Francesco Pergolesi firma le installazioni fotografiche dello spettacolo televisivo La Fabbrica del Mondo. Intervista
La scenografia e la sperimentazione sono punti fondanti nella produzione fotografica di Francesco Pergolesi, veneziano di nascita e residente a Torino da tanti anni. Ed è stata proprio la ricchezza del suo immaginario artistico a determinare la sua partecipazione come Art Director nello spettacolo televisivo La Fabbrica del Mondo. La serie originale è in onda su Rai 3 per tre puntate (dal 15 al 22 gennaio 2022), condotta da Marco Paolini e dallo scienziato Telmo Pievani con Leonardo Scarpa per la parte scenografica.
Così la trasmissione di grande impatto per il pubblico che unisce la narrazione teatrale e cinematografica e traccia un percorso e una riflessione sulla scienza e il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, si arricchisce di opere e installazioni fotografiche firmate da Pergolesi.
Dalle grandi teche che costituiscono gli imponenti fondali, alla serie di immagini selezionate per accompagnare, descrivere e interpretare ogni tema trattato, dall’energia alla crisi dell’ambiente, dalla incombente penuria di risorse naturali alle tecnologie. E la progettualità dell’artista, rappresentato in Italia dalle gallerie Riccardo Costantini Contemporary – Torino e Catherine Edelman Gallery – Chicago, varca i confini delle sedi istituzionali dell’arte contemporanea e si trasferisce sul set di La Fabbrica del Mondo, allestito negli spazi della grande e suggestiva Marzotto di Valdagno per raccontare al pubblico lo stato del mondo contemporaneo.
Una nuova avventura dunque per Francesco Pergolesi. Dagli spazi e dalle Fiere internazionali dell’arte alla televisione.
“Hanno visto i miei lavori e mi hanno chiesto se me la sentivo di fare qualcosa oltre la fotografia, cioè tradurre in modo più complesso quello che è il mio immaginario al servizio di questo progetto. È stata una bella sfida. Quello che ho fatto è ragionare come se realizzassi delle immagini, in modo più strutturato e più complesso. Immagini pensate per interpretare gli argomenti.
Ho creato e fotografato e poi la parte più bella e più complicata è stata quella della realizzazione di tutte le teche sullo sfondo. Ognuna di loro è come se fosse una reliquia ritrovata in un futuro remoto che contiene però i danni dell’umanità nei confronti del nostro pianeta. Alcune contengono elementi di plastica, come la sezione di albero tagliato in due con una luce rossa a led molto forte che evoca il rosso delle fiamme degli incendi. Tanti oggetti legati al tema dell’acqua, inquinata in vario modo. E poi il focus sulla migrazione delle farfalle monarca che rischiano di scomparire a causa dei veleni atmosferici. Ogni teca è frutto di esperimenti tridimensionali. In fondo le mie fotografie, è vero, sono bidimensionali ma nascono sempre da una sorta di scenografia”.
Dagli studi fotografici ai set televisivi. Cosa cambia?
“È stata un’esperienza e una nuova fonte d’ispirazione che si avvale anche un po’ della maestria di persone che hanno materiali giusti per fare le cose giuste. Sono molto contento anche di lavorare in team, cosa che non avevo mai fatto, perché quando si fa soprattutto fotografia si è molto individualisti e si apre un rapporto con il soggetto o poco più. Qui invece nella trasmissione, autori, registi, scenografi e attori, ognuno ha il suo ruolo ben definito, si entra a far parte del meccanismo di La Fabbrica del mondo e non sei più solo Francesco Pergolesi. E questo è molto importante”.
Il racconto si snoda anche attraverso incontri surreali come quello con Noè, il manutentore senza età della Fabbrica del Mondo che vive da sempre nei suoi sotterranei accostando conoscenza umana nelle sue varie forme.
“Nella parte più bella, più cinematografica di Noè che viene sviluppata sempre di più, ho fatto interventi puntuali quando Noè trova delle cose e lì ho potuto costruire i cassetti delle meraviglie. Avere un linguaggio che arrivi a tutti mi appartiene. Mi esprimo in maniera diretta con un immaginario molto semplice e non a caso attingo all’immaginario di mio figlio Giacomo che ha cinque anni perché è il linguaggio più puro. Per parlare di un argomento anche serio come questo mi sono sforzato di farlo come dovessi parlare a lui senza essere pedante e terrorizzante. Tanti elementi che ho utilizzato sia per le foto che per le teche sono andato a raccoglierli tra i rifiuti questa estate in spiaggia in compagnia di Giacomo, alla caccia di tesori per lui, in realtà immondizia umana, un tesoro ormai triste”.
Dalla tv alla fotografia. Quali sono i progetti in corso?
“Forse continuerò a costruire nuove istallazioni artistiche, sull’esempio delle teche presentate in televisione. È un periodo complesso per le Fiere ma i progetti continuano. Durante la settimana del Contemporaneo a Torino nel 2021 presso Villa Sanquirico, a cura di Olga Gambaro, ho presentato il lavoro fotografico delle serie Odissey affiancato a un’installazione site-specific su più livelli. Il pavimento della stanza era occupato da una serie di cataste e frammenti di oggetti di differenti generi e generazioni di cui si percepivano le forme nella penombra, mentre dislocati in vari punti spiccavano dei ready-made realizzati con parti e scarti di quegli stessi oggetti rivisitati e illuminati da piccole fonti luminose a batteria e corrente.
In questo periodo poi continuo con CAVE CANEM, un progetto nato casualmente due anni fa, pochi mesi prima del Covid.
Vedevo tanta gente in giro con i cani e mi sono reso conto quanto sia quasi nevrotica, quasi ossessiva l’attenzione nei confronti degli animali domestici dove si è sviluppato un marketing allucinante e questa attenzione estrema nei confronti degli animali domestici. E ho voluto fare una sorta di spaccato anche molto ironico, tra animali e proprietari. E ho collocato questi modelli canini sul podio o in luoghi o pose abbastanza assurde. Madame è stata la prima fotografia che ho realizzato dove il soggetto appare molto regale in mezzo a questo lusso che lo circonda. Molti ritratti sono stati commissionati. E la richiesta non manca. Non essendo un ritrattista di animali ho trovato un modo mio che riporti a una mia estetica. Il tempo che ci metto per realizzare questi scatti? Una giornata di sopralluogo e una giornata per la composizione della scena perché le case vengono ribaltate e rimodellate da me dove cambio l’arredamento e sposto mobili e oggetti”.
Per Francesco Pergolesi la creatività si fonda sulla fotografia e sull’Art Direction.