La galleria Alfonso Artiaco di Napoli, ospita fino all’8 gennaio 2022 l’esposizione dal titolo Accesso, ispirata a un’affermazione di Umberto Eco: opera d’arte è “accesso al proprio cuore”. Curata da Christian Malycha, la mostra mette a confronto sei artisti tedeschi di tre generazioni diverse (André Butzer, Albert Oehlen, David Schutter, Jana Schröder, Raphaela Simon e Ulrich Wulff), mettendo a fuoco la produzione pittorica tedesca degli ultimi degli ultimi cinquanta anni.
Astratta, post-astratta o figurativa, la pittura è comunque messa al centro dell’esposizione per la sua portata emotiva e percettiva. Nella convinzione che le opere d’arte permettano non solo di accedere al “cuore” dell’artista ma anche di penetrare in uno spazio di domanda, la mostra si presenta come un agglomerato di piccole solo exhibitions, dedicando spazio e tempo ad ognuno degli artisti selezionati. Ciascun artista ha una propria specificità ma, esposti uno dopo l’altro costruiscono un discorso unico. Ogni stanza è una proposizione, ogni opera una parola. Il senso che giunge al visitatore è quello di un’apertura che si apre di volta in volta allo scavalcamento delle soglie dei mondi personali degli artisti. Gli approcci eterogenei e le cifre stilistiche messe a confronto hanno in comune il desiderio di sfidare lo spettatore a guardare più in profondità e più intenzionalmente.
La mostra parte temporalmente dalla cifra stilista di Albert Oehlen (1954), già esposto in galleria diverse volte e la cui carica di libertà espressiva apre la strada del “post-astrattismo”. Infinite manipolazioni e combinazioni del segno pittorico si manifestano nelle opere Ö-Norm, immagini frammentate che negano e precarizzano la coesione pittorica affermando invece molteplici aperture in cui si librano piani, gesti e tenui segni che tra loro si confondono.
Le opere di Oehlen dialogano con i dipinti diJana Shröder (1983) che, con Neurosox Rvl1, ci conquista a prima vista con i suoi tre metri e mezzo.Con un metodo ripetitivo, l’artista rifiuta il significato puramente intellettuale e significante dei segni affermandone uno maggiormente performativo e trasformando il “testo” in “trama”. I quadri in mostra sono quindi esperimenti di accumulazione visivache si riferiscono a atti quotidiani di scrittura e calligrafia.
Il percorso della mostra continua quindi nell’esplorazione della pittura tedesca più contemporanea e affronta la declinazione del figurativismo di Rapahela Simon (1986) che, ponendoci davanti a forme semplici e apparentemente distinguibili, pone al centro della sua intenzione pittorica l’ambiguità con cui diamo significato alle immagini. I titoli dei suoi dipinti contraddicono le figure e mettono in crisi lo sguardo impegnato nella decifrazione del soggetto.
Così anche David Schutter (1974), André Butzer (1973) e Ulrich Wulff (1975) appartenenti alla stessa generazione, manifestano cifre stilistiche completamente differenti che vanno dai monocromi del primo, ricchi di sfumature leggibili, ai colori sgargianti descrittivi per Butzere compatti Per Wulff, che conclude l’esposizione con forme geometriche.
Entrare nello spazio della galleria così costruito significa quindi dedicarsi del tempo.
Chi entra si ritrova da un lato a sondare la percezione e dall’altro ad essere travolto in un “posto” che non appartiene all’artista, all’opera d’arte o a chi guarda, ma risiede nella relazione che le opere dischiudono insieme a un mondo di sensazioni.