“Non ho scelto in base ad artisti che conoscevo già. Mi sarei fatta un sacco di nemici!”. Nuovi particolari della Biennale by Alemani
“Cosa succede quando il corpo e la macchina si uniscono nel cyborg? L’idea del cyborg è un leitmotiv che tocca molte opere in mostra”. A quattro mesi dal via alla Biennale Arte di Venezia – covid permettendo -, la direttrice Cecilia Alemani aggiunge qualche tassello ai contenuti del suo progetto. Già illustrato nelle linee generali nel giugno scorso. E lo fa con una lunga intervista rilasciata al mensile Icon. Gli interrogativi, a questo punto, cominciano a concentrarsi sui nomi degli artisti coinvolti. E lei – ma non stupisce – ancora non si sbottona: eppure qualche indicazione arriva, seppur in “negativo”. “Sono partita da un ground-zero”, risponde alla giornalista Samantha Casolari. “Non ho scelto in base ad artisti che conoscevo già. Mi sarei fatta un sacco di nemici!”. Stando a queste parole, quindi, non c’è da aspettarsi di vedere a Venezia “i soliti noti”. Ovvero una congerie di artisti con i quali lei ha già lavorato in passato.
“Metafore sull’identità fluida, che non esiste necessariamente tra due polarità, ma è molto più aperta”. È questo uno degli aspetti del libro della pittrice surrealista inglese Leonora Carrington che lei anticipa tornerà nel suo progetto. Che si concentrerà su tre aree tematiche: il tema dei “corpi” al centro; le trasformazioni del corpo e la metamorfosi; la relazione dei corpi con la tecnologia. “Mi interessa riflettere sul nostro rapporto con la tecnologia, la macchina o la scienza”. Cosa ci aspetta dunque in Laguna? “È una prerogativa della Biennale di Venezia quella di non premiare solamente il nuovo, il giovane, assecondando i trend. In un’edizione come la mia, che segue un periodo così lungo e tragico, penso sia importante soprattutto presentare non solo il nuovo, ma guardare anche a cosa è successo nell’ultimo secolo e se c’è qualcosa che la storia ci può insegnare”.
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