive politiche e apocalittiche savonaroliane. La nuova maniera, più severa e arcaica, è evidente in particolar modo nel Crocifisso del Museo dell’Opera del Duomo di Prato, datato ai primi anni Novanta del Quattrocento.
La proposta di Ana Debenedetti e di Pierre Curie, ben curata dal punto di vista scientifico, offre una fotografia analitica, selezionata ma forse non del tutto completa dell’operato del grande maestro fiorentino. Se il Botticelli frescante (soprattutto come pittore delle pareti della Cappella Sistina) è del tutto assente per ovvie motivazioni pratiche, debole è la sezione dedicata alla pittura allegorico-mitologica dell’artista, dove l’assenza – per comprensibili ragioni di prestito – dei due capolavori degli Uffizi (La Primavera e La nascita di Venere) poteva forse essere sopperita dalla presenza di altre opere che meglio illustrassero tale produzione.
L’allestimento è semplice e senza fronzoli, con colori chiari e poco impattanti, con qualche pecca nell’impianto di illuminazione. Ottimi ed efficaci i pannelli esplicativi, tanto delle sezioni quanto delle singole opere.
Se dal punto di vista della curatela e dell’allestimento la mostra è quasi inattaccabile, dal punto di vista logistico qualcosa non funziona. Basta infatti dare una rapida occhiata al sistema delle prenotazioni sul sito ufficiale del museoper capire che la mostra sta avendo un grande successo di pubblico: la prenotazione è dunque fortemente consigliata, per quanto non obbligatoria. Nonostante gli accessi siano contingentati ogni 15 minuti, l’affluenza nelle stanze espositiveimpedisce tuttavia una piacevole fruizione della mostra: le sale, mediamente piccole, accolgono contemporaneamente così tante persone immerse nell’osservazione dei dipinti, nella lettura dei pannelli o nell’ascolto dell’audioguida che risulta piuttosto difficile godersi il percorso e l’estrema qualità delle opere esposte.
Botticelli. Artista e designer
A cura di Ana Debenedetti e Pierre Curie
Parigi, Musée Jacqumart-André
10 settembre 2021 – 24 gennaio 2022