Il Guggenheim di New York dedica la mostra Etel Adnan: Light’s New Measure all’artista libanese Etel Adnan, scomparsa a 93 anni lo scorso novembre.
La mostra, aperta al pubblico fino al 10 gennaio 2022, è a cura di Katherine Brinson e Lauren Hinkson e racconta l’incredibile visione creativa della poliedrica Adnan, che, oltre ad essere stata importante artista visiva, è stata giornalista, intellettuale, poetessa e una delle scrittrici più significative del mondo arabo moderno. Nata nel 1925 a Beirut da un ufficiale siriano e da madre greca, Etel Adnan è cresciuta a cavallo di mondi e culture differenti, parlando correntemente arabo, inglese, francese e greco. I suoi primi lavori poetici sono scritti in lingua francese, che impara prestissimo nella scuola di suore presso la quale studia.
Laureata in filosofia alla Sorbona di Parigi, prosegue i suoi studi a Berkeley e a Harvard; inizia a dipingere verso la fine degli anni ’50 e nello stesso periodo ricopre la cattedra di filosofia alla Dominican University of California, a San Rafael. É questo il momento in cui la Francia rafforza il suo dominio coloniale in Algeria, motivo per il quale la Adnan smetterà di scrivere in francese, per definitivamente «dipingere in arabo». Partecipa nel 2012 a Documenta 13 a Kassel: la sua arte, influenzata dai primi artisti hurufiyya, come Jawad Salim, Jabra Ibrahim Jabra e il pittore iracheno Shakir Hassan al Said e contaminate da elementi calligrafici provenienti dall’alfabeto arabo, è un distillato personale della sua visione sul mondo, «mi sembra di scrivere ciò che vedo, di dipingere ciò che sono». Tele di piccole dimensioni, animate da colori cangianti e da semplici geometrie diventano in realtà potenti visualizzazioni di sensazioni mnemoniche e percettive. Quadrati di un rosso struggente, cerchi luminosi e bande orizzontali rappresentano ipotetici tramonti, montagne e mari, ispirati alle città e ai paesaggi che l’artista incontra.
Etel Adnan: Light’s New Measure è allestita lungo le rampe inferiori della celebre rotonda newyorchese evocando la visione del museo come piattaforma in grado di raccontare il potenziale trasformativo della pittura astratta. Ponendo costantemente attenzione verso l’ambiente esterno e al rapporto delle opere con lo spazio, Etel Adnan è da sempre stata affascinata dall’architettura, che ha definito come «un’elevazione, un movimento verticale, qualcosa che esce dalla terra come un albero che cresce; le cattedrali sono foreste…. L’architettura contiene tutto: forma, colore, preoccupazioni sociali». Dunque non vi è museo al mondo più adatto a far parte di questa grande opera corale del Guggenheim di Frank Lloyd Wright, molto amato dalla Adnan, pensato per un’arte immersiva e partecipativa.
La percezione delle opere, è stato notato dalle curatrici, cambia a seconda del movimento del pubblico nelle rampe, da differenti angolazioni, da lontano e da vicino, in una «inflessione reciproca». É proprio il Guggenheim ad essere citato in uno scritto dell’artista dopo la sua visita nel 1963 alla mostra dedicata a Vasily Kandinsky: «mai prima d’ora il Guggenheim aveva visto un tale apice. […] la presenza di Kandinsky nel Guggenheim Museum è uno degli eventi artistici più commoventi del secolo, una di quelle coincidenze perfette in cui lo spirito umano riconosce l’opera della perfezione».
Sono state diverse le rassegne a lei dedicate nel mondo prima di questa personale al Guggenheim, come Etel Adnan In All Her Dimensions nel 2017 all’Arab Museum of Modern Art di Doha, curata da Hans Ulrich Obrist e A yellow sun A green sun a yellow sun A red sun a blue sun al MASS MoCA a North Adams nel 2018.