Venerdì 26 novembre ha inizio la trentanovesima edizione del Torino Film Festival, una manifestazione ormai internazionale che ha la capacità di guardare anche al cinema di ricerca come nel caso di Commedia all’Italia, il nuovo lungometraggio dell’artista Fabrizio Bellomo.
Un viaggio insieme intimo e collettivo sugli archetipi dello Stato e del potere. Sulla toponomastica come sui monumenti. Il protagonista vaga in motocicletta e sulle ricostruzioni virtuali del mondo, attraversando trasmissioni televisive e materiali d’archivio, effettuando diverse conversazioni telefoniche – stimolato tanto dalle notizie di cronaca relative al movimento internazionale della cancel culture, quanto dalle iconografe fasciste ancora ben presenti nelle nostre città. Analizzando pedissequamente il territorio pugliese e i simboli della rappresentatività qui eretti e incisi. Dalla ancora forte presenza della monumentalità del ventennio, alla chimera del turismo come unico e solo talismano per uscire da tutte le crisi presentatesi nel nuovo millennio. Fino al rifiuto di tutte le forme di rappresentatività. Alla voglia di tornare fluidi, virando irrimediabilmente verso il naturale, nell’eterna lotta della natura contro questa maledetta cultura.
È un film che attraversa la confusione della Storia. Dalle lotte intestine fra poteri politici ed economici, al cambio di costumi sociali che si palesano anche attraverso una sorta di guerra giocata su intitolazioni toponomastiche e dediche monumentali. Questo viene raccontato con un ritmo incalzante in una sorta di road trip –multimediale e non – alla ricerca dei resti di un ingombrante passato, come alla ricerca di un futuro fragile o assente. In un formato che insiste sull’organicità della scomposizione degli elementi, cercando di trovare una forma logica nell’apparente disarticolazione del flusso di informazioni/materiali che vengono trovati/creati ed adoperati. Una forma in linea con la realtà contemporanea che si intende evidenziare e quindi dichiarare in forma di ironica denuncia.