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Ansie, ideali, performance. La Vita segreta delle emozioni di Ilaria Gaspari, intervista

Ilaria Gaspari
Ilaria Gaspari

Il nuovo libro di Ilaria Gaspari è Vita segreta delle emozioni, edito da Einaudi. Ne abbiamo parlato con l’autrice.

Sono stata una bambina emotiva, una ragazza emotiva, ora una donna emotiva. Mi agito con poco, mi lascio sconvolgere, mi commuovo, cambio umore. Piango davanti ai film, anche quelli molto brutti, piango al momento di salutare qualcuno che parte, ma pure se a partire sono io; dimentico i finali dei libri perché mi rattrista il pensiero che debbano finire”.

  1. L’emotività – la capacità, più o meno intensa a seconda degli individui, di provare emozioni, di reagire cioè di fronte a stimoli piacevoli o spiacevoli – viene spesso considerata figliadi una forte debolezza interiore; tuttavia, provare emozioni – così come esternarle – è umano. Dove sta scritto – chi dice – che provare emozioni sminuisce la nostra dignità?

Sicuramente, è un condizionamento culturale molto legato ai pregiudizi che, nel corso della storia, sono stati proiettati sulle donne: l’idea che debolezze e irrazionalità fossero delle condizioni che denotavano una fragilità essenziale quando, in realtà, tutti questi tratti di emotività, che siamo abituati ad attribuire al femminile – femminile che non esiste e che è un ideale costruito culturalmente – sono spesso legati, invece, a una condizione di subalternità, che, per secoli, è stata quella delle donne, che non potevano lavorare, che venivano cresciute per sposarsi e per non essere un peso alla famiglia, e, quindi, naturalmente, sviluppavano una serie di comportamenti per compiacere un ideale di femminile che è rimasto legato all’ideale della debolezza quando non dell’isteria.

In questo momento storico, è molto forte la spinta sociale alla performance: l’essere performativi, dimostrare, della propria emotività, solo gli aspetti più fotogenici e più avvincenti. E questo, naturalmente, è ancora più forte in un’epoca in cui si vive molto sui sociale quindi si è, costantemente e potenzialmente, esposti allo sguardo degli altri. Quest’esposizione costante crea un condizionamento continuo per cui le persone spesso si sentono inadeguate rispetto a un ideale che introiettano ma che non è realistico.

  1. La condizione di analfabetismo emotivo, che oggi ci troviamo ad attraversare, è una situazione attuale, o è propria di ogni epoca?

Oggi, c’è effettivamente una consapevolezza maggiore di quella che è la vita emotiva rispetto al passato. Quindi, paradossalmente, forse, siamo un po’ meno analfabeti emotivamente perché ci rendiamo conto che esiste questo stato di analfabetismo emotivo che prima invece era un po’ sottointeso. D’altro canto, ci sono ancora tantissimi condizionamenti che, proprio, perché appunto viviamo in questa condizione di costante esposizione e di performatività imposta continuamente, rischiano di essere più pericolosi che in passato perché i condizionamenti pesano di più.

Quindi, è una cosa di ogni epoca, però, in quest’epoca è un po’ diversa chenelle altre.

  1. Nel tuo libro, parli della vita segreta e umbratile di 12 emozioni umane: nostalgia, rimpianto e rimorso, ansia, compassione, antipatia, ira, invidia, gelosia, meraviglia, felicità, gratitudine. Se dovessi eleggerne una sola con cui identificare il tuo stato d’animo attuale, quale sceglieresti?

Direi l’ansia. In questo periodo, sono molto ansiosa, ma penso che, come in molte altre persone, la mia ansia sia molto amplificata dalla pandemia perché èun momento storico in cui l’ansia ci assale con forza, in particolare perché è molto difficile poter prevedere e progettare il futuro. Siamo sottoposti alla forte pressione esercitata da questo presente che, in qualche modo, si è dilatato, ma non abbastanza da ospitare il nostro modo tradizionale di pensare il futuro.

Anche la nostalgia è un’emozione che, in generale, mi contraddistingue: mi sento, infatti, una persona nostalgica proprio per temperamento.

  1. Nella trattazione di queste 12 emozioni, ritorna spesso il riferimento alla saggezza del pensiero antico: alle teorie filosofiche degli antichi filosofi greci – Socrate, Platone e Aristotele – e agli ammonimenti forniti dalla letteratura latina – Cicerone, Lucrezio, Seneca. Quanto è stato per te importante lo studio della classicità greca e latin?

Assolutamente. È stato per molto molto utile nel senso che ha formato, in me,proprio un modo di pensare, una forma mentis.Quando il libro è uscito, tante persone mi hanno fatto notare che, all’interno,vi erano molte etimologie. Io, in realtà, non ci avevo fatto caso a questa cosa,nel senso che è semplicemente un condizionamento che ho, e che mi rimane probabilmente da quegli studi, nell’affrontare il significato non soltanto delle parole ma delle cose della vita.

