E’ una installazione site specific, un contenuto, le fotografie “religiose” di David LaChapelle (1963) che dialogano con il contenitore, la Cappella Palatina del Maschio Angioino a Napoli, dove è allestita la mostra dell’artista americano, curata da Vittoria Mainoldi e Mario Martin Pareja, fino al 6 marzo 2022.
Fotografo e regista, è attivo nei campi della moda, della pubblicità e della fotografia d’arte. Si forma alla North Carolina School of the Arts e successivamente studia a New York. Nella Grande Mela frequenta contemporaneamente la Art Students League e la School of Visual Arts. Non ha ancora terminato gli studi quando Andy Warhol (1928-1987) gli commissiona un servizio per la rivista Interview Magazine. Di fatto è il primo incarico professionale. Ha lavorato per copertine e servizi fotografici per le testate internazionali di maggior prestigio, fra cui Vanity Fair, Flaunt, The Face, Arena e Rolling Stone.
Sono in mostra 40 opere, alcune inedite, esposte libere dal vincolo delle cornici e appese con chiodini, in quella che è una estensione dello studio dell’artista.
Nel contesto della cultura odierna, la religione è spesso usata per ironia o satira. Per molti anni LaChapelle ha evitato di mostrare immagini devozionali, per paura che fossero interpretate come sacrileghe. Oggi, invece, è un atto radicale che celebra la fede, e allo stesso tempo rappresenta le paure, i vizi, le ossessioni e i desideri della società contemporanea. Una riflessione che trova una corrispondenza nelle edicole votive delle strade di Napoli, altarini fatti a mano che rappresentano la devozione personale a santi o a familiari scomparsi. Una selezione di immagini che combina temi secolari e spirituali come uno specchio della città stessa. Questa “sacralizzazione” è ben visibile in due pannelli della mostra, progettati su misura per il presbiterio della Cappella Palatina, su cui sono raffigurate una serie di “miracoli”, delle miniature basate sulla fede e sul potere della preghiera.
Sono fotografie caratterizzate da un approccio multidisciplinare, in cui LaChapelle attinge dalla religione, dalla mitologia, dalla musica, dalla natura, dall’attualità e dal mondo delle celebrità. Tra sacro e profano si susseguono le diverse istantanee contraddistinte dai colori sgargianti. Ad accogliere i visitatori è l’immagine della Annunciation, che rimanda per impostazione figurativa all’omonimo dipinto di Leonardo Da Vinci (1452-1519), in cui alla rappresentazione rinascimentale dell’evento religioso, si contrappone una nuova visione con ritratti iperrealistici e altamente saturi, in uno stile umoristico che combina elementi di Surrealismo e Pop art. Della stessa caratura sono la moderna Mary Magdalene: Abiding Lamenation, nelle sembianze della celebre Kim Kardashian (1980) e il rapper Kanye West (1977), con la corona di spine sulla testa, in Passion of the Christ, che ribaltano completamente la percezione della realtà, sostituendosi all’iconografia religiosa tradizionale, in nome di una New Religious Movement o di un nuovo modello da seguire.
Sempre legato al testo della Bibbia fanno parte una serie di scatti fotografici che hanno come protagonista il cantante Michael Jackson (1958-2009), di cui si celebra la beatificazione mediatica. In Archangel Michael: And No Message Could Have Been Any Clearer, il musicista è raffigurato nelle sembianze dell’arcangelo Michele che insorge contro Satana. In American Jesus: Hold Me, Carry Me Boldly, invece, è immortalato in una moderna Pietà di Michelangelo Buonarroti (1475-1564), dove è la figura di Gesù Cristo a reggere il suo corpo. LaChapelle ribalta il punto di vista dando la possibilità all’osservatore di elaborare molteplici interpretazioni: la prima pone Michael Jackson come un “martire” da parte dei suoi fedelissimi per lo scandalo degli abusi sessuali e per le continue inchieste nelle cronache giudiziarie, a tal punto da sostituire la figura di Gesù Cristo. La seconda, invece, pone la star come una “divinità” dall’innegabile successo mondiale, in una trasposizione da icona pop a religiosa.
Se in alcune immagini le celebrità si sostituiscono agli angeli o a Cristo, in altre è quest’ultimo ad essere protagonista. In The Crucifixion, il suo corpo è caratterizzato dalla notevole quantità di petali di fiori rossi che rimanda al sangue versato durante la crocifissione. Impattante è Jesus Is My Homeboy: Sermon, dove LaChapelle crea un nuovo realismo, a favore di una comunicazione che enfatizza una visione democratica, innescando stupore e ironia nello spettatore. Diversi individui sono distribuiti intorno a Gesù in una pubblica piazza. Si assiste ad un livellamento sociale, in cui l’umanizzazione della divinità è resa evidente dalle reazioni degli astanti nei suoi confronti.
