Casa Sponge apre le sue bucoliche porte sperse in mezzo alle terre marchigiane, a Pergola (PU) per la precisione, a Greta Pllana, talentuosa artista albanese di stanza a Milano. In mostra, fino al 30 gennaio prossimo, la personale “Nella notte galleggiavano i profumi dei fiori”, curata da Luca Zuccala. L’esposizione presenta le opere pittoriche della giovane pittrice immerse nell’ambiente meravigliosamente eclettico-agreste della Casa.
Il deus ex machina, Giovanni Gaggia, ospita nella sua Casa Sponge -la più longeva residenza d’arte della regione Marche riconosciuta come luogo del contemporaneo dal Mic- il solo show di Greta Plana. Un dialogo costante fra passato e presente alla ricerca di una memoria collettiva perduta, un profondo asse riflesso per le due sponde dell’Adriatico, l’Albania e le Marche.
Le tele, immerse nei “profumi dei fiori” che avvolgono la residenza artistica, sono inserite in un allestimento curato nel più piccolo dettaglio dal duo Gaggia-Zuccala. La citazione, che risiede nel titolo della mostra, riporta i versi di un passo di Milan Kundera. “Mi sembra di entrare in un mio quadro”: i colori acidi e inqueti dei quadri vengono richiamati dalle pareti e dagli infissi, i temi intimi e di rivendicazione storica vengono affiancati alla quotidianità di una casa vissuta. Qui, si alternano e dialogano con le opere della collezione moderna e contemporanea del padrone di casa. Grandi tele raffiguranti spaccati urbani sfilano accanto a piccoli quadri intimi appesi negli angoli della casa. Scorci, accenni, lampi di luce. “Spaccati urbani solitari e agglomerati di sentimenti malcelati, riflesso di una persa Albania post-comunista, passati al setaccio dalla lente della pittura di Greta Plana, sotto il rigido sguardo della tela” scrive il curatore, Luca Zuccala; che inquadra il lavoro di Greta notando come “Le tragedie della storia e le rimozioni di un Paese intero sono filtrate dall’occhio critico di una pittrice contemporanea”.
Il fil rouge della sua poetica è il forte legame come le origini, con le radici della sua terra natia, l’Albania. Tramite i verdi vescica, le contaminazioni degli anni passati a Venezia, i viola e il carboncino, intuitivo e gestuale, la pittrice ripercorre le tracce di quello che rimane del regime comunista unendole intrinsecamente ai racconti della sua famiglia e a brevi, malinconiche, finestre di quotidianità. Ricerca i dettagli che separano e raccontano la realtà delle sua tradizione che rischia di andare persa, compiendo un percorso a ritroso nella storia.
Durante i suoi viaggi in Albania gli scatti immortalati nel suo girovagare compongono il suo denso repertorio, piante incontrollate ed edifici abusivi, conseguenza dalla caduta del regime, o, come nella sua ultima serie, frame di video di famiglia. Da queste immagini traccia la base delle sue tele, veloci disegni in carboncino che le permettono di avere un idea immediata delle atmosfere. Acidi colori ad olio creano piani accavallati e immortalano figure e luoghi nel tempo, trasformano edifici in forme geometriche quasi astratte.
“Il popolo albanese ha sofferto molto a causa del regime comunista di Enver Hoxha. L’ho capito parlando con i miei familiari non avendolo vissuto in prima persona, ma gli strascichi che ha lasciato erano evidenti anche a me. La parte storica mi interessa per gli effetti che questo ha avuto sulla popolazione e sulla città. Effetti perfettamente tangibili anche oggi. Interessante vedere come pur di cancellare la sofferenza del passato, attraverso un rinnovamento delle città si cancelli la storia che c’è stata.”