Questo, senza dubbio, è un lascito del liceo classico, ma anche degli studi che ho fatto di filosofia, perché comunque anche la filosofia antica, soprattutto se uno l’affronta avendo fatto quegli studi classici, in qualche modo, ti abitua a un modo di ragionare che ha molto a che fare con il chiedersi da dove viene proprio il linguaggio che usiamo.

Inoltre, secondo me, ti dà anche una dimestichezza con l’uso dei testi, nel senso che ti conferisce una libertà nel citare e, non per caso, c’è tutta una tradizione di massime che va dall’antichità alla prima età moderna, perché le massime sono una componente molto importante del modo di pensare dell’antico che ha molto a che fare con quest’idea umanistica, cioè che le cose che riguardano gli esseri umani, in qualche modo, ci riguardano tutti.

Chi è il tuo preferito?

Io amo molto Terenzio che è stato molto importante per Spinoza e Marx. Poi, amo tanto Orazio, anche in quanto epicureo romano, e Lucrezio sempre per lo stesso motivo.

  1. Ai giorni d’oggi, per curare i disturbi d’ansia acuta, si tende a far largo uso di farmaci ansiolitici come le benzodiazepine. Qual è la tua posizione nei confronti dell’uso di questi farmaci? E quanto sei invece più propensa ad affiancare – o sostituire – i suddetti farmaci ansiolitici con un buon e sano percorso di psicoterapia?

Se studi la storia dell’ansia fin dall’antichità, ti rendi conto che, in realtà, c’è tutta una tradizione di cura dell’ansia, cioè si è sempre cercato di trovare dei modi per tenerla sotto controllo. Perché l’ansia ha due forme: una fisiologica, che è un’amplificazione di uno stato emotivo e un’altra proprio patologica. Questo ha fatto sì che, nella sua versione patologica, si sia sempre cercato di trovare dei modi per tenerla veramente a bada.

Io penso che, quando l’ansia è patologica, sia giusto cercare di curarla, ma penso che la cura non debba esseresolamente farmacologica, ma debba essere affiancata a un trattamento che ha a che fare con la consapevolezza di quello che è il messaggio dell’ansia perché altrimenti si soffoca, rischiando però che continui.

Detto questo, penso che ci siano tantissime teorie molto valide, io non sono una psicoanalista né una psicologa né una psichiatra.Non posso dare un’opinione medica su questa cosa, possa dare un’opinione da studiosa di filosofia e, in questo senso, penso che ci sia anche un aspetto molto interessante in quel tipo di consapevolezza del vivere che nasce proprio dall’ansia. Quindi, penso che sia interessante provare a dare voce a quest’ansia, a decifrarla.

  1. Ho scoperto che tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non sapersene restare tranquilli in una camera”. Durante questo periodo di doverose chiusure e di contenimento di attività collettive, quanto è attuale questa massima pascaliana?

Direi che è parecchio attuale nel senso che Pascal è uno di quei filosofi che hanno una comprensione profonda dell’uomo, e, in questo, secondo me, c’è un approccio molto forte all’umano e una profondità psicologica veramente sorprendente.

Nell’epoca dei lockdown, mi è venuta immediatamente in mente questa citazione ed è stato veramente strano vedere quanto era realistica questa massimache ovviamente non era stata scritta in occasione di un lockdown, ma calzava a pennello come riflessione su quello che è l’uomo, su quello che è l’impulso a correre, ad andare, a darsi da fare.

È lì è stato sorprendente, ma io penso che sia vero: che noi abbiamo tutta questa energia nel vivere e, tante volte, quando una persona si deprime oppure soffre d’ansia, è come se quest’energia del vivere non trovasseil suo sfogo. Noi siamo fatti per fare cose, non siamo fatti per uno stato di acquiescenza. Ovviamente, ci sono quei periodi in cui una persona non ha voglia di fare nulla, ma è molto forte l’impulso creativo a fare.

Ringrazio Ilaria Gaspari per la sua gentilezza nel rispondere alle mie domande.

L’autrice.

Ilaria Gaspari ha studiato filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e si è addottorata all’università Paris I Panthéon-Sorbonne con una tesi sullo studio delle passioni nel Seicento. Nel 2015 per Voland è uscito il suo primo romanzo, Etica dell’acquario. Nel 2018, per Sonzogno, Ragioni e sentimenti. L’amore preso con Filosofia. Per Einaudi ha pubblicato Lezioni di felicità. Esercizi filosofici per il buon uso della vita (2019), già tradotto in diverse lingue, e Vita segreta delle emozioni (2021). Collabora con vari giornali e insegna scrittura. Vive tra Roma e Parigi.

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