L’interesse per LaChapelle per i testi antichi non è rivolto soltanto alle singole figure, ma anche agli eventi o alle storie. Una particolare attenzione merita la personale interpretazione del Diluvio Universale di Michelangelo Buonarroti della Cappella Sistina di Roma. In Deluge emerge la disfatta dell’umanità, anche se l’artista lascia un briciolo di speranza, con i personaggi che si spingono a vicenda verso la salvezza, con forza e solidarietà. Il riferimento al capolavoro del Rinascimento si mescola a quello dei marchi della società dei consumi, generando una visione apocalittica, dove oggetti, opere d’arte e persone appaiono sommerse dall’acqua, visibili nelle istantanee After the Deluge: Cathedral e After the Deluge: Statue.
Alla mitologia classica, invece, si ispira per realizzare Rape of Africa nel 2009. E’ un’opera provocatoria e si scaglia contro la violenza nel continente africano, oltre a dare il titolo all’omonimo progetto presentato nel 2008. Questa fotografia trae spunto da una riflessione dell’artista su un articolo della rivista National Geographic sul commercio dell’oro. Nella realizzazione della composizione riprende il dipinto Venere e Marte di Sandro Botticelli (1445-1510) alla National Gallery di Londra. Marte, dio della guerra, dorme su tutto il suo bottino, mentre Venere, dea dell’amore, sembra insoddisfatta. Avidità e guerra contro amore e bellezza. LaChapelle riprende diversi elementi dal dipinto “botticelliano” e li rielabora. I satiri sono diventati bambini soldati, il vestito della divinità ridotto in brandelli allude allo stupro e c’è una mina visibile oltre il buco sullo sfondo. Pone una riflessione sulle miniere d’oro in Africa, sulle precarie condizioni dei lavoratori e dei danni che provocano le esplosioni degli ordigni nell’ambiente. La Venere rappresenta l’Africa e Naomi Campbell (1970) ne è l’identità fisica, a differenza di Botticelli che si ispirò a Simonetta Vespucci, un’aristocratica famosa per la sua bellezza. E’ una eloquente critica al consumismo, a una società globale alimentata dalla voglia di potere. Quest’opera è stata realizzata subito dopo la crisi economica degli anni passati, quando venne consigliato ai risparmiatori di investire il proprio denaro in beni rifugio. L’ironia è che acquistando oro, si innesca un meccanismo perverso: genera devastazione, cambiamenti climatici e distruzione territoriale.
La Venere di Botticelli è di nuovo protagonista ed è rivisitata in Rebirth of Venus, in cui la resa plastica dei colori e i giochi di luce immergono lo spettatore in un’atmosfera sacra e disincantata.
Un altro tema delicato riguarda l’ambiente. Un esempio è la foto di Gas Shell, dove una stazione di servizio simboleggia il progresso tecnologico che, sommersa da alberi e piante, perde la sua originaria funzione, divenendo un prodotto di archeologia industriale, antico e obsoleto. Si assiste alla violenza perpetrata contro la Natura, della volontà di eliminare ciò che, invece, dovrebbe essere tutelato.
Con lo sguardo rivolto verso la società, le tre immagini I Buy a Big Car for Shopping, Death by Hamburger e All U Can Eat, puntano il dito contro il consumismo, invogliando ognuno a prendersi le proprie responsabilità, ribadendo che abbiamo tutti un ruolo nel processo di produzione, distribuzione e di consumo dei beni materiali. Il soddisfacimento indiscriminato di bisogni non essenziali, alieno da ideali e programmi, è un problema di grande attualità, a cui non è ancora stato dato una soluzione.
Con questa mostra, LaChapelle si riconferma così uno degli artisti più eclettici e interessanti della sua generazione, spaziando dalla fotografia al teatro, dai film alla produzione di video musicali. Molte delle sue opere sono oggi punti di riferimento culturali per la storia delle arti visuali nell’America del XXI secolo, caratterizzate da composizioni uniche, narrazioni fantasiose e colori forti. Sono soprattutto tableux vivants, ritratti e nature morte che sfidano i limiti della fotografia tradizionale, dando vita a un genere nuovo, a sé stante, che va oltre l’immagine puramente estetica, per proiettarsi verso obiettivi molto più nobili.